Martedì 26 luglio, alle ore 15.30, presso la Sala Nassiriya del Senato della Repubblica avrà luogo la presentazione del libro del giornalista friulano Mauro Nalato dal titolo «IL CASO SAUVIGNON IN FRIULI. QUANDO LA GIUSTIZIA FA PAURA».
Diverse cose non tornano, ma una cosa è chiara: 35 anni dopo l’ultimo colpo di stato, e quasi due decenni dopo l’intervento militare del 1997, i turchi non vogliono tornare al brusco avvicendarsi di governi civili e militari che ha caratterizzato il paese tra il 1960 e 1980. Al contrario, restano attaccati alle loro istituzioni democratiche e all’ordine costituzionale. L’esercito, una colonna portante del cosiddetto “ordine kemalista”, l’impronta laica data al paese dal fondatore della Turchia, Kemal Atatürk, è più debole. Tutti i principali partiti politici hanno condannato il tentato colpo di stato. Insomma, malgrado l’irritazione nei confronti del presidente Erdogan, i turchi non vogliono tornare indietro.
Ad ottobre ci saranno in agenda tre appuntamenti da brivido: si ripetono le elezioni presidenziali in Austria e ci saranno il referendum sull’immigrazione in Ungheria e il referendum costituzionale in Italia. L’appuntamento in Italia rischia di diventare uno tsunami per l’Eurozona. «Europe’s fault line runs through Italy», è l’incipit dell’articolo di Tony Barber sul Financial Times di qualche giorno fa intitolato «Italy’s referendum holds key to survival of currency union».
“3 Dhaka killers from elite schools, one was son of ruling party official”, scrive oggi The Times of India. Insomma, la povertà non c’entra nulla: i terroristi anche questa volta provengono da famiglie ricche. È una vecchia storia, si sa. Rimando all’articolo che ho scritto sul Foglio lo scorso dicembre:”Non è la povertà che uccide, ma la pedagogia dell’intolleranza”.