In Germania i liberal-democratici e la SPD devono trovare il coraggio di spiegare alla gente perché l’accordo in cui ciascuna parte rinuncia a qualcosa in favore dell’altra è vitale per la democrazia
Quello che Anna Sauerbrey, sul New York Times, ha definito “il più assurdo ‘mic drop’ nella storia della Germania”, non è che un altro esempio del “pericoloso assolutismo politico”, l’atteggiamento cioè di chi vuole imporre la propria volontà “immacolata” senza accettare opposizioni, che sta travolgendo le democrazie del mondo.
In un certo senso, la Germania sta diventando un po’ più normale. Del resto, la polarizzazione del sistema politico, lo scontro permanente, non sono un’esclusiva dell’Italia (la hyper-partisanship, si sa, ha paralizzato Washington e polarizzato l’America) e sono anche il prodotto di forze profonde (economiche, sociali, tecnologiche) che stanno rimodellando le nostre società. E sarebbe sbagliato forzare l’interpretazione di quel che è successo. La Repubblica federale tedesca non è Weimar e resta uno dei sistemi politici più stabili del mondo. Angela Merkel è più debole ma è ancora in sella e la Germania è ancora molto lontana dalle cose che vediamo intorno a noi. Niente a che vedere, per capirci, con Trump o con la Brexit. Ci potrà essere una fase di sbandamento, ma alla fine qualcuno disposto ad accogliere l’appello del presidente Frank-Walter Steinmeier a “riconsiderare il proprio atteggiamento” si troverà, altrimenti ci saranno nuove elezioni che potrebbero rimescolare le carte. In fondo, Alternative für Deutschland (AfD), che ha ottenuto il 12,6% dei voti a settembre, potrebbe aver sfruttato al massimo le sue potenzialità elettorali.
Il punto è che il sistema politico tedesco è basato sulla disponibilità al dialogo e sulla disposizione a raggiungere un compromesso, un accordo. Tutti governi tedeschi dal 1949 sono stati governi di coalizione e finora il sistema ha sempre funzionato. L’ascesa del populismo ha però complicato le cose e non solo in termini aritmetici. La decisione di Christian Lindner, leader del Partito Liberale Democratico (FDP), di rovesciare il tavolo del negoziato, dimostra che la AfD ha alterato in modo determinante il gioco politico: è riuscita a screditare il compromesso come valore fondamentale della democrazia. Insomma, anche in Germania l’accordo è diventato “inciucio”.
Quando, durante la conferenza stampa, gli è stato chiesto perché avesse abbandonato i negoziati, Lindner ha elencato una serie di temi rispetto ai quali il suo partito non è riuscito ad ottenere quel che voleva. Gli altri partiti, ad esempio, avrebbero raggiunto un accordo (solo) sull’eliminazione graduale della “Soli” (una tassa addizionale istituita nei primi anni ‘90 come misura temporanea per sostenere l’economia delle regioni della ex Germania Est; stando ai sondaggi, più dell’80% dei tedeschi ritengono di aver pagato abbastanza per questo scopo) e non sulla sua immediata abolizione. Il FDP ha anche tentato di porre dei limiti all’immigrazione, ma i Verdi hanno insistito su una serie di deroghe per ragioni umanitarie. Si tratta, ovviamente, di compromessi assolutamente normali e necessari, ma i liberal-democratici temono, a quanto pare, che l’AfD vada a dire ai loro elettori che il partito li ha svenduti pur di andare al governo. Va da sè che l’improvvisa interruzione dei negoziati è una sfida per il nuovo ruolo della Germania nel mondo e un colpo serio alla sua immagine di potenza stabile e responsabile. E non c’è dubbio che, paragonata alla posta in gioco a livello globale, la discussione su quando eliminare del tutto la “Soli” sembra davvero poca cosa.
Ma, come ha rimarcato giustamente Anna Sauerbrey, è proprio questo il punto. Non è anzitutto il disprezzo per quelle che sembrano preoccupazioni di poco conto, in nome del compromesso, dell’accomodamento, che ha nutrito l’ascesa del populismo? Lindner (che ha ricostruito i liberal-democratici dal nulla dopo la disfatta del 2013 che li ha lasciati fuori dal Bundestag) e gli altri (trovo che per una forza filoeuropea come la SPD la scelta di contenere i danni elettorali prendendosi una vacanza sia irresponsabile) devono trovare il coraggio (il libro di Kennedy sul «coraggio politico» resta un intramontabile long seller) non solo per raggiungere un’intesa, ma anzitutto per spiegare alla gente perché il compromesso, l’accordo in cui ciascuna parte rinuncia qualcosa in favore dell’altra, è vitale per la democrazia tedesca (e per ogni democrazia). Ma non è affatto detto che in Germania (come dappertutto) la paura di nuove elezioni o di un governo di minoranza, con tanto di echi weimariani, sia più forte dell’attuale ripugnanza per il compromesso politico.