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Messaggero Veneto, 9 gennaio 2016 – UTERO IN AFFITTO, LA PRATICA RESTA VIETATA

Dal 26 gennaio riprenderà al Senato l’esame del ddl sulle unioni civili. La normativa prevista dal ddl Cirinnà riprende pedissequamente la proposta del “modello tedesco”: unioni civili con stepchild adoption (lanciata d’altronde alla Leopolda del 2012 e contenuta nella mozione uscita larga vincitrice dal congresso del Pd del 2013). In questi giorni, in vista della ripresa del dibattito in Aula, non si fa che parlare ossessivamente di maternità surrogata, accostando la proposta di legge Cirinnà sulle unioni tra persone dello stesso sesso al cosiddetto “utero in affitto”.Eppure “l’utero in affitto” non c’entra nulla. Nel disegno di legge in discussione non si parla di utero in affitto, pratica che è e resta vietata in Italia e alla quale, dai dati disponibili, ricorrono, nell’impossibilità di avere figli, soprattutto le coppie etero. Tutto questo però non ha nulla a che vedere con la stepchild adoption e tantomeno con la legge in discussione al Senato, dove si parla semplicemente della possibilità di creare un legame giuridico, tra i figli e le figlie biologici e il compagno o la compagna del loro padre o della loro madre, nel caso di un’eventuale morte. Sono bambini e bambine che già esistono e che già vivono una situazione affettiva e familiare con il partner del proprio genitore. Non si parla per niente invece di quel di cui bisognerebbe parlare, cioè dei diritti e dei doveri di cittadinanza cui potranno accedere coppie di cittadini oggi senza diritti. Questo è il punto in discussione. Ricordo che la Corte suprema degli Stati Uniti ha deciso le leggi statali che vietano il matrimonio gay sono incostituzionali in base al Quattordicesimo emendamento della Costituzione americana – quello sull’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. È in base al principio di eguaglianza che gli stati devono permettere a tutti i cittadini di sposarsi con chi vogliono e riconoscere i matrimoni gay celebrati fuori dai loro confini. Il voto decisivo è stato quello di Anthony Kennedy, un conservatore nominato dai repubblicani. Spiegando la sua posizione, Kennedy ha scritto che la Costituzione americana garantisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, e quindi non era più possibile «condannare gli omosessuali a vivere in solitudine, negando loro l’accesso ad una delle istituzioni più antiche della nostra civiltà». Non per caso, Obama ha poi affidato a Twitter la sua felicità per la decisione della Corte suprema, con un famoso messaggio che recita così: “Oggi è un grande passo nella nostra marcia verso l’uguaglianza. Coppie gay e lesbiche ora hanno il diritto di sposarsi, proprio come chiunque altro #LoveWins”. Di questo discuteremo con il Ddl sulle unioni civili. Di un passo avanti, in Italia, nella nostra marcia verso l’uguaglianza.

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