La Cina ha lanciato una nuova campagna di “epurazione e rettifica” contro la corruzione. Come ha riportato di recente il South Morning Post, le forze dell’ordine hanno annunciato una campagna per epurare dalle proprie fila gli “elementi corrotti” e creare un esercito inattaccabile.
Costretta dal coronavirus, la prima serata della Convention democratica del 2020 ha abbandonato ogni legame con le Convention (spesso drammatiche) di un tempo e con l’identica parata di interventi rivolti, in arene cavernose, a delegati distratti e indifferenti, ed è diventata completamente «infomercial».
L’annuncio che gli Emirati Arabi Uniti normalizzeranno (sono il terzo paese arabo a farlo) le loro relazioni diplomatiche con Israele (che, a sua volta, sospenderà i piani di annessione) ha suscitato, manco a dirlo, reazioni contrastanti. Logicamente, la notizia è stata esaltata da entrambe le parti e dal presidente Trump e, altrettanto comprensibilmente, i palestinesi non sono così entusiasti.
Joe Biden ha scelto Kamala Harris come sua vice nel ticket democratico che proverà a strappare la Casa Bianca a Donald Trump. Va da sé che la riconferma o meno di Trump sarà, come ha scritto giustamente Christian Rocca, «il momento decisivo della nostra epoca»: il 3 novembre sapremo, cioè, se l’esperimento nazionalista sovranista populista continuerà a imperversare di qua e di là dell’Atlantico oppure se finalmente saranno scattate le contromisure per ristabilire la normalità democratica e contrastare lo sgretolarsi della società aperta.
«Arrassusia» è una locuzione napoletana ancora oggi molto in voga. Viene usata, mi ha spiegato un amico napoletano, quando si vuole allontanare da noi un pericolo, una maledizione o qualcosa di funesto: «che resti sempre lontano», «che non accada mai». Mi è tornata in mente a meno di cento giorni dalle presidenziali americane del prossimo 3 novembre, considerato che la riconferma o meno di Trump sarà, come ha scritto giustamente Christian Rocca, «il momento decisivo della nostra epoca»: sapremo, cioè, se l’esperimento nazionalista sovranista populista continuerà a imperversare di qua e di là dell’Atlantico oppure se finalmente saranno scattate le contromisure per ristabilire la normalità democratica e contrastare lo sgretolarsi della società aperta. Oggi, certo, Trump sembra nei guai: tutti i sondaggi danno Joe Biden in vantaggio negli Stati chiave e l’ultima volta che, nel 1996, tra i due candidati in lizza c’era stata, a questo punto della gara, una distanza simile nei sondaggi, alla fine Bill Clinton aveva annientato Bob Dole. Ma sarà meglio tenere le dita incrociate: Trump è Trump, cioè un’eccezione alla regola, e in tre mesi molte cose possono cambiare.
L’enorme esplosione di Beirut sembra sia stata un incidente. Ma non bisogna prendersela con il destino, sostengono molti degli osservatori internazionali che, non per caso, continuano a sottolineare l’inefficienza di una governance che si basa su una rigida ripartizione delle cariche pubbliche in base all’appartenenza etnico-religiosa e di un sistema politico dominato da partiti violenti e affaristi.
“No agli estremismi: per la sinistra c’è una terza via sull’immigrazione” – Il Foglio, 5 agosto 2020
Garantire i diritti di chi arriva e quelli delle comunità locali che accolgono. Proposte concrete che è ora di ascoltare
A meno di 100 giorni dalle presidenziali americane e con il Covid-19 che torna a mietere contagi, negli Stati Uniti sono ormai in molti, tra gli osservatori, a convergere su un’interpretazione della decisione dell’amministrazione Trump di reprimere con durezza le proteste a Portland: si tratta di una messa in scena.