Sui manifesti elettorali di Liberi e uguali, accanto alla foto di Piero Grasso, appare lo slogan del Labour Party di Jeremy Corbyn: «Per i molti, non per i pochi». È una sorta di marchio di fabbrica della sinistra tradizionale: è chiaro, la gente sa cosa significa, emoziona e parla ai valori. Ma era lo slogan di Tony Blair. Infatti, la frase è stata scritta nella famosa Clause IV dello Statuto del Labour proprio da quel Tony «Bliar», com’è stato sbeffeggiato crudelmente, che ha vinto tre elezioni di fila. Blair è riuscito a cambiare radicalmente la sinistra britannica e a influenzare quella di tutta Europa (dopo aver ottenuto alcune delle vittorie elettorali più sonanti nella storia del Regno Unito) ma, si sa, si è lasciato alle spalle un’eredità politica ancora oggi molto discussa. Eppure, il linguaggio di Tony Blair ha identificato realmente il Labour con l’Inghilterra ed essere «for all the people or for the few» era la linea di demarcazione tra il Labour e i Conservatori.
I giornali inglesi, l’anno scorso, hanno discusso vivacemente sull’origine dell’espressione. Secondo Philip Collins, del Times, la frase sarebbe stata formulata nell’orazione funebre pronunciata da Pericle per i caduti della guerra del Peloponneso come ci è stata tramandata da Tucidide («Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi; per questo è detto una democrazia»). Il professore della UCL John Sutherland ha detto invece al Londoner che «For the Many, not for the Few» deriva, in realtà, dal poema di Percy Bysshe Shelley, «The Masque of Anarchy». Il poeta romantico ha scritto il componimento dopo il massacro di Peterloo del 1819 a Manchester, nel quale almeno 15 manifestanti, in lotta per la democrazia e contro la miseria, furono uccisi dalla cavalleria. Il poema (uno dei primi testi moderni di resistenza non violenta che termina con una incitamento trascinante per «i molti»: “Rise, like lions after slumber / In unvanquishable number!/ Shake your chains to earth like dew/ Which in sleep had fallen on you/ Ye are many — they are few.”) è molto popolare nei circoli di sinistra. E Corbyn, un uomo colto, amante della poesia (si dice che abbia letto l’Ulisse di James Joyce quattro volte) ha ripetuto a memoria quei versi nei suoi comizi. The Londoner, infatti, ha incalzato Sutherland: «Quella frase fa di Jeremy un romantico?», e il professore ha risposto: «Si, un romantico, non un moderno. I poeti sono dalla parte di Jeremy, ma chi ha mai fatto caso ai poeti?».
Ovviamente, mentre i blairiani hanno ribadito allegramente che lo slogan è stato usato per la prima volta dal New Labour di Tony Blair nel 1997, i suoi detrattori hanno affermato risolutamente che con Blair la frase non significava nulla. Era parte di una lunga serie di frasi ad effetto che ne hanno caratterizzato la comunicazione politica, come un «paese giovane», «una società di stakeholder» e, naturalmente, «duri con il crimine, duri con le cause del crimine». E hanno tenuto a precisare che, al contrario, Jeremy Corbyn non si affida a vuoti «sound bites»: intende dire, sul serio, «per i tanti, non per i pochi». Ma in parecchi, dopo la sconfitta (l’ennesima) dell’anno scorso, hanno anche sottolineato il doppio errore nel quale è incappato il Labour Party con quel grido di battaglia. In primo luogo, ha messo gli elettori in un unico calderone, raggruppandoli in una massa anonima. In secondo luogo, ha dato per scontato che «i tanti» sono poveri ed oppressi. Lo stesso errore compiuto dal Labour nel 1983. Un errore che a Corbyn viene naturale. «Perfino se dovesse andare in paradiso – hanno scritto – finirebbe per incontrate angeli che soffrono per la mancanza di corde per l’arpa». La maggioranza della gente ora non è indigente e anche se lo fosse, è sciocco da parte del Labour identificarsi unicamente con i tanti bisognosi ed equiparare i Tories ai pochi realizzati. Milioni di non abbienti in tutto il mondo credono (e sperano) che un giorno potranno unirsi ai pochi che hanno successo. E continuano a ritenere che i partiti conservatori li porteranno alla meta più velocemente e che, quando riusciranno ad arrivare tra i pochi, sicuramente quei partiti difenderanno i loro interessi più efficacemente.
Ora il frontman della nuova formazione politica che unisce i pezzi della «sinistra- sinistra», rischia di ripetere lo stesso errore e di aggiungere, usando lo slogan elettorale di Tony Blair, un senso di spaesamento. Come quando Di Maio (a Washington) vuole copiare Trump o quando, dopo Di Maio, anche Salvini cerca di copiare Renzi e annuncia che manterrà gli 80 euro. Probabilmente, a sentire evocare Blair, il presidente del Senato si farà il segno della croce. Eppure, Blair sarà anche l’anticristo (per la «vera» sinistra), ma un paio di cose su come vincere le elezioni, lui le sa davvero.