Monthly Archives: Nov 2020

GIORNALI2020 IN PRIMO PIANO

Il «wonk rock» del segretario di Stato americano – Il Riformista, 26 novembre 2020

Come abbiamo visto, il presidente eletto americano Joe Biden ha scelto Antony Blinken come Segretario di Stato. Blinken è una vecchia conoscenza al Dipartimento di Stato: ha iniziato la sua carriera sotto l’amministrazione Clinton ed è stato Vice Segretario di Stato con Barack Obama. «Ora, so che probabilmente state pensando: “Aspetta, è l’Anthony Blinken che sta dietro il progetto dad-rock ABlinken su Spotify? Il cantante dietro ai brani trasmessi in streaming “Lip Service” e “Patience”? E la risposta – ironizza Josh Terry su Vice – è sì, è lui».

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GIORNALI2020 IN PRIMO PIANO

Biden rimette insieme la band – Socialnews, 26 novembre 2020

La transizione presidenziale in America è cominciata ufficialmente e ieri Joe Biden ha presentato agli americani le persone che ha scelto per i ruoli chiave che riguardano la sicurezza nazionale e la politica estera: «Il team incarna la mia profonda convinzione che l’America sia più forte quando collabora con gli alleati», ha detto a Wilmington, Delaware. «Ed è una squadra che riflette il fatto che l’America è tornata, pronta a guidare il mondo, non a ritirarsi. Ancora una volta, seduta a capotavola».

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«Una repubblica, se saprete conservarla» – ilcaffeonline, 25 novembre 2020.

L’illusione di Donald Trump di acciuffare per i capelli un secondo mandato è finita in niente.

Il colpo mortale alla burrascosa presidenza di Trump è arrivato ieri, quasi tre settimane dopo la vittoria di Joe Biden alle elezioni, quando una funzionaria governativa americana finora sconosciuta, Emily Murphy, ha dato il via ufficialmente alla transizione presidenziale. Nel frattempo, le assurde azioni legali del presidente uscente si stanno sgretolando, gli Stati chiave hanno certificando la sua sconfitta elettorale e Biden ha cominciato a scegliere il suo gabinetto.

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Biden nomina il team (e gli alleati dell’America tirano un sospiro di sollievo) – Il Riformista, 24 novembre 2020

Quello che si sente nelle capitali dei paesi alleati dell’America è un enorme sospiro di sollievo. Le scelte del presidente eletto Joe Biden per il suo national security team hanno mandato un segnale inequivocabile: il nazionalismo rancoroso dell’ «America first» è finito in soffitta, rottamato (almeno per ora).

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Che cosa cambierà ora nella politica estera degli Stati Uniti e che cosa, invece, non potrà cambiare? – ilcaffeonline, 19 novembre 2020

Un dichiarato internazionalista con decenni di esperienza di politica estera alle spalle come Joe Biden, non potrebbe essere certo più diverso dal Trump che ha portato in dote la filosofia di «America first» e nessun curriculum diplomatico. Sul New Yorker, Robin Wright identifica, appunto, i sette pilastri della possibile politica estera di Biden da presidente: un ritorno all’alleanza Occidentale, la «messa in comune delle risorse» per affrontare minacce comuni, la «fiducia nei trattati e nelle istituzioni internazionali», il convinto sostegno dei diritti umani, severità nei confronti dei dittatori e dei regimi antidemocratici, essere «più rispettosi dei paesi con scarse risorse e scarso potere», e un globalismo impenitente che guiderà l’approccio di Biden alle principali questioni come il terrorismo e la ripresa economica globale.

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Elezioni truccate (sul serio): i giudici del Malawi vincono il premio Chatham House – Il Riformista, 19 novembre 2020

Chatham House, il think tank inglese (tra i più accreditati del mondo) che si occupa di politica estera, assegna ogni anno un premio ai contributi più significativi al miglioramento delle relazioni internazionali. Quest’anno il premio è andato ai cinque giudici della Corte suprema del Malawi, che, nonostante le pressioni, hanno invalidato le elezioni presidenziali del 2019 e ordinato la loro ripetizione dopo aver riscontrato estese irregolarità.

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La più grande area di libero scambio – Socialnews, 17 novembre 2020

Quindici paesi dell’Asia e del Pacifico scommettono sull’integrazione economica della regione.

La Cina ed altri quattordici paesi si sono uniti in un mega accordo di libero scambio in gestazione da un decennio. L’intesa, la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), è stata firmata domenica scorsa al termine di un summit regionale virtuale (host virtuale il Vietnam).

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Il RCEP annuncia l’alba del «secolo asiatico»? – Il Riformista, 16 novembre 2020

I capricci presidenziali più lunghi d’America non mostrano segni di cedimento. Ad ogni modo, mentre l’America sta cercando di superare un’elezione difficile, il resto del mondo sta andando avanti.

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IN PRIMO PIANO

L’elefante nella stanza della politica viennese: un terzo della popolazione in età di voto non può votare.

Nei giorni scorsi, il presidente francese Emmanuel Macron ed il cancelliere austriaco Sebastian Kurz si sono incontrati a Parigi per pianificare nuove strategie europee per «affrontare l’estremismo islamista», in un vertice antiterrorismo che si è trasformato in un summit digitale con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ed altri importanti leader europei (l’esclusione di Italia, Spagna e Grecia ha fatto, ovviamente, discutere).

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America tormentata. Cosa l’aspetta? – Socialnews, 10 novembre 2020

Joe Biden ha vinto, ma adesso viene il difficile. Per rendersene conto basta scorrere i giornali più importanti. La redazione del New York Times, che ha appoggiato Biden, sostiene che “vale la pena approfittare del momento per brindare e tirare un sospiro di sollievo”. Il paese è sopravvissuto a quello che “per l’esperimento americano” si può considerare “un prolungato stress test”,  ha scritto il giornale. “Il presidente ha fatto del suo meglio per minare le basi democratiche della nazione. Sono state scosse, ma non sono andate in pezzi. Trump ha messo in evidenza i loro punti deboli ma anche la loro forza”.

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