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UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA?

29 aprile 2015

Matteo Renzi ha superato senza troppe difficoltà i primi voti sull’Italicum alla Camera (quelli sulle pregiudiziali di costituzionalità e di merito presentate dalle opposizioni) ed ha deciso di blindare la nuova legge elettorale e di chiedere la fiducia:«Sono passati 14 mesi – ha detto ieri al Tg1 – dall’inizio della discussione di questa legge elettorale. Ora dobbiamo dire sì o no». L’annuncio è stato accolto dalle proteste delle opposizioni. Il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, ha parlato di «fascismo renziano» e citato Mussolini («non consentiremo di trasformare quest’aula in un bivacco di manipoli»). Il richiamo al fascismo è arrivato anche da Beppe Grillo, via Facebook, e secondo il leader di Sel, Nichi Vendola, la fiducia sulla legge elettorale «è un atto di squadrismo elettorale». Intanto, l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, e l’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, hanno annunciato che non voteranno la fiducia.

In una lettera aperta i costituzionalisti Augusto Barbera, Stefano Ceccanti e Francesco Clementi hanno ricordato all’ex-Presidente del Consiglio che i contenuti della riforma elettorale – da lui oggi rifiutata – corrispondono sostanzialmente all’elaborazione programmatica della stessa “Commissione Letta” nel 2013. Letta ha risposto che il dissenso riguarda soltanto il metodo e i tre costituzionalisti hanno replicato che ora azzerare tutto per le bizze di Forza Italia non sarebbe un buon servizio al Paese. Anche perché, come ha chiarito Augusto Barbera sul Mulino, l’Italicum ha più pregi che difetti e, in ogni caso, non è affatto un pericolo per la democrazia (il mio punto di vista: Seduta del 27/01/2015).
Detto questo, trovo che la lettera che ieri un lettore del Foglio ha indirizzato al direttore descriva alla perfezione lo stato d’animo (e l’esasperazione) di quanti le riforme vorrebbero farle. Scrive il lettore:«A differenza di Barbera non sono un costituzionalista, solo uno storico, e tuttavia le allegre, disinvolte (e ormai quotidiane) accuse di dittatura rivolte a riforme che mirano a un sistema elettorale semi-maggioritario, alla riduzione del numero dei partiti o al rafforzamento dell’esecutivo mi stanno riducendo a uno stato di esasperazione. Ormai ho esaurito tutti gli argomenti ragionevoli (la costituzione inglese, la governabilità, la trasparenza…) e mi vengono in mente solo risposte politicamente scorrette, tipo: vi piacerebbe provare una dittatura, una vera, magari solo per un paio di mesi? un’estate di terrore rivoluzionario? un paio di decenni di dispotismo illuminato, giusto per vedere come si sta? Perdoni lo sfogo di un settecentista fuori della grazia di Dio». L’esempio del direttore, Claudio Cerasa, nella sua risposta, chiude la discussione: «Ha ragione. Per non parlare poi del fatto che le opposizioni non perdono occasione per mostrare la loro posizione un filo strumentale. Le faccio un esempio. Nel 2007 venne presentato un referendum per abrogare la vecchia legge elettorale (il Porcellum). Quel referendum (Guzzetta-Segni) prevedeva l’introduzione di una nuova legge elettorale con premio alla lista (e non alla coalizione). Lo stesso premio che oggi viene previsto all’Italicum. Lo sa chi firmò, nel 2007, per quel referendum? Qualche nome per farle capire: Renato Brunetta, Gianni Cuperlo, Ferdinando Imposimato, Daniele Capezzone, Gad Lerner, Michele Ainis. Praticamente, tutto l’arco costituzionale (ed editoriale) che oggi dice che il premio alla lista è un pericolo per la democrazia. Che dire?».
Aggiungo che allora Rosy Bindi criticò duramente Walter Veltroni, in quel tempo segretario del Pd, per non aver firmato il referendum che dava il premio solo alla lista. Sarebbe divertente se qualcuno intervistasse Uolter.
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