Monthly Archives: Feb 2016

GIORNALI2016

Messaggero Veneto, 29 febbraio 2016 – RAFFORZARE I DIRITTI CONTRO IL FANATISMO

 «Con il passaggio al Senato di un provvedimento storico che darà riconoscimento legale alle coppie dello stesso sesso per la prima volta nella storia italiana – ha scritto ieri The Guardian – l’Italia ha fatto un passo per unirsi ai principali paesi dell’Europa occidentale». L’Italia, rimarca infatti il quotidiano britannico, è l’unico dei grandi Paesi europei occidentali che non riconosce nessuna forma di unioni delle stesso sesso. È questo il nocciolo della questione. Sappiamo, del resto, che ad essere incostituzionale non è il testo in discussione, ma l’assenza di una legge sulle unioni di persone omosessuali, come ha chiarito la Corte costituzionale con due sentenze chiave (e ha ribadito la Corte di Strasburgo). Sappiamo che proprio la Corte, nella sentenza del 2002, ha dichiarato che «la Costituzione non giustifica una concezione della famiglia nemica delle persone e dei loro diritti». È a questo, prima ancora che alle piazze, che va data risposta. Il Parlamento è oggi in condizione di farlo. Per questo, dopo la giravolta del M5s (che in nome del “vaffa” pensa evidentemente di godere di una sorta di superiorità morale), ho condiviso l’obiettivo di chiudere il più rapidamente possibile, mettendo al sicuro tutti i punti principali della legge, che altrimenti sarebbero stati a rischio. Emendamenti e voti segreti potevano portare paradossalmente a un risultato peggiore di quello auspicato. Oltretutto, con lo stralcio della stepchild adoption, saranno ancora i giudici ad avere l’ultima parola, in attesa di una nuova legge che modifichi complessivamente le norme attuali sulle adozioni. Sull’onda delle polemiche di questi giorni rischiamo, infatti, di dimenticare due costanti. In primo luogo, nessuno dei Paesi occidentali nei quali la legge ha mosso i suoi passi è stato risparmiato da manifestazioni contrapposte. In secondo luogo, non è mai accaduto che si sia passati, in un colpo solo, dal niente al tutto, dalla mera tolleranza delle coppie di persone omosessuali al matrimonio egualitario: dappertutto i legislatori hanno proceduto per tappe, il più delle volte fermandosi a un livello intermedio, per poi adottare aggiustamenti successivi. Del resto, non c’è modo di trasformare un principio in una realtà senza contraddizioni, con un colpo di bacchetta magica. In vaste porzioni della società continueranno ad esserci pregiudizi, anche dopo che la legge avrà stabilito un migliore trattamento delle minoranze. In altre parti della società si proclameranno ad alta voce principi che non si possono sancire con una norma: avere un padre e una madre non è una cosa che la legge possa garantire a tutti, e ricorrere a sanzioni penali per i comportamenti che disapproviamo spesso crea più problemi di quelli che risolve. Per questo, oltre a cercare di mettersi in sintonia con i propri elettori, bisognerebbe cercare di veicolare questa complessità e, aggiungo, la prospettiva culturale da cui guardare il mondo. Se in Occidente il Ventesimo secolo è stato il tempo dei diritti collettivi, il Ventunesimo si è aperto all’insegna di quelli individuali. Come ha scritto Massino Russo qualche tempo fa, “l’introduzione di una quota sempre maggiore di diritti individuali nell’ordinamento dello Stato fa paura anche perché sembra minare alla base alcuni valori ed elementi costitutivi della nostra identità collettiva: la famiglia, le tradizioni religiose, la cittadinanza, la cultura. È la retorica un po’ lisa di chi vede l’Occidente disgregarsi, ormai vittima del pensiero debole, della società liquida”. Ma è vero il contrario. “Solo un rafforzamento dei diritti e delle libertà individuali ci può salvare. Quel che ci differenzia davvero dal fanatismo, di qualsiasi colore o appartenenza, è l’idea di una società come somma di liberi individui responsabili. È ciò a cui l’Occidente lavora dal Rinascimento e da Galileo in poi. Da qui, con un unico filo, discendono non solo i diritti dei gay, quelli di cittadinanza o la scelta di come morire – le cose che ci separano oggi – ma anche conquiste dalle quali per tutti noi è inconcepibile arretrare, come la liberazione della donna, che non è schiava né dell’uomo né della società”. Diritto individuale non è l’opposto di responsabilità ma ne è la fonte. Libertà e responsabilità sono, aldilà delle diverse convinzioni, l’unico antidoto al totalitarismo. Perciò non bisogna guardare con paura alla contemporaneità o alla lacerazione che porta con se. “Tra un po’ – ha scritto ieri Paola Concia – arriverà il tempo della vita vera, quella che ci metterà di fronte alla realtà che è cambiata. E molti e molte diranno: “però, in effetti!”.
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GIORNALI2016

Messaggero Veneto, 27 febbraio 2016 – «Se non deve valere per i gay via l’obbligo di fedeltà agli etero»

UDINE – Un ddl per eliminare l’obbligo della fedeltà del matrimonio. Per tagliare la testa al toro e non creare disparità tra coppie eterosessuali sposate e coppie gay che a differenza delle prime non hanno l’obbligo della fedeltà come imposto dall’Ncd. Il senatore del Pd, Alessandro Maran, è uno dei firmatari di questo ddl.

Perché secondo lei l’Ncd ha voluto si togliesse l’obbligo della fedeltà per le coppie gay?

«Perché troppo simile al matrimonio».

La sua opinione, invece?

«Non capisco altra ragione se non quella di segnare con uno stigma ideologico negativo il riconoscimento giuridico delle coppie gay».

Una distinzione, diciamo così, un po’ furba e un po’ bizzarra?

«Sì, perché le coppie gay secondo la nuova legge concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare, fissano la residenza comune e assumono l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione».

Il vostro ddl è dunque un provocazione?

«Diciamo che è anche una provocazione, una boutade come risposta a quello stigma ideologico voluto nella legge sulle coppie gay. Ma è anche una proposta assolutamente seria».

Partiamo da quella provocatoria

«Se si vuole abbandonare il retaggio di una visione ormai superata e vetusta del matrimonio, della famiglia e dei doveri e diritti dei coniugi, allora la legge deve valere per tutti. Da qui la contromossa del disegno di legge con il quale mandiamo anche a dire che qualcuno ha voluto prenderci in giro. E che noi non ci stiamo affatto. Da qui il ddl».

Di una riga soltanto…

«Si, la prima firma è proprio della senatrice Laura Cantini e di altri 11 senatori tra i quali Monica Cirinnà e Sergio Lo Giudice che, con il sottoscritto, avevano lavorato in questi mesi al testo sulle unioni civili. L’unica riga in questione è togliere dall’articolo 143 del Codice civile il riferimento all’obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi».

Torniamo all’aspetto serio del ddl e al concetto di fedeltà.

«La mia opinione è che dovrebbe essere pacifico che l’obbligo alla fedeltà deve essere inteso anche e soprattutto come fiducia e rispetto dell’altro, un valore importante, ma non ascrivibile certamente tra i doveri da imporre con legge dello Stato. Senza contare…».

Senza contare?

«Fino a non molto tempo fa c’era distinzione tra figli legittimi e illegittimi che s’incastrava con il concetto di fedeltà. Ora quella distinzione è stata superata».

La legge che ha sancito questo superamento è la 219/12.

«L’articolo 143 del codice civile stabilendo l’obbligo fedeltà tra i coniugi si richiama soprattutto alla fedeltà sessuale della donna perché solo con obbligo a fedeltà sessuale della donna i figli nati nel matrimonio erano comunque figli legittimi. Era una norma di tutela dei figli. Con la legge del 2012 questa motivazione decade».

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Un voto storico. Lo dice il Guardian.

L’Aula del Senato ha approvato giovedì sera la fiducia chiesta dal governo sul maxi emendamento interamente sostitutivo del disegno di legge sulle unioni civili. I voti a favore sono stati 173, i voti contrari 71, nessun astenuto. Ora il provvedimento passerà alla Camera. Dopo l’approvazione definitiva, la legge istituirà l’unione civile tra persone dello stesso sesso.

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L’Europa sotto pressione

Il Presidente del Consiglio ha reso mercoledì al Senato comunicazioni in vista del Consiglio del 18 e 19 febbraio.

L’Europa, lo sappiamo, attraversa una crisi grave, forse la più grave, delle sue istituzioni. Una crisi non solo monetaria ma politica. A quasi sessant’anni dal trattato di Roma, sono in ballo le stesse ragioni dell’Unione, che è alle prese con la possibile uscita della Gran Bretagna con il referendum; con lo scontro sulle regole salva-banche («Noi metteremo il veto su qualsiasi tentativo che vuole andare a dare un tetto alla presenza di titoli di stato nei portafogli delle banche», ha detto ieri Matteo Renzi nel suo intervento); con la disdetta di Schengen dei paesi del Nord e il pericolo di trasformarlo in un club di pochi eletti; con l’emergenza immigrazione e i fondi per il controllo dei profughi dalla Turchia che fanno vacillare la Merkel; con l’ipotesi, cara all’asse franco-tedesco, di un ministro delle Finanze europeo, benedetta dal presidente della Bce Mario Draghi, primo passo per un nuovo trattato, ecc (Renzi gela Berlino «Italia pronta al veto sul tetto ai titoli di Stato»).

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Il voltafaccia dei Cinque Stelle al Senato

Il voltafaccia dei Cinque Stelle (dettato, com’è stato detto, da ragioni di «bassa cucina politica») era nel novero delle cose prevedibili. Ma, sia pure con vari distinguo, c’è una maggioranza in Parlamento a favore delle Unioni civili. Il disegno di legge sulle Unioni civili perciò andrà avanti ma, per quanto è consentito dalle circostanze, dentro un’intesa che eviti di sopravvalutare i comportamenti altrui e si risparmi gli scivoloni. After all, come direbbe Rossella O’Hara, tomorrow is another day.

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Tenersi a freno: il presupposto su cui rifondare la strategia americana

Ogni volta che in qualche parte nel mondo c’è un conflitto, una folta schiera di politici e opinionisti, tanto in America che a casa nostra, ribadisce che tocca agli Stati Uniti risolverlo. Che si tratti di inviare armi all’Ucraina (come propone il senatore John McCain), armare i ribelli siriani (come propone l’ex ambasciatore Robert Ford), o invocare l’invio di truppe in Iraq (come propongono in parecchi, dal Weekly Standard  al Foglio, per intenderci), l’assunto è sempre lo stesso: ogni problema è un problema dell’America; e il modo migliore per risolvere i problemi dell’America è uno solo: usare la forza.

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Il video del mio intervento di giovedì scorso

Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze. Discussione generale.

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Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili. Il mio intervento in aula

Legislatura 17ª – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 572 del 04/02/2016

MARAN (PD). Signora Presidente, colleghi, vi dico la mia opinione. Non possiedo, ovviamente, verità rivelate e indiscutibili, ma se guardo a quel che accade intorno a noi mentre prosegue la nostra discussione, che cosa vedo? Vedo che il mondo occidentale è attraversato da un movimento tellurico, da un terremoto paragonabile, per intensità ed effetti, al processo che nella prima metà del secolo scorso ha portato alla piena cittadinanza femminile. Oggi, in tutto l’Occidente, il riconoscimento pubblico del diritto degli omosessuali a vivere in piena libertà la loro sessualità e la loro relazione di coppia è all’ordine del giorno e dappertutto lo è anche il riconoscimento della loro capacità di costituire un luogo di intimità, solidarietà, amore – in altre parole, una famiglia – che non esclude la presenza di bambini da crescere e da educare.

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«La transizione è (quasi) finita». È uscito in questi giorni il libro di Stefano Ceccanti.

E’ uscito in questi giorni il libro che il mio amico Stefano Ceccanti ha dedicato alla lunga transizione istituzionale che sembrerebbe ormai agli sgoccioli. Non per caso, infatti, il libro si intitola «La transizione è (quasi) finita». Quello di Stefano Ceccanti, come ha scritto Giovanni Cominelli, è «un libro di dottrina e di battaglia in vista del referendum costituzionale». Il sottotitolo, «Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima», la dice lunghissima sull’approccio dell’autore che, già che c’era, ha appunto aggiunto in corsivo: «Verso il referendum costituzionale».

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