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Il Piccolo, 23 settembre 2015 – Maran “allarga” i confini della città metropolitana

Il deputato Pd: «Va costruito uno spazio ampio con almeno un milione di abitanti sul modello del network amministrativo sperimentato a Rotterdam e Lione»

di Marco Ballico

TRIESTE – «L’area metropolitana? Solo in uno spazio ampio, di almeno un milione di abitanti». Alessandro Maran interviene nel dibattito sul riassetto istituzionale del Friuli Venezia Giulia allargando i confini. Secondo il vicepresidente dei deputati Pd non può bastare accorpare Trieste a una parte della provincia di Gorizia. In uno scenario mondiale «serve una scala adeguata».

Le diverse posizioni sulla città metropolitana sono figlie di una riforma degli enti locali che non è andata fino in fondo?

Le città stanno mutando funzioni, posizione e funzionamento interno in tutta Europa. È normale che se ne parli. Assistiamo alla scomposizione delle vecchie forme e alla ricostruzione di nuovi assetti. Contrariamente al passato oggi le aziende stanno “provvisoriamente” su un territorio e diventano sempre più elementi mobili che “contrattano” con il territorio. Ciò significa che la regione nel suo complesso deve essere capace di competere con altri territori per attrarre e trattenere le imprese.

Come riuscirci?

Un territorio, se non agisce su una certa scala, non è più in grado di dotarsi delle risorse rare che riguardano ricerca, università, sanità, servizi, terziario avanzato. Si deve dunque costruire uno “spazio metropolitano”, cioè un unico bacino di domanda e offerta per questo tipo di servizi: uno spazio di un milione o due milioni di abitanti paragonabile a quello delle grandi città del mondo che offrono risorse rare a un bacino ampio di potenziali utilizzatori.

Quindi, per Trieste, area e non città metropolitana?

In riferimento al milione di abitanti si deve gravitare attorno ad un unico “spazio metropolitano”. Qui sta il punto. Lo ha spiegato il professor Enzo Rullani ipotizzando due strade diverse: tutta la regione attorno ad un “unico” spazio metropolitano” oppure Trieste ed il Friuli possono creare due sperimentazioni differenti. Ma, per il Friuli, ciò significa creare questo spazio con il Veneto, con cui ha tante attività in comune e, per Trieste creare uno spazio del genere verso la Mitteleuropa.

È più facile imboccare due strade diverse?

Non mi pare. Come testimonia la vicenda della cittadella sanitaria transfrontaliera a Gorizia. In ogni caso bisognerebbe sperimentare. Evitando di indossare una “camicia di forza” giuridico-formale. Certo, c’è chi agita ancora la bandiera dell’autonomia separata tra Trieste e il Friuli, in ragione del riconoscimento del Friuli inteso come “Stateless nation”, come se il problema fosse davvero quello di separare i territori e non invece di individuare le istituzioni della cooperazione tra gli enti. Ma è un’idea sbagliata. Come ci dicono gli esperimenti in corso in Europa: a Rotterdam un network amministrativo che include anche altre municipalità è stato tentato per definire la “Città-regione”; a Lione si è costituita una regione urbana con le città vicine.

Quali i vantaggi in Fvg? E per chi?

L’integrazione tra più città e sistemi locali permette di sostenere costi e rischi necessari a sviluppare i servizi di qualità necessari alla produzione e a una vita sociale ricca e solidale.

Come risolvere il nodo della frammentazione del resto del territorio, con tutte le sue municipalità?

L’80% dei nostri Comuni ha meno di 5mila abitanti e nessun problema mediamente complesso può essere risolto attraverso decisioni, e risorse, così parcellizzate. Un sistema molto frammentato come il nostro si deve organizzare in due direzioni: l’apertura ai circuiti globali, cioè al mondo, e l’integrazione tra più sistemi locali. In Germania i Comuni erano addirittura 24.476 e ogni Land ha usato le ricette più convenienti per gli accorpamenti. Nel Canton Ticino 45 comuni si sono uniti in 15 nuove aggregazioni. In Danimarca hanno ridotto i Comuni da 1.388 a 275, in Belgio da oltre 2.500 a meno di 600, in Inghilterra da 1.830 a 486. Quello delle cento città è un mito antico della politica italiana, ma questa deve rinnovare le sue parole d’ordine se vuole affrontare le sfide del futuro.

Ce la può fare la Regione?

Non è facile. Ma quello della riorganizzazione della rete comunale è un compito storico, per il quale in Fvg si deve lavorare con la stessa solerte attenzione dei Länder tedeschi.

Come valuta limpegno del collega Russo di tenere aperta la partita?

Perseverare non è diabolico: è umano. Diabolico è arrendersi, rinunciare a impegnarsi.

È una politica allaltezza del cambiamento quella di oggi? Sergio Cecotti ci crede poco.

Il mondo delle democrazie occidentali non è il migliore dei mondi possibili, si sa. Ma resta il migliore di tutti i mondi politici di cui siamo a conoscenza. Sono ottimista.

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