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«Quelque chose a changé. Vraiment». Parola di Le Monde

6 maggio 2015

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«Quelque chose a changé. Vraiment», scrive oggi Le Monde. «Lundi 4 mai, au terme d’une quatrième lecture, les députés ont adopté une nouvelle loi électorale pour les élections législatives, qui mettre fin à une des particularités de la politique péninsulaire: l’instabilité gouvernementale». Infatti, anche El País rimarca: «La aprobación de la reforma electoral en Italia constituye una buena noticia para su impulsor, el primer ministro, Matteo Renzi, para el país transalpino y para toda Europa». Una volta esaurito il lungo elenco di sciocchezze elettorali (fascismo, golpe, dittatura, democratura, ecc.) può darsi che anche da noi si faccia strada quello che, in Europa, è evidente a tutti. Ma se il problema fosse proprio questo, una democrazia che decide?

«L’Italicum – ha detto ieri con sincerità il deputato grillino Danilo Toninelli in un’intervista all’Avvenire – è stato elaborato per distruggerci… Con questa legge, vincere le elezioni sarebbe una missione quasi impossibile… Sono convinto che la maggioranza degli elettori di centrodestra se costretta a scegliere tra Renzi e noi al ballottaggio opterebbe per il primo».

«Involontariamente – spiega oggi Claudio Cerasa – l’onorevole grillino ammette che per vincere le elezioni e governare il paese non è sufficiente rappresentare solo un pezzo di Italia indignata e incazzata ma è necessario – tu guarda – allargare il proprio bacino a elettori anche diversi da quelli tradizionali. In pratica, dice l’onorevole, con questa legge elettorale, purtroppo, chi prenderà più voti avrà la possibilità di governare e chi ne prenderà di meno non avrà la possibilità di condizionare le maggioranze. Uno scandalo senza fine che ovviamente non troverà il consenso dei campioni dell’anti politica abituati a condizionare i governi a colpi di battaglie anti casta e avvisi di garanzia, e costretti ora a confrontarsi con la durezza dei sistemi simil maggioritari. Dove chi ottiene più voti governa. E dove chi non ottiene più voti, e arriva sempre tre, sarà condannato a non contare nulla. E chissà se i grillini si renderanno conto un giorno che quello che chiamano golpe non è che semplice democrazia».

Solo da noi, infatti, si considera pericoloso per la democrazia un governo che nell’arco di un anno riesce a fare una riforma per la quale aveva assunto un preciso impegno programmatico. Lo spiega anche Pietro Ichino: «Partecipo a un seminario internazionale sull’evoluzione delle forme di governo. Per divertimento seguo la traduzione simultanea in inglese dell’intervento di un parlamentare accesamente di sinistra, che denuncia il modo di procedere del Governo italiano sul lavoro, la scuola, le amministrazioni pubbliche, e persino sulla riforma elettorale: sempre “a colpi di maggioranza”. Qui però il traduttore simultaneo si ferma imbarazzato, non sa come tradurre questa espressione, poi se la cava con “through the MPs’ majority vote”, cioè “con il voto della maggioranza dei parlamentari”. Già, ma detto così non fa nessuna impressione. Il fatto è che gli anglosassoni non hanno un’espressione per tradurre “a colpi di maggioranza”: per loro non c’è nulla di strano nel fatto che il Governo faccia le riforme con il voto della maggioranza parlamentare che lo sostiene». Non è per questo che si va a votare, per scegliere una maggioranza, un programma e un governo?

La legge (col ballottaggio sul modello dei sindaci, premio di maggioranza e governabilità per chi arriva primo) stavolta potrebbe funzionare davvero. Naturalmente, a condizione che si riformi il Senato. E chissà che alla fine non emergano davvero due grandi partiti che si contendono il paese. Poi chi vince governa. E dovrà vedersela con i No Tav, i No Expo, i No all’abrogazione dell’articolo 18, i No al cambiamento di mansione, di sede, di incarico. In fondo, come dimostrano i cortei contro la riforma della scuola e le proteste contro la riforma pubblica amministrazione e la responsabilità civile dei giudici, l’autotutela dei garantiti non si può toccare. Fateci caso, il bersaglio di chi protesta sembra uno in particolare: ottenere che nessuno li possa giudicare. Altro che «svolta autoritaria».

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