Monthly Archives: Feb 2018

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La corsa della Regina Rossa

Nel mondo della Regina Rossa del celebre racconto di Lewis Carroll («Alice attraverso lo specchio»), bisogna correre il più velocemente possibile per riuscire a rimanere nello stesso punto. È probabile che, anche in Italia, si debba fare un lungo tratto di strada per arrivare nel punto preciso da cui siamo partiti. Non diversamente da quel che succede in Germania. Il Paese considerato finora il pilastro della stabilità in un’Europa sempre più turbolenta, è ancora senza un governo; e dopo mesi di incertezza, i tedeschi sono finiti più o meno nel punto dove hanno iniziato, allo stesso tipo di «grande coalizione» che ha governato il paese per otto anni.

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L’Europa vegetariana in un mondo pieno di carnivori

La guerra civile in Siria ha subito una rapida escalation nel corso di una delle settimane più caotiche. L’abbattimento di un cacciabombardiere Su-25 russo da parte dei miliziani qaedisti a Idlib, di un elicottero turco da parte delle forze curde ad Afrin, di un drone iraniano lungo i confini israeliani e di un caccia F-16 di Gerusalemme di ritorno da un raid sulla Siria accentuano il progressivo inasprimento del plurimo confronto tra sciti-sunniti, Israele-Iran e Usa-Russia.

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La piccola Italia e il grande mondo

«Molti italiani sono convinti – ha scritto ieri Giovanni Cominelli sul settimanale online della diocesi di Bergamo – che il loro piccolo mondo antico sia rimasto quello protetto del pre-’89. Rinchiusi in questa illusoria ridotta, le generazioni stanno consumando nell’inverno demografico che hanno scelto un passato ricco di civiltà e di storia. Solo che il mondo sta arrivando da ogni lato. Solo una parte del Paese è proiettata sugli scenari economici, produttivi e sociali mondiali e vede più lontano. Il 4 marzo le due visioni si conteranno. Oltre i risultati, il mondo “là fuori” non si fermerà. Per tutti gli italiani e per tutti i mass-media e partiti sarà un drammatico bagno di realtà. Perché, come suona un vecchio proverbio contadino cinese, molto citato da Mao tse-tung, “l’albero può desiderare la calma, non per questo il vento cesserà di soffiare”. Sull’Italia, è certo, continuerà a soffiare». Da imparare a memoria ( Verso le elezioni. La piccola Italia e il grande mondo. Antipolitica e provincialismo – www.santalessandro.org ).

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Al cuore delle cose, insieme – Monfalcone, 15 febbraio 2018

A Monfalcone con Sergio Bolzonello, che apre la manifestazione con il brano di Fiorella Mannoia “Che sia benedetta”:
A chi trova se stesso nel proprio coraggio
A chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio
A chi lotta da sempre e sopporta il dolore
Qui nessuno è diverso, nessuno è migliore
A chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finisce quando vivi davvero
A chi resta da solo abbracciato al silenzio
A chi dona l’amore che ha dentro
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta
E siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta
A tenersela stretta
Che sia benedetta

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祝狗年快乐! Piazza del Popolo a Roma. Capodanno cinese 2018.

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Il buio oltre la siepe

Ieri, in occasione del Giorno del Ricordo, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione che vale la pena di segnalare. Specie se si considera che, proprio nel Giorno del Ricordo, a Macerata un gruppo di manifestanti ha intonato cori scioccanti contro le vittime delle foibe: “Ma che belle le foibe da Trieste in giù” (“Cori scandalosi, che calpestano morti innocenti e tradiscono gli ideali della Resistenza”, come ha poi affermato la presidente del Friuli Venezia, Giulia Debora Serracchiani, che ha partecipato alle celebrazioni alla Foiba di Basovizza).

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GIORNALI2018

Il Foglio, 7 febbraio 2018 – «Invece di ispirarsi a Corbyn, Grasso dovrebbe studiare Blair»

Sui manifesti elettorali di Liberi e uguali, accanto alla foto di Piero Grasso, appare lo slogan del Labour Party di Jeremy Corbyn: «Per i molti, non per i pochi». È una sorta di marchio di fabbrica della sinistra tradizionale: è chiaro, la gente sa cosa significa, emoziona e parla ai valori. Ma era lo slogan di Tony Blair. Infatti, la frase è stata scritta nella famosa Clause IV dello Statuto del Labour proprio da quel Tony «Bliar», com’è stato sbeffeggiato crudelmente, che ha vinto tre elezioni di fila. Blair è riuscito a cambiare radicalmente la sinistra britannica e a influenzare quella di tutta Europa (dopo aver ottenuto alcune delle vittorie elettorali più sonanti nella storia del Regno Unito) ma, si sa, si è lasciato alle spalle un’eredità politica ancora oggi molto discussa. Eppure, il linguaggio di Tony Blair ha identificato realmente il Labour con l’Inghilterra ed essere «for all the people or for the few» era la linea di demarcazione tra il Labour e i Conservatori.

I giornali inglesi, l’anno scorso, hanno discusso vivacemente sull’origine dell’espressione. Secondo Philip Collins, del Times, la frase sarebbe stata formulata nell’orazione funebre pronunciata da Pericle per i caduti della guerra del Peloponneso come ci è stata tramandata da Tucidide («Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi; per questo è detto una democrazia»). Il professore della UCL John Sutherland ha detto invece al Londoner che «For the Many, not for the Few» deriva, in realtà, dal poema di Percy Bysshe Shelley, «The Masque of Anarchy». Il poeta romantico ha scritto il componimento dopo il massacro di Peterloo del 1819 a Manchester, nel quale almeno 15 manifestanti, in lotta per la democrazia e contro la miseria, furono uccisi dalla cavalleria. Il poema (uno dei primi testi moderni di resistenza non violenta che termina con una incitamento trascinante per «i molti»: “Rise, like lions after slumber / In unvanquishable number!/ Shake your chains to earth like dew/ Which in sleep had fallen on you/ Ye are many — they are few.”) è molto popolare nei circoli di sinistra. E Corbyn, un uomo colto, amante della poesia (si dice che abbia letto l’Ulisse di James Joyce quattro volte) ha ripetuto a memoria quei versi nei suoi comizi. The Londoner, infatti, ha incalzato Sutherland: «Quella frase fa di Jeremy un romantico?», e il professore ha risposto: «Si, un romantico, non un moderno. I poeti sono dalla parte di Jeremy, ma chi ha mai fatto caso ai poeti?».

Ovviamente, mentre i blairiani hanno ribadito allegramente che lo slogan è stato usato per la prima volta dal New Labour di Tony Blair nel 1997, i suoi detrattori hanno affermato risolutamente che con Blair la frase non significava nulla. Era parte di una lunga serie di frasi ad effetto che ne hanno caratterizzato la comunicazione politica, come un «paese giovane», «una società di stakeholder» e, naturalmente, «duri con il crimine, duri con le cause del crimine». E hanno tenuto a precisare che, al contrario, Jeremy Corbyn non si affida a vuoti «sound bites»: intende dire, sul serio, «per i tanti, non per i pochi». Ma in parecchi, dopo la sconfitta (l’ennesima) dell’anno scorso, hanno anche sottolineato il doppio errore nel quale è incappato il Labour Party con quel grido di battaglia. In primo luogo, ha messo gli elettori in un unico calderone, raggruppandoli in una massa anonima. In secondo luogo, ha dato per scontato che «i tanti» sono poveri ed oppressi. Lo stesso errore compiuto dal Labour nel 1983. Un errore che a Corbyn viene naturale. «Perfino se dovesse andare in paradiso – hanno scritto – finirebbe per incontrate angeli che soffrono per la mancanza di corde per l’arpa». La maggioranza della gente ora non è indigente e anche se lo fosse, è sciocco da parte del Labour identificarsi unicamente con i tanti bisognosi ed equiparare i Tories ai pochi realizzati. Milioni di non abbienti in tutto il mondo credono (e sperano) che un giorno potranno unirsi ai pochi che hanno successo. E continuano a ritenere che i partiti conservatori li porteranno alla meta più velocemente e che, quando riusciranno ad arrivare tra i pochi, sicuramente quei partiti difenderanno i loro interessi più efficacemente.

Ora il frontman della nuova formazione politica che unisce i pezzi della «sinistra- sinistra», rischia di ripetere lo stesso errore e di aggiungere, usando lo slogan elettorale di Tony Blair, un senso di spaesamento. Come quando Di Maio (a Washington) vuole copiare Trump o quando, dopo Di Maio, anche Salvini cerca di copiare Renzi e annuncia che manterrà gli 80 euro. Probabilmente, a sentire evocare Blair, il presidente del Senato si farà il segno della croce. Eppure, Blair sarà anche l’anticristo (per la «vera» sinistra), ma un paio di cose su come vincere le elezioni, lui le sa davvero.

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«Invece di ispirarsi a Corbyn, Grasso dovrebbe studiare Blair» – Il Foglio, 7 febbraio 2018

Sui manifesti elettorali di Liberi e uguali, accanto alla foto di Piero Grasso, appare lo slogan del Labour Party di Jeremy Corbyn: «Per i molti, non per i pochi». È una sorta di marchio di fabbrica della sinistra tradizionale: è chiaro, la gente sa cosa significa, emoziona e parla ai valori. Ma era lo slogan di Tony Blair. Infatti, la frase è stata scritta nella famosa Clause IV dello Statuto del Labour proprio da quel Tony «Bliar», com’è stato sbeffeggiato crudelmente, che ha vinto tre elezioni di fila. Blair è riuscito a cambiare radicalmente la sinistra britannica e a influenzare quella di tutta Europa (dopo aver ottenuto alcune delle vittorie elettorali più sonanti nella storia del Regno Unito) ma, si sa, si è lasciato alle spalle un’eredità politica ancora oggi molto discussa. Eppure, il linguaggio di Tony Blair ha identificato realmente il Labour con l’Inghilterra ed essere «for all the people or for the few» era la linea di demarcazione tra il Labour e i Conservatori.

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Senza se e senza ma

Scrive oggi Giuliano Ferrara: “…se la campagna elettorale italiana è un urlo nel buio affacciato sul vuoto, alle origini c’è la sindrome da paura dell’immigrazione, l’invasione dei poveracci e dei rifugiati, il grande rimpiazzo etnico, la bomba sociale. Dunque un problema esiste. L’immigrazione va controllata, limitata, integrata senza piagnistei e con la presa d’atto di una crisi migratoria di portata biblica e di una rinuncia a politiche nataliste nel nostro mondo, che avrà se non sanata conseguenze disastrose. Va affrontata nel lungo periodo con politiche impegnative di riassetto delle relazioni internazionali e di egemonia economica, politica e militare dei criteri di libertà e di eguaglianza che sono parte del patrimonio politico del mondo occidentale. Però dopo l’esplosione in un gesto omicida del risentimento razzista di Macerata bisogna essere decisamente negazionisti verso l’ideologia dell’odio razziale. Non c’è bisogno di retorica. La caccia armata ai neri è solo e soltanto ributtante, senza se e senza ma. Deve essere repressa con energia” (Senza se e senza ma – Il Foglio).

 

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A Turriaco con Marco Cappato, Pietro Pipi ed Enrico Bullian

 

 

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