Monthly Archives: Ott 2016

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Basta un Sì a Romans d’Isonzo (Go). Venerdì 4 novembre ore 20.15, casa Pasiani Candussi

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GIORNALI2016

l’Unità, 27 ottobre 2016 – Ritorno improvviso della guerra fredda

Si è molto parlato del ritorno al clima da guerra fredda tra USA e Russia. E manco a dirlo, una parte della politica italiana, quella antieuropea e antiamericana (la stessa – da Salvini a Berlusconi, da Grillo all’estrema destra – che, guarda caso, si batte per il NO al referendum) si è schierata con Putin. Ma un ritorno al bipolarismo della guerra fredda è impensabile. Perché? Perché il mondo tende al multipolarismo. E’ vero che ciascuno dei «poli» ha un peso molto diverso e che alcuni di questi, come appunto la Russia, pur non essendo al livello degli Usa dal punto di vista economico, hanno un’importanza militare (e nucleare) che può ostacolare la libertà di movimento degli altri, ma oggi il sistema internazionale – com’è stato costruito dopo la seconda guerra mondiale – è ormai irriconoscibile. La causa? L’ascesa delle potenze emergenti (della Cina, dell’India, ecc.), la globalizzazione dell’economia, il trasferimento, storicamente senza precedenti, di ricchezza relativa e di potere dall’Ovest all’Est del mondo (quello che Fareed Zakaria ha chiamato «the rise of the rest») e l’influenza crescente dei nonstate actors (mondo degli affari, tribù, organizzazioni religiose e perfino network criminali). Tra non molto, dunque, il sistema internazionale sarà un sistema globale multipolare con un divario di potenza sempre più contenuto tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. Trent’anni fa, tanto per fare un esempio, una città come Shenzhen non esisteva ancora. Oggi ha quasi nove milioni di abitanti, più o meno la popolazione dei cinque distretti di New York. Molti dei suoi residenti sono nati in campagna, nella miseria, e oggi hanno lo stesso tenore di vita di Brooklyn. In una sola generazione, un villaggio di pescatori è diventato il quarto scalo al mondo. Un porto che movimenta, da solo, più di quanto riescono a fare insieme Los Angeles e Long Beach, i due maggiori porti americani. Nel giro di soli trent’anni circa 300 milioni di cinesi sono passati dalla miseria più nera a standard economici paragonabili a quelli occidentali: un’impresa senza precedenti nella storia mondiale. Si tratta di una crescita che è più visibile in Asia (l’India è appena un po’ più indietro della Cina), ma non è confinata all’Asia. Nei primi dieci anni del Duemila, sei delle prime dieci economie che sono cresciute di più al mondo sono africane.

Inoltre, non cambiano soltanto i protagonisti, cambiano anche la portata delle questioni transnazionali decisive per la prosperità globale: l’invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati, i limiti crescenti nell’energia, nel cibo, nell’acqua e le preoccupazioni circa il cambiamento climatico rischiano di limitare quella che rimane un’epoca di prosperità senza precedenti.

Il guaio è che, storicamente, i sistemi multipolari emergenti sono stati più instabili di quelli bipolari o unipolari. In altre parole, è probabile che le rivalità strategiche continuino a ruotare attorno al commercio, agli investimenti, all’innovazione e all’acquisizione tecnologica, ma non è da escludere una corsa agli armamenti, all’espansione territoriale e alle rivalità militari, simile a quella del XIX secolo. Questa nuova realtà non ha un esito scontato. Anche perché gli Stati Uniti rimarranno il paese più potente, ma saranno meno dominanti. E le declinanti capacità economiche e militari faranno emergere le contraddizioni tra le priorità interne e quelle di politica estera. Chiunque dovesse diventare presidente. Ovviamente, se gli USA, che hanno agito per anni come il governo di fatto del mondo, ora si comportano come un paese qualunque, il mondo avrà meno governo. Non è detto, infatti, che la Cina ed «il resto» abbiano i soldi e l’inclinazione per rilevare le responsabilità americane. Il guaio è che l’arrivo della superpotenza europea è probabile che coincida con quello di Godot. Il punto, insomma, è proprio questo: se, come sembra, il mondo sta andando verso la formazione di blocchi regionali che svolgeranno il ruolo degli Stati nel sistema vestafaliano, se strutture continentali come l’America, la Cina e forse l’India e il Brasile hanno già raggiunto la massa critica, l’Europa vuole finalmente darsi una mossa? Non è l’ora di provare davvero a realizzare un’unità significativa? Non è scritto da nessuna parte che il declino, la decadenza, un destino di minor potere regionale e globale, siano per l’Europa un esito inevitabile. La tecnologia, il ruolo dell’immigrazione, i miglioramenti nella sanità pubblica, norme che incoraggino una partecipazione più grande delle donne nell’economia, sono solo alcune delle misure che potrebbero cambiare la traiettoria delle tendenze attuali. Il ruolo della leadership sarà cruciale circa gli esiti. I leader e le loro idee contano. Non è un caso che dovunque lo scontro sia quello tra «Wall people» e «Web People», tra costruttori di muri e costruttori di legami, tra apertura e chiusura.

Prima fermata l’8 novembre.

Poi tocca a noi (e all’Austria) il 4 dicembre.

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Ritorno improvviso della guerra fredda l’Unità, 27 ottobre 2016

Si è molto parlato del ritorno al clima da guerra fredda tra USA e Russia. E manco a dirlo, una parte della politica italiana, quella antieuropea e antiamericana (la stessa – da Salvini a Berlusconi, da Grillo all’estrema destra – che, guarda caso, si batte per il NO al referendum) si è schierata con Putin. Ma un ritorno al bipolarismo della guerra fredda è impensabile. Perché? Perché il mondo tende al multipolarismo. E’ vero che ciascuno dei «poli» ha un peso molto diverso e che alcuni di questi, come appunto la Russia, pur non essendo al livello degli Usa dal punto di vista economico, hanno un’importanza militare (e nucleare) che può ostacolare la libertà di movimento degli altri, ma oggi il sistema internazionale – com’è stato costruito dopo la seconda guerra mondiale – è ormai irriconoscibile.

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Comune di San Pietro di Feletto (TV) – Lunedì sera alla consegna della Costituzione della Repubblica Italiana ai diciottenni.

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Basta un Sì a Conegliano il 24 ottobre. Bicameralismo paritario: l’anomalia italiana

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Il Piccolo, 18 ottobre 2016 – “La Carta va adattata ai tempi non adorata in modo acritico”

Il nuovo senato Sarà un luogo di mediazione e cancellerà incertezze e ricorsi che durano anni. Difetti? Sì, ma le cose andranno a regime con l’esperienza

di Diego D’Amelio

TRIESTE «La nostalgia del passato riappare continuamente nel dibattito sulla riforma, ma la Costituzione non va adorata in modo acritico bensì adattata ai tempi. Le modifiche poggiano su due assi: da una parte superare il bicameralismo perfetto assegnando alla Camera il voto di fiducia; dall’altra eliminare i conflitti di competenza fra Stato e Regioni, affidando al Senato la rappresentanza degli interessi territoriali». Per Alessandro Maran, vicecapogruppo Pd al Senato, la modifica della Costituzione non può più aspettare: «Nessuna democrazia è basata su un bicameralismo in cui i due livelli fanno le stesse cose. Ciò era frutto dei veti incrociati della Guerra fredda, le cose sono cambiate con la caduta del muro di Berlino. Ne aveva parlato Nilde Iotti già nel 1979, proponendo una camera delle Regioni e notando che in Cina avevano gli stessi parlamentari dell’Italia».

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GIORNALI2016

Il Piccolo, 18 ottobre 2016 – “La Carta va adattata ai tempi non adorata in modo acritico”

Il nuovo senato Sarà un luogo di mediazione e cancellerà incertezze e ricorsi che durano anni. Difetti? Sì, ma le cose andranno a regime con l’esperienza
di Diego D’Amelio
TRIESTE «La nostalgia del passato riappare continuamente nel dibattito sulla riforma, ma la Costituzione non va adorata in modo acritico bensì adattata ai tempi. Le modifiche poggiano su due assi: da una parte superare il bicameralismo perfetto assegnando alla Camera il voto di fiducia; dall’altra eliminare i conflitti di competenza fra Stato e Regioni, affidando al Senato la rappresentanza degli interessi territoriali». Per Alessandro Maran, vicecapogruppo Pd al Senato, la modifica della Costituzione non può più aspettare: «Nessuna democrazia è basata su un bicameralismo in cui i due livelli fanno le stesse cose. Ciò era frutto dei veti incrociati della Guerra fredda, le cose sono cambiate con la caduta del muro di Berlino. Ne aveva parlato Nilde Iotti già nel 1979, proponendo una camera delle Regioni e notando che in Cina avevano gli stessi parlamentari dell’Italia».
Lei cita Iotti. I fautori del No riprendono Piero Calamandrei…
Le costituzioni non sono immutabili: in Germania ci sono state oltre 50 modifiche dal dopoguerra e la Francia ha fatto l’ultima grande riforma nel 2008. Tutti gli Stati hanno dovuto adattarsi ai cambiamenti e adeguarsi a una filosofia dell’amministrazione basata su decentramento e regionalismo.
Ma i sostenitori del No parlano di deriva neocentralista. Falso. Nel 2001 la riforma del Titolo V ha modificato radicalmente i rapporti centro-periferia ma in assenza di una Camera delle Regioni i conflitti di competenza son finiti davanti ai giudici costituzionali invece che in un’aula politica. Il nuovo Senato sarà luogo di mediazione e cancellerà incertezze e ricorsi che durano anni.
Per le Regioni meno competenze. Nessun rischio per la Specialità?
Il riparto delle competenze è già stato modificato dalle sentenze della Corte costituzionale, che ha introdotto anche la clausola di supremazia. Come diceva De Gasperi, la Specialità prospera quando il suo esercizio si rivela più virtuoso e meno spendaccione di quello dello Stato: le regole aiutano, ma la responsabilità è in mano agli attori politici. Quegli stessi che stipuleranno l’intesa fra centro e periferia sui futuri Statuti d’autonomia: una garanzia per la specialità.
Il Senato sarà composto da designati a mezzo servizio? Stupidaggini. Il Senato non funzionerà più come oggi, riunendosi tutti i giorni per parlare di tutto. Il Bundesrat tedesco si riunisce e vota un giorno al mese.
I difetti?
La riforma non è perfetta, essendo frutto di una mediazione. Ma affronta in modo adeguato questioni sospese da decenni: superamento del bicameralismo perfetto, revisione del rapporto Stato-Regioni, governabilità. Le cose andranno a regime con l’esperienza.
La minoranza dem chiede la modifica dell’Italicum. Ce la farete?
Non sarà semplice: se nessuno vuole i collegi uninominali non resta che il ballottaggio dell’Italicum. Si scelga il metodo che si vuole ma si resti nell’ambito del maggioritario. Solo così gli elettori possono scegliere il governo, far sì che questo duri quanto la legislatura e giudicarne infine i risultati. Basta con la palude. E non si parli di scarsa democrazia: in Francia Hollande col 29% ha ottenuto il 53% dei seggi. Lo stesso in Inghilterra. E in entrambi i casi la Camera alta non è eletta.
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“Bridges and Borders” – Venerdì 21 ottobre 2016

Venerdì 21 ottobre parteciperò all’incontro “Bridges and Borders”, organizzato dall’Accademia Europeista del Friuli Venezia Giulia. L’incontro avrà inizio alle ore 17 e si terrà a Gorizia, presso la Sala Convegni del Best Western Gorizia Palace in Corso Italia n. 63.
“A quasi sessant’anni dalla firma del Trattato di Roma – scrivono nell’invito gli organizzatori – il processo di integrazione europea, caratterizzato da una espansione continua, ha finito con il riguardare ben 28 Paesi. Nel contempo, si è assistito all’aggravamento di una crisi che si è manifestata sia nell’economia che nella società con il fenomeno delle migrazioni di massa. La debolezza di una risposta europea ha viceversa favorito la tendenza al ritorno verso lo stato nazionale con il ripristino dei confini in vari Paesi europei. Con “Bridges and Borders” si vuole invece porre l’accento sul comune denominatore del consenso verso l’idea di collaborazione e maggiore integrazione europea, vale a dire verso la costruzione di ponti e non di barriere”.
Così il programma: “Dopo i saluti del Presidente dell’Accademia Europeista Claudio Cressati e delle autorità sono previsti gli interventi di: Lino Sartori, filosofo e docente universitario; Alessandro Maran, Senatore della Repubblica; Drago Kraljevic, già Ambasciatore della Repubblica di Croazia; Willibald Richter, già Segretario Generale dell’Europazentrum di Graz (Austria). Concluderà l’incontro lo scrittore Veit Heinichen. A moderare la discussione sarà Pio Baissero, Direttore dell’Accademia Europeista del Friuli Venezia Giulia”.
acceurop
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La sfida del nuovo articolo 70

Su l’Unitá di sabato scorso Pietro Ichino – a seguito della replica (pubblicata sul quotidiano Il Piccolo il 13 ottobre) di uno dei sottoscrittori del documento dei 70 avvocati triestini per il NO al suo editoriale del 9 ottobre che aveva confutato punto per punto i loro argomenti – è tornato sulla questione “sfidando” i sostenitori del NO: “devono decidersi: o sostengono che la riforma complica le cose perché non chiarisce quali siano le leggi che dovranno essere approvate, oltre che dalla Camera dei Deputati, anche dal Senato, oppure sostengono che il nuovo articolo 70 della Costituzione, come modificato dalla riforma, è troppo dettagliato e che una norma costituzionale deve contenere solo principi generali e non regole minuziose. Se sono capaci di scriverlo in modo più semplice ed elegante, ma al contempo preciso, ci provino. Se non sono in grado di raccogliere la sfida, per favore abbandonino questo argomento”. Leggi il suo editoriale pubblicato sabato su l’Unità.  Sul punto è tornato anche Roberto Bin, professore di diritto costituzionale all’università di Ferrara: Roberto Bin: “Un testo lungo ma solo così si semplifica” – Repubblica.it.

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#referendumcostituzionale Oggi all’InnovationTALK organizzato da Cultura Democratica a Pordenone

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