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Considerazioni sul voto di ieri

Il Senato ha detto “no” all’arresto del senatore Antonio Azzollini. Almeno il 60 per cento dei senatori Dem si è espresso contro l’arresto del senatore del Ncd, con uno strascico di polemiche anche in seno alla segreteria. Vediamo, allora, di ricapitolare.

La votazione della proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di concedere l’autorizzazione all’esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del senatore Antonio Azzollini, ai sensi dell’articolo 68, secondo comma, della Costituzione, è avvenuta a scrutinio segreto, come stabilito dal Regolamento.

L’ufficio di presidenza del gruppo, composto dalle varie anime del partito, ha deciso collegialmente di lasciare liberi i senatori di farsi il proprio “libero convincimento”. E ciascuno di noi ha espresso il voto secondo il proprio convincimento, dopo aver esaminato con attenzione la decisione assunta dalla Giunta delle immunità lo scorso 8 luglio, i documenti disponibili e dopo aver seguito il dibattito che si è svolto in Aula nel corso della mattinata. Messe così le cose, la discussione potrebbe finire qui. Proprio perché il voto è libero e segreto, ognuno è libero di votare come gli pare. Specie se si considera che quando c’è di mezzo la libertà personale (inviolabile, come sancisce la nostra Costituzione), non possono valere posizioni precostituite, pregiudizi, in un senso o nell’altro, o il proprio tornaconto, e bisogna decidere, ogni volta, in base ai dati di fatto (leggere le carte, si sa, male non fa) e secondo coscienza. Anche a costo di dover pagare un prezzo.

Detto questo, non ho difficoltà a dire che sul merito della questione la penso come Pietro Ichino e sono rimasto sconcertato dalla confessione esplicita, nell’impianto accusatorio, della pretesa di mettere sotto controllo l’attività parlamentare. Eppure, non spetta alla Procura decidere come si fanno le leggi e, come recita la Costituzione, “i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.

Riporto di seguito le considerazioni di Pietro Ichino: “La presidenza del Gruppo Pd nei giorni scorsi ha deciso di non dare indicazioni ai senatori, invitando ciascuno di essi a votare secondo coscienza. Per quel che mi riguarda, ho deciso di votare contro l’autorizzazione, per questi motivi: a) il senatore Azzollini è accusato di avere operato come “amministratore occulto” di una Congregazione religiosa, della quale è stata dichiarata due anni fa l’insolvenza; ma di questa accusa ho trovato negli atti giudiziali elementi di prova che definire evanescenti è dire poco; b) il Giudice per le Indagini Preliminari riconosce esplicitamente l’assenza di qualsiasi lucro patrimoniale che l’imputato abbia ottenuto o tentato di ottenere dai comportamenti di cui è accusato; c) l’unico movente del comportamento di cui il senatore Azzollini è imputato, secondo il GIP, è costituito da “interessi di tipo personale e politico, costituendo la Congregazione un bacino di consenso politico-personale di notevole portata”; d) a parte l’aver operato come “amministratore occulto” della Congregazione, di cui non viene offerta alcuna evidenza, l’altro comportamento che viene imputato al senatore Azzollini consiste nell’essersi adoperato in Senato per l’approvazione di esenzioni fiscali delle quali la Congregazione stessa avrebbe beneficiato. Negli altri casi analoghi precedenti, di richiesta dell’autorizzazione all’arresto di un senatore, ho votato per l’autorizzazione, non ravvisando indizi di scorrettezza nell’operato dei giudici. Questa volta invece sono rimasto sconcertato da quella che mi è apparsa come una vera e propria confessione esplicita, nell’impianto accusatorio, della pretesa di mettere sotto controllo l’attività parlamentare. E mi ha molto stupito il fatto che il Tribunale della Libertà abbia convalidato la richiesta del GIP, ricalcandone alla lettera i motivi, senza rilevare l’anomalia di un capo d’accusa che ha per oggetto principale l’attività legislativa di un parlamentare e che indica come movente del preteso delitto il puro e semplice interesse politico-elettorale del parlamentare stesso. Per non dire dell’anomalia dell’arresto come misura cautelare, in una situazione nella quale il rischio di fuga dell’imputato è nullo, la Congregazione insolvente è commissariata, dunque la reiterazione del reato è impossibile, e non si vede come possa temersi un inquinamento di prove – per ora comunque evanescenti – circa l’attività di “amministrazione occulta”, essendo l’amministrazione della Congregazione religiosa attualmente affidata a un commissario”.

Ci sarebbe inoltre un ulteriore aspetto da considerare. La Corte Costituzionale ha chiarito in maniera inequivocabile, nel quadro della necessità costituzionale di tutelare le funzioni parlamentari e salvaguardare l’integrità del plenum, che le esigenze punitive che giustificano l’arresto di un parlamentare devono essere “inderogabili”. In altre parole, l’arresto deve essere indispensabile ai fini dell’indagine. Questo principio, poi, va correlato al requisito, stabilito dalla legge, della “attualità” delle esigenze cautelari. Nel caso di specie non sussistono, come ha chiarito il dibattito che si è svolto in Aula, né l’uno né l’altro dei due requisiti. Non il primo, perché se l’esigenza cautelare fosse stata davvero “inderogabile”, la Procura avrebbe dovuto richiedere la misura della custodia cautelare in carcere e non già la misura più blanda degli arresti domiciliari, che la legge stessa definisce “affievolita” (qualificazione che stride quindi con l’esigenza di inderogabilità). Non il secondo (la “attualità” dell’esigenza), perché i fatti attribuiti al sen. Azzolini non avrebbero potuto più produrre effetti dall’estate del 2013, per stessa ammissione della Procura inquirente. Anche per queste ragioni la richiesta di custodia cautelare appare viziata da quel “fumus persecutionis” la cui esistenza o meno è oggetto del giudizio che, ex art. 68 della Costituzione, deve svolgere il Parlamento. Tutto qua. Ma a me è sembrato abbastanza. Ed anche alla stragrande maggioranza dei senatori Pd. Anche perché, come ha sottolineato il capogruppo Luigi Zanda, “Azzollini sarà processato come qualunque cittadino italiano e sarà la magistratura a decidere sulle sue responsabilità”. È appena il caso di sottolineare, infatti, che il voto blocca l’arresto prima del processo, non il processo. Nel processo ciascuno farà valere le proprie ragioni e, se sarà condannato, finirà in prigione. “Trovo per questo – ha aggiunto Zanda – strumentali, demagogiche e prive di fondamento le accuse del M5S”. Anche le altre di accuse, a dire il vero.

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