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Senato, la Stalingrado del Pd – Messaggero Veneto, 09 settembre 2015

Il vice capogruppo Maran spiega lo scontro con la sinistra dem. Renzi: prendiamoci qualche giorno

 

Il vice capogruppo dem al Senato, Alessandro Maran, non usa mezzi termini nel definire la diaspora interna al Pd sulla riforma del Senato. «È una battaglia fondamentale, dirimente. Questa è come la battaglia di Stalingrado. Chi vince, vince la guerra». Ma guai a parlargli di rischio scissione. «No, non ci credo. Anche perché sono certo che prima o poi si capirà che se cambia modalità di voto al Senato si va verso una democrazia competitiva; se rimane la doppia Camera resteremo nelle democrazia consociativa». Eccolo, lo scontro vero tra la minoranza bersaniana e Renzi. Maran rilascia queste dichiarazioni prima del vertice di ieri sera del gruppo dei senatori del Pd alla presenza del premier, Matteo Renzi. «Prendiamoci gli ultimi giorni per favorire una soluzione», è stato il suggerimento di Renzi. «Siamo disponibili a ragionare e discutere, non ci sono prendere o lasciare ma la volontà di aprire un dialogo e discutere»

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UNA CRISI SULLA RIFORMA DEL SENATO? CHISSÀ?

«Può darsi – ha scritto Salvatore Merlo sul Foglio – che la questione del Senato eleggibile o non eleggibile sia, per i futuri destini della patria, altrettanto importante di quanto non fu, poniamo, la spedizione dei Mille o la guerra di Crimea, come sembra comunicare la disputa sino all’ultimo respiro tra maggioranza e minoranza del Pd. O può darsi, piuttosto, che tutto in realtà si riduca a uno scontro di caratteri e di potere tra Bersani e Renzi, tra Renzi e D’Alema, tra Speranza e Orlando, tra candidati più o meno ufficiali alla carica di segretario, in un rimando di specchi che allude al conflitto totale, allo sterminio, ma che è solo un gioco tattico, di minacce ponderate, di equilibri e di schermaglie, insomma quasi un congresso»(La sinistra del Pd si porta avanti col lavoro e prepara già il congresso).

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UN AUTUNNO CALDO?

L’estate volge al termine e, a quanto pare, ci aspetta un autunno difficile e pieno d’impegni. Dopo la pausa estiva, l’Unione europea dovrà affrontare una «unusually daunting post-vacation agenda». Così scrive Politico (Politico – Official Site) che, nell’edizione europea del quotidiano americano prodotta dalla sede di Bruxelles, ha messo in fila i problemi con i quali l’Unione europea dovrà fare i conti alla ripresa (The Ides of September). «It was the calm before the storm», scrivono Matthew Karnitschnig and Zeke Turner. «Brussels slipped into its usual summer slumber in August, but as a parade of commission officials, lawmakers, regulators and diplomats return to their desks this week, they face an unusually daunting post-vacation agenda — from fixing Greece to the migrant crisis to convincing Britain to remain in the EU to finalizing plans for a new capital markets union. Then there’s the simmering conflict in Ukraine and concerns over the terror threat posed by Islamic fighters returning from Syria. Complicating matters further is a series of important elections, including in Spain and across the EU’s border in Turkey. Whether political, economic or security-related, Europe faces obstacles at nearly every turn». Al punto che un funzionario di Bruxelles, al lavoro da domenica scorsa, ha paragonato l’aria che tira a quella dell’autunno del 2008, quando fallì Lehman Brothers: «This fall feels like 2008, when Lehman Brothers went under». Il 9 settembre il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, terrà un discorso di fronte al Parlamento europeo. Il 14 settembre ci sarà un vertice straordinario dei ministri dell’Interno e della Giustizia sull’immigrazione.

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LA LETTERA DEL PREMIER RENZI AI PARLAMENTARI DEI GRUPPI DI MAGGIORANZA

Carissimi,

tra qualche ora sarete in vacanza, per una breve pausa. Mi permetto di dire, sfidando le ire dei benpensanti: vacanza molto meritata. Sì, meritata. Perché se vi voltate un attimo indietro e provate a ripercorrere il cammino di questo anno, resterete stupiti pensando alle cose che abbiamo portato a casa.
Lo dico senza giri di parole: avete fatto un lavoro straordinario ed è giusto rendervi merito. Mai il Parlamento italiano in 70 anni di storia aveva lavorato così tanto e così intensamente. E nessun Paese europeo ha mai fatto – tutte insieme – così tante riforme.
Provate per un istante, per un solo istante, a metterle in fila.

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C’è lo sputtanamento olé …

In questi giorni mi sono ricordato di un vecchia canzone di Cochi e Renato:«c’è lo sputtanamento olé e così un bel momento olé …». Un tormentone del 1978.
Ieri (quasi) tutti i giornali ci hanno spiegato che il Pd si sarebbe suicidato perché la maggior parte dei suoi senatori non ha votato a favore dell’arresto di un senatore del Ncd. Ma è corretto commentare il voto del Senato sul caso Azzollini senza dar conto neppure in estrema sintesi di quanto risulta dagli atti giudiziali a carico dell’imputato?
Come ha lamentato Pietro Ichino in una lettera al Direttore, «nel Corriere di ieri mi ha colpito molto che nessun articolo, e neppure l’editoriale di Massimo Franco intitolato Da giustizialisti a garantisti (solo per interesse), fornisse alcuna notizia sugli argomenti sulla base dei quali il Tribunale di Trani chiede l’autorizzazione all’arresto del senatore Azzollini. Come se nella decisione del Senato «gli argomenti del giudice a sostegno della richiesta non avessero alcun peso. Le cose, per fortuna, non stanno così; e proprio il caso Azzollini, se si guarda bene ciò che è accaduto in Senato, lo dimostra» (UN CASO DI BUONA POLITICA E CATTIVA INFORMAZIONE).

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Considerazioni sul voto di ieri

Il Senato ha detto “no” all’arresto del senatore Antonio Azzollini. Almeno il 60 per cento dei senatori Dem si è espresso contro l’arresto del senatore del Ncd, con uno strascico di polemiche anche in seno alla segreteria. Vediamo, allora, di ricapitolare.

La votazione della proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di concedere l’autorizzazione all’esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del senatore Antonio Azzollini, ai sensi dell’articolo 68, secondo comma, della Costituzione, è avvenuta a scrutinio segreto, come stabilito dal Regolamento.

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QUE RESTE-T-IL?

Che cosa ci ha insegnato la crisi greca? Due cose almeno.

La prima: che con un’unione monetaria in mezzo al guado, senza unione fiscale o politica, senza meccanismi predefiniti per gestire crisi estreme, prima o poi finiremo per sbattere la testa contro il muro. E una tale consapevolezza comincia a farsi strada tra i leader europei. Soltanto così si può spiegare il fatto che il presidente della Repubblica francese Hollande abbia messo da parte il solito sovranismo francese per proporre un governo dell’Eurozona con un proprio budget. La Francia è pronta a partecipare «à une organisation renforcée» della zona euro e a costituire «avec les pays qui en décideront, une avant-garde», ha affermato il presidente francese che ha aggiunto: «Mais nous ne pouvons en rester là. J’ai proposé de reprendre l’idée de Jacques Delors du gouvernement de la zone euro et d’y ajouter un budget spécifique ainsi qu’un Parlement pour en assurer le contrôle démocratique» ( Hollande plaide pour un « gouvernement de la zone euro »). Era ora, diciamolo.

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TORNARE ALLA LIRA?

Senato della Repubblica

Resoconto stenografico 8 luglio 2015

Deliberazione sulla richiesta di dichiarazione d’urgenza, ai sensi dell’articolo 77 del Regolamento, in ordine al disegno di legge costituzionale: Indizione di un referendum di indirizzo sull’adozione di una nuova moneta nell’ordinamento nazionale in sostituzione dell’euro.

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Da zero a uno

zerotoone

La “Buona Scuola” sarà votata domani in aula al Senato con la fiducia. E domani si conclude con un vertice dei capi di Stato e di governo dall’agenda impegnativa, una settimana europea particolarmente laboriosa. Oltre alla difficile situazione greca e ad altri temi sensibili, si discuterà l’avvenire dell’Unione economica e monetaria, sul quale è stata appena pubblicata una complessa relazione. L’autore principale è il presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker. Ne ha parlato Enzo Moavero Milanesi sul Corriere della Sera in un articolo dal titolo molto eloquente: “Integrazione Europea. I giorni della svolta” (PressReader – Corriere della Sera – INTEGRAZIONE …). “Se nel giro di qualche giorno si chiuderá positivamente il negoziato con la Grecia; se su migrazione e asilo si confermerà l’inizio di un percorso di condivisione, e se finalmente prenderà corpo il dibattito sul futuro del governo dell’euro nel senso di una maggiore integrazione, allora davvero Bruxelles non sarà più soltanto il facile obiettivo di populisti di ogni sorta”, ha detto, infatti, al Foglio Marco Piantini, sherpa di Palazzo Chigi sulle questioni europee e già collaboratore dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Grecia, euro, migranti).

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«Non cambi l’Italia se non cambi la testa degli elettori del Pd

Matteo Renzi ha detto di voler tornare alle origini, al politico movimentista, simbolo del cambiamento che portò il Pd al 40,8 per cento delle Europee (Il premier: “Devo tornare il vero Renzi e voglio riprendermi il partito”). In altre parole, Renzi deve tornare ad essere Renzi. Specie se si considera che il governo è impegnato nel «momento più delicato della legislatura», come ha spiegato ieri il premier all’assemblea del gruppo parlamentare della Camera. «Ma quando ci sono difficoltà – ha aggiunto – quelli bravi le superano». Resta il fatto che Renzi ha annunciato che la riforma della scuola sarà rinviata e con essa l’assunzione dei 100 mila precari. Vedremo come andrà a finire.  Ma dopo l’insuccesso di Luigi Berlinguer di 15 anni fa e quello probabilissimo della Buona Scuola, dobbiamo concludere che la scuola italiana è irriformabile? Di più, dobbiamo concludere che le elezioni parziali mettono in stallo il tentativo di rinnovamento che Renzi punta ad esprimere?

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