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Il 4 dicembre non si cancella (purtroppo) con una riforma elettorale

«Il 4 dicembre non lo possiamo cancellare con una riforma elettorale». Così Stefano Ceccanti conclude l’articolo con il quale oggi ci spiega cos’è e come funziona il Rosatellum e come stanno le cose in materia di riforma elettorale (Ecco cos’è il Rosatellum – In Cammino).

«Se si volevano evitare le coalizioni post-elettorali – scrive Ceccanti – bisognava puntare al successo del Sì al referendum e, a quel punto, confidare ragionevolmente in una sentenza della Corte favorevole al ballottaggio dell’Italicum. Siamo precipitati in un contesto diverso da cui è improbabile che si possa uscire con le prossime elezioni sia che si faccia la riforma elettorale (col testo-base, col tedesco o con qualcos’altro) sia che non si faccia (cosa che resta per ora lo scenario ancora più probabile). Visto che non si possono rimettere le lancette all’indietro e che quindi lo schema bocciato non si può resuscitare, prendiamoci intanto i piccoli miglioramenti, se sono possibili, e vediamo se nella prossima legislatura è possibile importare per intero il sistema francese (semi-presidenzialismo e, a seguire, doppio turno di collegio). Se ciò non fosse possibile prendiamo atto che a livello nazionale saranno forse inevitabili non solo a breve coalizioni post-elettorali, sperando che esse siano in grado di tenerci dentro l’Unione europea e non composte da coloro che vogliono uscirne».

Non per caso, Claudio Cerasa oggi torna sul punto politico: «sia per il centrodestra sia per il centrosinistra, il modello Merkel è diventato l’unico modello possibile per vincere le elezioni e provare governare. Una sinistra che ha la forza di dialogare con la destra è una sinistra matura che accetta la sfida di governo. Una sinistra che non ha la forza di dialogare con la destra è una sinistra immatura che non accetta la sfida di governo. Prima ancora dei sistemi elettorali, il vero modello tedesco a cui ispirarsi è questo, e la Right Left, oggi, conta infinitamente di più di una soglia di sbarramento o di un qualsiasi premio di maggioranza» (The Wrong Left).

Segnalo anche il pezzo con il quale Massimo Bordin si è soffermato sulla «linea ambiziosamente elaborata dal Mdp di D’Alema, Bersani e Speranza nel convegno tenuto a Milano nel fine settimana».

«Vogliono un centrosinistra – scrive Bordin – in cui loro rappresentino la sinistra e il Pd, partito aderente al Pse, il centro. Hanno anche aggiunto che non accetteranno atteggiamenti egemonici da parte del Pd, quotato nei sondaggi intorno al 30 per cento, pur se dotati di un consenso elettorale attualmente stimato al 3 per cento circa. Infine hanno messo in chiaro che una loro alleanza col Pd è possibile solo se a guidare i democratici non sia Matteo Renzi, recentemente rieletto segretario del partito con circa il 70 per cento dei voti». Ovviamente, «è comprensibile che l’ospite d’onore, il malcapitato Giuliano Pisapia, abbia molto faticato a imbarcarsi in questa avventura, concedendo nulla di più di un nuovo appuntamento per costruire una “officina politica”, guardandosi bene dal definire liste elettorali» (Le richieste ambiziose degli scissionisti Pd – Il Foglio)

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