«Ho fatto quello per cui ero venuto», ha detto il presidente americano Joe Biden, dopo aver messo in guardia Vladimir Putin, esortandolo a fermare gli attacchi informatici sulle infrastruttura americane e chiarendo che, sebbene non desideri una nuova Guerra fredda, difenderà in modo fermo gli interessi e i valori degli Stati Uniti. Il suo commento, al termine di una settimana di vertici, show diplomatico e blitz mediatici, riassume il senso di un viaggio con il quale ha ricucito le relazioni con gli alleati dell’America traumatizzati da Donald Trump, ha lanciato la sua crociata globale per salvare la democrazia ed ha offerto la leadership (sia pure tardiva) degli Stati Uniti in merito alla pandemia da COVID-19.
Il primo vertice dei paesi del G7 dell’era Biden ha segnato il ritorno ad un «lessico familiare», ha detto domenica scorsa, con un certo sollievo, il presidente francese Emmanuel Macron. «Per quattro anni abbiamo fatto il possibile, non noi europei da soli, ma insieme ai nostri partner canadesi e giapponesi nel G7, per garantire che l’ordine mondiale nel quale crediamo potesse continuare a funzionare».
Di nuovo insieme? L’alleanza transatlantica sembra essere tornata. Ma è davvero così?
Il lungo tour europeo del presidente degli Stati Uniti Joe Biden (il suo primo viaggio da presidente) è cominciato e le enormi differenze con l’era Trump saranno presto in bella mostra. Quando questa settimana Biden incontrerà i leader dei paesi del G7 in Inghilterra e i leader degli alleati della Nato a Bruxelles la prossima settimana, non si prevede che strapazzi i più antichi alleati dell’America, che minacci nuovi dazi o che dica che gli Stati Uniti dovrebbero ritirarsi dalla Nato.
di MARCO BISIACH
GORIZIA – Di candidatura tout court, per il momento, Alessandro Maran non si parla. Però non si tira indietro, anzi. Solo che i tempi non sono ancora maturi, gli scenari fin troppo variegati e indefiniti, e così qualche ora libera nel weekend di una primavera finalmente calda e assolata la può dedicare a preparare la barca per la bella stagione, magari nella sua Grado. Anche se risiede ormai a Gorizia. Ma a fronte delle voci, sempre più insistenti, che lo vorrebbero papabile candidato del centrosinistra alle prossime elezioni comunali, l’ex parlamentare dei Ds-Ulivo e del Pd (oltre alla parentesi con Scelta civica di Monti) non si nasconde, né alza barricate. In alcuni passaggi parlando da candidato sindaco in pectore.
Sembra che l’intesa ci sia. Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Atid, mercoledì sera, 38 minuti prima della scadenza della mezzanotte, ha comunicato al presidente israeliano Reuven Rivlin di essere riuscito a mettere insieme una coalizione di governo formata da un impasto di partiti politici di destra, centristi e arabi che ora è sul punto di fare quello che, negli ultimi 12 anni, nessuno è riuscito a fare: spodestare Benjamin Netanyahu.