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E DEI FIGLI, CHE NE FACCIAMO? L’INTEGRAZIONE DELLE SECONDE GENERAZIONI DI IMMIGRATI

Compiuti da tre giovani musulmani nati in Francia, gli attentati di Parigi del 7 e 9 gennaio 2015 sollecitano una riflessione sull’integrazione degli immigrati e dei loro figli. Qualcosa non va, se tre esponenti delle seconde generazioni (G2) hanno scelto di sferrare un colpo mortale al Vecchio Continente. Qualcosa non va, se oltre tremila foreign fighters europei stanno contribuendo alla barbarie del califfato in Siria e in Iraq. Il libro illustra il percorso delle G2, in bilico tra assimilazione, marginalità sociale e ribellione. Analizza la situazione del nostro paese, in cui le G2 si stanno faticosamente ritagliando un posto. Comprende inoltre un saggio che descrive l’attacco a “Charlie Hebdo” e i delicati temi che ne costituiscono lo sfondo.

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PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MARCO ORIOLES

Venerdì  12 giugno 2015 – ore 17:00

Polo Universitario di Santa Chiara, via Santa Chiara 1, Gorizia

Intervengono:
Alessandro Maran – Senatore della Repubblica
Marco Orioles – sociologo
Antonella Pocecco – sociologa, docente Università di Udine

Modera:
Alex Pessotto – giornalista “Il Piccolo”

A seguire dibattito con gli interventi del pubblico

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«Una victoria que le provocará más de un dolor de cabeza»

Alla fine è finita 5 a 2, con il Pd che conserva la guida della Puglia, delle Marche, della Toscana, dell’Umbria (che è rimasta al centrosinistra dopo uno spoglio altalenante che per un momento ha visto il candidato del centrodestra clamorosamente in vantaggio) e che strappa la Campania al centrodestra. Ma con il centrodestra che si prende la Liguria, confermandosi nel Veneto. (Regionali, finisce 5 a 2|Tutti i datiFotoVideoLiguria a Toti|Renzi: stop corrente organizzataComunali, molte città al ballottaggio|Spoglio).

Secondo gli spagnoli, che le elezioni regionali le hanno appena svolte, Matteo Renzi ottiene una «discreta victoria». (Renzi obtiene una discreta victoria en las regionales italianas). Per diverse ragioni, «se trata de una victoria que le provocará más de un dolor de cabeza», scrive EL PAÍSche, oltretutto, «no llama precisamente al sosiego que necesita Italia para seguir adelante con sus reformas». Per questo, in attesa dei dati ragionati che avremo nelle prossime ore (consiglio una capatina sul sito dell’Istituto Cattaneo: Fondazione di ricerca – Istituto Carlo Cattaneo), rinvio alla «lettera della Bce» di Claudio Cerasa che, nei panni di Mario Draghi, ricorda a Renzi che «a prescindere da quale sarà, per Ella, il risultato delle elezioni… leggi tutto

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UNA CITTA’ IN COMUNE

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E’ iniziata la raccolta firme per la petizione popolare per indire il referendum per la fusione di Monfalcone, Ronchi e Staranzano. Il mio punto di vista:

Il progetto Città Comune ha il merito di riproporre un problema strategico per il buongoverno locale. Tra le riforme possibili, quella davvero annosa, di un accorpamento (naturalmente democratico, graduale, non autoritativo) dei Comuni di Monfalcone, Ronchi e Staranzano, è ormai giunta a maturazione. Del resto, quello di «unire le forze» attraverso l’integrazione tra più città è più sistemi locali, è un progetto al quale in passato avevamo lavorato in molti, senza esito. Ricordo solo l’idea della Città Mandamento e l’impegno dei compianti Adriano Cragnolin e Enzo Novelli. E’ tempo perciò di imboccare con energia una strada che può portare a gestioni più forti e più attente ai bisogni della gente. Non deve essere solo l’esigenza di contenere la spesa a muovere in questa direzione, c’è il dovere di adattare la dimensione istituzionale ai cambiamenti (economici, demografici, regolamentari, ecc.) e di fornire ai cittadini tutti i servizi di cui godono i cittadini delle città più grandi. Uno sbocco che può rappresentare un esempio per tutti e un riferimento per successive integrazioni.

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«All’Expo sarebbe meglio parlare di fame, piuttosto che di cibo», sostiene Amartya Sen

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15 maggio 2015

Questa settimana raccomando anzitutto l’intervista del premio Nobel Amartya Sen sul Corriere della Sera. «All’Expo sarebbe meglio parlare di fame, piuttosto che di cibo» ha detto il professore di Filosofia ed Economia di Harvard. Secondo Amartya Sen, è positivo che la manifestazione milanese metta al centro del discorso l’alimentazione in un mondo sempre più popolato. E sul come farlo ha idee precise, in contrasto con la demonizzazione delle innovazioni in agricoltura. Quando gli chiedono  un giudizio sulle posizioni anti Ogm di Vandana Shiva, la militante indiana che ha un ruolo di rilievo all’Expo non ha esitazioni: «La apprezzo per la sua preoccupazione riguardo al benessere degli altri. Ha ragione nell’invitare a stare attenti quando si aumentano le rese agricole attraverso gli Ogm, perché si possono creare problemi all’ambiente. Ma le conclusioni che ne trae, la sua opposizione alle nuove varietà non sono logiche, conseguenti. A creare problemi non sono le tecnologie ma la cattiva gestione del territorio. Possiamo benissimo combinare le nuove tecnologie con il rispetto della biodiversità. Se non vogliamo chiamarli Ogm, chiamiamoli nuove varietà». E anche in merito al chilometro zero è tranchant: «Dal punto di vista dell’economia, è un concetto che non so da dove venga. Certo, ogni sabato vado al farmer’s market, ci trovo prodotti buonissimi che i contadini portano direttamente. Ma non ho niente contro un buon pane fatto con grano canadese» (Milano Expo, «sì agli Ogm contro la povertà. Si parli di economia e fame» ).

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LEZIONI D’INGLESE

10 maggio 2015

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Dall’Inghilterra (patria del governo parlamentare, dove il capo dello stato ha un valore simbolico, dove non esiste una Corte costituzionale, dove non ci sono referendum abrogativi, dove i magistrati sono funzionari del governo, dove la Camera dei Lords non è, ovviamente, elettiva, dove la democrazia funziona come funziona perché l’opposizione ragiona e si muove con la logica che oggi non si governa ma domani forse sì) vengono almeno due lezioni che non sarebbe male mandare a memoria.

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«Quelque chose a changé. Vraiment». Parola di Le Monde

6 maggio 2015

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«Quelque chose a changé. Vraiment», scrive oggi Le Monde. «Lundi 4 mai, au terme d’une quatrième lecture, les députés ont adopté une nouvelle loi électorale pour les élections législatives, qui mettre fin à une des particularités de la politique péninsulaire: l’instabilité gouvernementale». Infatti, anche El País rimarca: «La aprobación de la reforma electoral en Italia constituye una buena noticia para su impulsor, el primer ministro, Matteo Renzi, para el país transalpino y para toda Europa». Una volta esaurito il lungo elenco di sciocchezze elettorali (fascismo, golpe, dittatura, democratura, ecc.) può darsi che anche da noi si faccia strada quello che, in Europa, è evidente a tutti. Ma se il problema fosse proprio questo, una democrazia che decide?

«L’Italicum – ha detto ieri con sincerità il deputato grillino Danilo Toninelli in un’intervista all’Avvenire – è stato elaborato per distruggerci… Con questa legge, vincere le elezioni sarebbe una missione quasi impossibile… Sono convinto che la maggioranza degli elettori di centrodestra se costretta a scegliere tra Renzi e noi al ballottaggio opterebbe per il primo».

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UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA?

29 aprile 2015

Matteo Renzi ha superato senza troppe difficoltà i primi voti sull’Italicum alla Camera (quelli sulle pregiudiziali di costituzionalità e di merito presentate dalle opposizioni) ed ha deciso di blindare la nuova legge elettorale e di chiedere la fiducia:«Sono passati 14 mesi – ha detto ieri al Tg1 – dall’inizio della discussione di questa legge elettorale. Ora dobbiamo dire sì o no». L’annuncio è stato accolto dalle proteste delle opposizioni. Il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, ha parlato di «fascismo renziano» e citato Mussolini («non consentiremo di trasformare quest’aula in un bivacco di manipoli»). Il richiamo al fascismo è arrivato anche da Beppe Grillo, via Facebook, e secondo il leader di Sel, Nichi Vendola, la fiducia sulla legge elettorale «è un atto di squadrismo elettorale». Intanto, l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, e l’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, hanno annunciato che non voteranno la fiducia.

In una lettera aperta i costituzionalisti Augusto Barbera, Stefano Ceccanti e Francesco Clementi hanno ricordato all’ex-Presidente del Consiglio che i contenuti della riforma elettorale – da lui oggi rifiutata – corrispondono sostanzialmente all’elaborazione programmatica della stessa “Commissione Letta” nel 2013. Letta ha risposto che il dissenso riguarda soltanto il metodo e i tre costituzionalisti hanno replicato che ora azzerare tutto per le bizze di Forza Italia non sarebbe un buon servizio al Paese. Anche perché, come ha chiarito Augusto Barbera sul Mulino, l’Italicum ha più pregi che difetti e, in ogni caso, non è affatto un pericolo per la democrazia (il mio punto di vista: Seduta del 27/01/2015).
Detto questo, trovo che la lettera che ieri un lettore del Foglio ha indirizzato al direttore descriva alla perfezione lo stato d’animo (e l’esasperazione) di quanti le riforme vorrebbero farle. Scrive il lettore:«A differenza di Barbera non sono un costituzionalista, solo uno storico, e tuttavia le allegre, disinvolte (e ormai quotidiane) accuse di dittatura rivolte a riforme che mirano a un sistema elettorale semi-maggioritario, alla riduzione del numero dei partiti o al rafforzamento dell’esecutivo mi stanno riducendo a uno stato di esasperazione. Ormai ho esaurito tutti gli argomenti ragionevoli (la costituzione inglese, la governabilità, la trasparenza…) e mi vengono in mente solo risposte politicamente scorrette, tipo: vi piacerebbe provare una dittatura, una vera, magari solo per un paio di mesi? un’estate di terrore rivoluzionario? un paio di decenni di dispotismo illuminato, giusto per vedere come si sta? Perdoni lo sfogo di un settecentista fuori della grazia di Dio». L’esempio del direttore, Claudio Cerasa, nella sua risposta, chiude la discussione: «Ha ragione. Per non parlare poi del fatto che le opposizioni non perdono occasione per mostrare la loro posizione un filo strumentale. Le faccio un esempio. Nel 2007 venne presentato un referendum per abrogare la vecchia legge elettorale (il Porcellum). Quel referendum (Guzzetta-Segni) prevedeva l’introduzione di una nuova legge elettorale con premio alla lista (e non alla coalizione). Lo stesso premio che oggi viene previsto all’Italicum. Lo sa chi firmò, nel 2007, per quel referendum? Qualche nome per farle capire: Renato Brunetta, Gianni Cuperlo, Ferdinando Imposimato, Daniele Capezzone, Gad Lerner, Michele Ainis. Praticamente, tutto l’arco costituzionale (ed editoriale) che oggi dice che il premio alla lista è un pericolo per la democrazia. Che dire?».
Aggiungo che allora Rosy Bindi criticò duramente Walter Veltroni, in quel tempo segretario del Pd, per non aver firmato il referendum che dava il premio solo alla lista. Sarebbe divertente se qualcuno intervistasse Uolter.
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QUANDO LE PREFERENZE ERANO IL MALE ASSOLUTO…

Preferenze

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LA LETTERA DI BARBERA, CECCANTI E CLEMENTI A ENRICO LETTA

Caro Enrico,

i mezzi di informazione danno oggi risalto a Tue perplessità sull’approvazione dell’Italicum. Non conosciamo le motivazioni politiche di questa Tua posizione, che naturalmente rispettiamo.

Ci teniamo comunque a sottolineare che le linee principali di detta riforma (premio di maggioranza al 40%, ballottaggio fra le due prime liste, liste bloccate corte in alternativa però a possibili voti di preferenza ) riflettono le conclusioni della Commissione dei 35 esperti da Te fortemente voluta e insediata (capitolo V, punti 7 e 8, della Relazione finale , ma anche importante il capitolo IV punto 4), sotto l’efficace regia del Ministro Quagliariello e di Luciano Violante, con il solo dissenso dei colleghi Cheli, Onida, Dogliani, Olivetti. L’unica differenza riguarda i destinatari del premio che la Commissione individuava non solo nella lista più votata ma anche in una possibile coalizione di liste. Siamo sicuri che non sia questo il principale motivo di dissenso avendoti visto fra i firmatari del referendum Guzzetta nel 2007 (svoltosi poi nel 2009) che tendeva a riservare il premio alla lista più votata (e anche Tu avrai sofferto, anche più di tutti noi, visto che svolgevi il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nel vedere all’azione con il governo Prodi II una coalizione che andava da Mastella a Turigliatto). Anche la riforma costituzionale del resto riprende , come sai, nelle grandi linee le conclusioni – sia pure a maggioranza – della Commissione Letta, che anzi erano addirittura più ampie ed incisive.

Conoscendoci reciprocamente da tempo, siamo sicuri che non avrai difficoltà nel consentirci di diffondere questa nostra lettera

Ti salutiamo molto cordialmente

Augusto Barbera, Stefano Ceccanti,Francesco Clementi

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