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Messaggero Veneto, 9 gennaio 2016 – UTERO IN AFFITTO, LA PRATICA RESTA VIETATA

Dal 26 gennaio riprenderà al Senato l’esame del ddl sulle unioni civili. La normativa prevista dal ddl Cirinnà riprende pedissequamente la proposta del “modello tedesco”: unioni civili con stepchild adoption (lanciata d’altronde alla Leopolda del 2012 e contenuta nella mozione uscita larga vincitrice dal congresso del Pd del 2013). In questi giorni, in vista della ripresa del dibattito in Aula, non si fa che parlare ossessivamente di maternità surrogata, accostando la proposta di legge Cirinnà sulle unioni tra persone dello stesso sesso al cosiddetto “utero in affitto”.

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LIBERTÀeguale Magazine, 7 gennaio 2016 – Usa: la politica estera che ha cuore l’ordine liberale

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Interveniamo in difesa della politica estera del presidente Obama. Si fa un gran parlare, specie dopo gli attentati di Parigi, del «vuoto geopolitico lasciato dall’America di Obama». E buona parte della delusione e dell’insofferenza nei confronti della politica estera di Barack Obama trae origine dall’assunto che, per dirla con il titolo del celebre articolo di Robert Kagan, «Superpowers don’t get to retire». Da qui l’insistenza sul presunto carattere «indecifrabile» della «astrategia obamiana». Eppure, non c’è nulla di incomprensibile, se si prende sul serio il punto di vista dell’amministrazione americana.

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La nostra marcia verso l’uguaglianza

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Dal 26 gennaio riprenderà al Senato l’esame del ddl sulle unioni civili (ddl 2081 e connessi). Come sanno tutti, la normativa prevista dal ddl Cirinnà riprende pedissequamente la proposta del ‘modello tedesco’ (e cioè unioni civili con stepchild adoption) lanciata alla Leopolda del 2012 e contenuta nella mozione uscita larga vincitrice dal congresso PD del 2013.

Ricevo parecchie mail in questi giorni, tutte uguali, che mi invitano «a riflettere seriamente sulla reale necessità di approvare una Legge “per pochi” che segnerebbe una profonda ferita nella nostra società e che cancellerebbe i valori naturali, culturali e religiosi sui quali si è fondata e si fonda la nostra Nazione, che Lei ha l’onore e l’onere di rappresentare come Senatore» e, quasi sempre, la lettera prosegue così: «Lei sarà chiamato a esprimere un giudizio, e quindi un voto, sul Disegno di Legge sulle Unioni Civili anche tra persone dello stesso sesso e quindi a legittimare o meno l’abominevole pratica dell’utero in affitto, che inevitabilmente sarebbe introdotta attraverso la cosiddetta “stepchild adoption”. E anche nell’ipotesi che la “stepchild adoption” dovesse essere ipocritamente stralciata dal ddl, Lei sa bene che una volta approvata una legge sulle unioni civili, in base al principio di non discriminazione, l’Europa imporrebbe la loro equiparazione a tutti gli effetti al matrimonio naturale tra uomo e donna, con tutte le implicazioni del caso, possibilità di adozione compresa».

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Formiche.net, 4 gennaio 2016 – Che cosa accomuna l’Isis al comunismo

L’esercito iracheno ha riconquistato Ramadi. È una delle migliori notizie con cui abbiamo chiuso l’anno. Ma diciamoci la verità: per sbaragliare lo Stato Islamico servirebbe una massiccia invasione di terra e i risultati sarebbero, ben che vada, temporanei. Come ha evidenziato Barry Posen, direttore del MIT Security Studies Program, in un saggio recente, «i tentativi americani di riformare la politica di altri Paesi con la spada si sono infranti contro l’ostilità sciovinistica verso gli stranieri, alleanze locali inaffidabili, pratiche culturali profondamente radicate e la rozzezza dello strumento militare». E proprio questi «persistenti problemi» consigliano una strategia più limitata di «contenimento» che «richiede pazienza e resilienza e non promette una rapida e facile vittoria». L’Isis é riapparso, infatti, dopo che era stato già battuto durante il «surge» delle forze Usa in Iraq nel 2007. Poiché fino a quando i sunniti continueranno a sentirsi minacciati, le organizzazioni jihadiste si offriranno di «proteggerli».

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l’Unità, 29 dicembre 2015 – Aspettando Godot, per un’unità significativa dell’Europa

 

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La condizione di vulnerabilità dell’Italia (verso l’esterno, a causa della continua instabilità dei due versanti obbligati della politica estera italiana, i Balcani e la sponda Sud del Mediterraneo, e verso l’interno, a causa delle nostre debolezze politiche e istituzionali) è una costante storica, si sa. E l’ancoraggio a sistemi di alleanza con attori più forti, in grado di colmare il deficit di sicurezza internazionale ed interno del paese, è stata la risposta a questa condizione. Oggi però l’America, per dirla con Michael Mandelbaum, è diventata una «Frugal Superpower» e non ha più la scala, la forza e neppure il consenso interno per agire come Atlante che regge sulle spalle il mondo, fungendo al contempo da locomotiva economica e garante della sicurezza militare. E una crisi di coesione ancora più preoccupante continua a gravare sull’Europa, l’architrave stessa dell’opzione multilaterale dell’Italia.

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La crisi spagnola e il nuovo spartiacque nella politica europea

Un bel pasticcio quello spagnolo, che fa prevedere un difficile periodo di instabilità (ieri l’Huffington Post spagnolo faceva sette ipotesi di coalizione per concludere che nessuna sta davvero in piedi e che si voterà di nuovo a maggio: Los 7 posibles (o imposibles) pactos tras las elecciones del 20-D), un prossimo ritorno alle urne o un governo di larghe intese fra popolari e socialisti, caldeggiato e benedetto, nell’interesse del Paese, dal nuovo sovrano Felipe VI.

Ma la crisi spagnola (a pochi giorni dal voto francese), dove il sistema tripartito restituisce l’ingovernabilità e lo spappolamento del paese, ci dice qualcosa di più. Ci dice che la vecchia distinzione fra destra e sinistra non corrisponde più all’alternativa fondamentale che abbiamo di fronte e ci parla del nuovo spartiacque della politica europea.

Rimando al pezzo che ho scritto su Formiche.net il 15 novembre scorso (Sta nascendo un nuovo bipolarismo in Italia?) e all’articolo di Pietro Ichino apparso sul Foglio il 9 dicembre (PERCHÉ NEL VECCHIO CONTINENTE SALTA LA DIALETTICA TRADIZIONALE DESTRA/SINISTRA).

E poi, diciamo le cose come stanno: Dio benedica il doppio turno. 

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A Udine, venerdì 18 dicembre, alla presentazione del mio e-book con @IsabellaDeMonte, @Tommasocerno e @saquini67

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A Udine, venerdì 18 dicembre, alla presentazione del mio e-book con Isabella De Monte, Tommaso Cerno e Stefano Asquini

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Formiche.net, 15 dicembre 2015 – Guerra ISIS, l’America post Obama e l’Europa stile Godot

Gli Stati Uniti non sono disposti a “mandare una nuova generazione di americani oltremare per combattere e morire per un altro decennio sul suolo straniero”. Obama lo ha ripetuto fino alla noia. Lo ha ribadito anche dopo l’attacco terroristico di San Bernardino:“Non dobbiamo farci trascinare ancora una volta in una lunga e costosa guerra terreste in Iraq o in Siria. È quel che vogliono gruppi come l’Isis. Sanno che non ci possono sconfiggere sul campo di battaglia (…) Ma sanno anche che se noi occupiamo terre ostili, possono alimentare le insurrezioni per anni, uccidere migliaia dei nostri soldati, spremere le nostre risorse e usare la nostra presenza per attirare nuove reclute”.

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Il discorso di Obama sul terrorismo e i frutti della paura

É vero che, come scrive oggi Stefano Ceccanti su l’Unità, «in un sistema a doppio turno le analisi approfondite si fanno alla fine dei ballottaggi e qualsiasi riflessione precedente deve sempre essere vista come provvisoria»; ed è vero che «occorre evitare allarmismi sproporzionati anche in vista delle Presidenziali: stiamo comunque commentando elezioni di medio termine in cui vota il cinquanta per cento degli elettori e non il settanta come accade per il presidente». Giusto. Resta il fatto però che, come hanno osservato sia il New York Times che El País, in Francia si cominciano a cogliere i frutti della paura (Francia y el voto del miedo). La crescita sorprendente del partito di estrema destra, il Front National, nelle elezioni regionali di domenica scorsa è stata chiaramente alimentata dalle paure scaturite dall’attacco del 13 novembre a Parigi e da mesi di annunci senza sosta sull’ondata di profughi che sommerge l’Europa (Editorial: In France, the Political Fruits of Fear). E rappresenta una strigliata umiliante tanto per il Partito socialista e il governo di François Hollande quanto per il Partito repubblicano di centro-destra dell’ex presidente Sarkozy. La nuova popolarità guadagnata da Hollande (in seguito alle misure straordinarie assunte dal suo governo dopo gli attacchi del 13 novembre, compresa la dichiarazione dello stato di emergenza) non ha compensato, infatti, la sua più grande debolezza, vale a dire la sua incapacità di assicurare progressi sul fronte economico.

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Seduta del 2 dicembre 2015 – Informativa del Governo sull’evoluzione della crisi in Medio Oriente

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Maran. Ne ha facoltà.

MARAN (PD). Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo molto apprezzato la sua disponibilità a riferire in Parlamento e anche l’ostinazione con la quale si adopera per non incrinare le dinamiche diplomatiche, in Siria come in Libia; con la quale si adopera per coinvolgere la Russia, per favorire i rapporti diretti tra Russia e la Turchia e per rafforzare e rendere più coesa la coalizione anti-ISIS.

Dopo anni di stagnazione autoritaria, il Medio Oriente ha cominciato a muoversi. L’ascesa dell’islam radicale; l’invasione dell’Iraq e le sue conseguenze, che tutti sembrano aver dimenticato, anche quanti – ho sentito qualche intervento precedente – hanno sostenuto l’invasione; il risveglio delle primavere arabe; le repressioni sanguinose e ora un calo sostenuto del prezzo del petrolio e il successo del negoziato nucleare con l’Iran, hanno aperto quella che potrebbe rivelarsi una nuova e tormentata era per tutti coloro che vi sono coinvolti. E con questo noi dovremmo avere a che fare per un pezzo.

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