In queste settimane, opposizione e autonomisti, rispolverando bandiere e istanze friulaniste, hanno lanciato più di un allarme sugli effetti della riforma anche sulla nostra regione, accusando il governo Renzi di volerci togliere la specialità. Nel suo editoriale di domenica scorsa sul Messaggero Veneto, Tommaso Cerno ha cercato di mettere un po’ d’ordine nella discussione (L’AUTONOMIA DA DE GASPERI AL RENZISMO ). Provo a riassumere.
«Davvero l’autonomia è a rischio?», si è chiesto il direttore del Messaggero Veneto. Senza dubbio, «se la mettiamo sul derby ordinarie-speciali, certo che con le cugine non corre buon sangue e c’è chi, da sempre, trova ingiustificato il “privilegio” che ci è accordato con legge costituzionale. Fin qui niente di nuovo». Ma se stiamo ai fatti, come si fa a sostenere che la specialità sia minacciata?
MARAN (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARAN (PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, i lavori del Consiglio europeo saranno dedicati alla presentazione del lavoro compiuto sul rapporto dei cinque Presidenti sul completamento dell’Unione economica e monetaria in vista di un più ampio dibattito al Consiglio europeo di dicembre, al processo in corso in vista del referendum britannico e soprattutto al tema delle migrazioni
Non vorrei che a qualcuno fosse sfuggito: il colosso americano Domino’s Pizza, una delle più grandi catene di pizzerie al mondo, con sede in Michigan, ha deciso di provare a conquistare l’Italia, la patria della pizza. «Ammettiamolo – ha scritto sul Corriere della Sera Elmar Burchia – è come vendere i cubetti di ghiaccio agli eschimesi» (La sfida di Domino’s Pizza americana in Italia). Con quasi 11mila punti vendita in 73 Paesi, il franchising del colosso americano – la seconda catena di pizza negli Usa (dopo Pizza Hut)- ha aperto nei giorni scorsi a Milano il suo primo punto vendita in partnership con ePizza S.p.a. È la prima delle tre sedi che Domino’s vuole aprire entro Natale.
Ecco i 5 motivi per cui la riforma voluta dal governo è salutare per l’Italia. L’intervento di Alessandro Maran, senatore del Partito Democratico
RIDARE VIGORE ALLE ISTITUZIONI
Le istituzioni di governo disegnate dal Costituente hanno permesso al nostro Paese di passare attraverso la Guerra fredda, ma sono diventate un freno alla capacità dell’Italia di stare nel mondo di oggi. Costantino Mortati, uno dei padri della Costituzione, aveva già evidenziato le incongruenze che attraversano la Parte II della Costituzione. Proprio a cominciare dalla contraddizione fra efficienza delle istituzioni di governo e vincoli garantisti, dovuti soprattutto al timore che «le maggioranze detentrici del potere ne usino per rivolgerlo contro gli avversari». Oggi che i principi costituzionali sono ormai radicati nella coscienza degli italiani, è possibile chiudere le pagine lasciate aperte dal Costituente e restituire, superando finalmente veti e conservatorismi, maggiore vigore alle istituzioni della Repubblica.
Per parlare di partito, oggi, in Italia, è obbligatorio prendere le mosse dal PD; non solo per chi, come noi, lo fa collocandosi a sinistra. Il PD è l’esito dell’unico tentativo consapevole e motivato che si sia consolidato in Italia da quando è esplosa la crisi della politica e dei soggetti politici che avevano tenuto il campo nella seconda metà del secolo scorso.
Ci sono stati anche altri tentativi; nessuno, però presenta la continuità e la leggibilità dell’itinerario che ha condotto al Partito Democratico. Con i suoi limiti e le sue incompiutezze, il PD fa intravedere i caratteri e le modalità di funzionamento di un partito nuovo, inedito, capace di agire in una nuova fase della politica, più matura e produttiva. Se gli altri soggetti politici presenti in Italia, si trovassero ad un livello di evoluzione e definizione paragonabile a quello del Pd, la complessiva situazione nazionale sarebbe senza dubbio migliore.
“Le riforme e il loro partito”, questo il titolo della sedicesima Assemblea annuale dell’Associazione Libertàeguale, presieduta dal Viceministro dell’Economia Enrico Morando, che prende il via sabato 26 settembre.
La due giorni ospiterà un focus tematico su concertazione e contrattazione mentre particolare attenzione sarà rivolta a come strutturare in forma nuova il partito a vocazione maggioritaria in una democrazia competitiva e a come sostenere, anche in vista del referendum, la riforma costituzionale in corso di approvazione che è decisiva al fine del consolidamento di quel modello di democrazia.
Partecipano, tra gli altri, Giorgio Tonini, Dario Parrini, Stefano Ceccanti, Leonardo Impegno, Pietro Ichino, Alessandro Maran, Leana Pignedoli, Marco Leonardi, Claudio Petruccioli, Marco Bentivogli, Sergio Fabbrini, Andrea Romano, Paolo Rebaudengo, Michele Salvati, Salvatore Vassallo, Walter Verini, Claudio Alberti, Alberto Bitonti, Marco Campione, Marco Martorelli. Conclude Enrico Morando.
“Abbiamo deciso- afferma Morando nel presentare l’evento – di dedicare gran parte della nostra Assemblea alla ricerca delle condizioni, di cultura politica, di assetto organizzativo, di relazioni con la società, che possono rendere più vitale ed efficace il partito riformista che c’è”.
Il deputato Pd: «Va costruito uno spazio ampio con almeno un milione di abitanti sul modello del network amministrativo sperimentato a Rotterdam e Lione»
di Marco Ballico
TRIESTE – «L’area metropolitana? Solo in uno spazio ampio, di almeno un milione di abitanti». Alessandro Maran interviene nel dibattito sul riassetto istituzionale del Friuli Venezia Giulia allargando i confini. Secondo il vicepresidente dei deputati Pd non può bastare accorpare Trieste a una parte della provincia di Gorizia. In uno scenario mondiale «serve una scala adeguata».
Le diverse posizioni sulla città metropolitana sono “figlie” di una riforma degli enti locali che non è andata fino in fondo?
Le città stanno mutando funzioni, posizione e funzionamento interno in tutta Europa. È normale che se ne parli. Assistiamo alla scomposizione delle vecchie forme e alla ricostruzione di nuovi assetti. Contrariamente al passato oggi le aziende stanno “provvisoriamente” su un territorio e diventano sempre più elementi mobili che “contrattano” con il territorio. Ciò significa che la regione nel suo complesso deve essere capace di competere con altri territori per attrarre e trattenere le imprese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Maran. Ne ha facoltà.
MARAN (PD). Signora Presidente, colleghi, molti degli oppositori del progetto in discussione hanno fatto ricorso sin dall’inizio ad argomenti propagandastici sproporzionati, parlando di deriva autoritaria e di P2. L’ultima trovata è la “democratura” che fa il paio con la storiella dell’uomo solo al comando. In tal modo, si vuole far intendere che il Presidente del Consiglio sia una sorta di mix fra Craxi e Berlusconi o addirittura la reincarnazione del duce, per come governa, per come guida il suo partito e per il solo fatto che è al tempo stesso segretario del PD e Presidente del Consiglio (come in tutta Europa, a dire il vero; come sempre, però, chissà perché, da noi è diverso). Perché se può evita i rinvii, perché impone che ad un certo punto le decisioni vengano prese, perché scandisce l’agenda del Parlamento con una tempistica diversa dalle vecchie movenze della politica italiana.