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«Non si può essere timidamente europeisti, altrimenti abbiamo già perso»

«On ne peut pas être timidement européen, sinon on a déjà perdu». Lo ha detto Emmanuel Macron venerdì scorso in un’intervista a Libération: «Non si può essere timidamente europeisti, altrimenti abbiamo già perso». Per quei leader politici che non si riconoscono nella retorica sfascista dei movimenti populisti, è la prima cosa da fare. Ne scrive oggi Claudio Cerasa, che prova a sintetizzare il tutto in parole semplici: «i paesi dell’Europa (e non solo) crescono quando intensificano la produttività del lavoro, sfruttano le leve dell’export, scommettono sulla globalizzazione. I movimenti anti sistema scommettono su un modello contrario e dicono esplicitamente che la produttività non è un problema, che l’apertura dei mercati è il male della nostra epoca, che il protezionismo è il futuro». Per smontarli, bisogna partire da qui, da quello che il direttore del Foglio chiama il «cialtronismo anti sviluppista dell’agenda economica dei nuovi populisti».

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La campagna elettorale è la parte facile

L’Obamacare (Affordable Care Act) resta in vigore.

Il New York Times ha osservato in modo perfido: “For Mr. Trump, it is a rather brutal reminder that campaigning is the easy part”.

Il presidente americano, nelle scorse settimane, aveva già lamentato candidamente, scoprendo con incredulità qualcosa che dovrebbe essere chiaro a tutti, l’incredibile complessità della questione. “Now, I have to tell you, it’s an unbelievably complex subject,” aveva detto. “Nobody knew health care could be so complicated”. Fatto sta che il Ryancare, la nuova riforma della sanità che prende il nome dallo speaker della Camera, non ha i voti sufficienti tra i repubblicani. La cosa non deve sorprendere. In un articolo del gennaio scorso scrivevo che molti elementi dell’eredità di Obama saranno difficili o impossibili da cambiare in maniera permanente; e a proposito di Obamacare, che “Trump dovrà fare i conti con una logica politica molto semplice: è facile ostacolare l’introduzione di nuovi benefici, ma è molto difficile cancellare quelli che ci sono già”.

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Terrorismo: un problema da risolvere uniti – italiaincammino.it, 24 marzo 2017

Dopo l’attentato del 2005 a Londra che ha ucciso 52 pendolari e ne ha feriti altri centinaia, il primo ministro inglese Tony Blair ha rilasciato un dichiarazione dal suo ufficio al numero 10 di Dowing Street nella quale ha reso omaggio a due qualità molto specifiche dei Londoners, «lo stoicismo e la resilienza»,  garantendo che i cittadini «resteranno fedeli allo stile di vita inglese».

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IL POPULISMO IN OLANDA HA DAVVERO PERSO LE ELEZIONI? – stradeonline.it, 24 marzo 2017

‘In tempi normali – ha scritto lo storico olandese Ian Buruma sul New York Times pochi giorni prima del voto – in pochissimi fuori dall’Olanda avrebbero prestato attenzione alle elezioni parlamentari olandesi. In tempi normali, anche quei pochi si sarebbero aspettati un altro solido governo centrista formato da una coalizione di partiti (di solito comprendente i cristiano-democratici o i social-democratici, o i conservatori orientati al business) guidati da dirigenti politici seri. Insomma, la politica olandese era noiosa e perbene. Ma questi non sono tempi normali’.

Infatti, se diamo retta ai media internazionali, la settimana scorsa l’eroico popolo olandese ha sconfitto il populismo, respingendo il tentativo del Partito per la Libertà (PVV) del “Trump olandese”, Geert Wilders, di diventare il partito di maggioranza relativa. Se la battuta d’arresto sia poi solo un fenomeno olandese (circoscritto) o se invece il populismo, più in generale, abbia raggiunto il suo apice, resta oggetto di speculazione e di ogni sorta di congettura, specie in vista delle prossime elezioni presidenziali francesi.

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LA SINISTRA TRADIZIONALE E IL JOBS ACT – Messaggero Veneto, 24 marzo 2017

 

La scorsa settimana in un articolo pubblicato sul sito InCammino2017.it,Pietro Ichino ha ricordato come stanno le cose: “Con troppo ritardo, ma finalmente l’assegno di ricollocazione decolla: sono partite le prime 20.000 lettere dell’ANPAL ad altrettanti disoccupati di tutta Italia, i quali potranno ora scegliere l’agenzia da cui farsi assistere nella ricerca di una nuova occupazione. Questa verrà retribuita, con l’assegno appunto, in misura proporzionale alla difficoltà della ricollocazione nel caso singolo (da 1000 a 5000 euro nel caso di assunzione a tempo indeterminato), ma solo a risultato ottenuto. Una piccola rivoluzione culturale nel mondo dei servizi pubblici: ciò che viene retribuito con il denaro pubblico non è l’attività svolta per lo svolgimento del servizio, ma il conseguimento del risultato; poco importa se a ottenerlo è una struttura pubblica o privata. Proprio questa novità – sconvolgente per le vecchie strutture amministrative – aveva innescato una fortissima opposizione contro il progetto dell’assegno di ricollocazione, sia da una parte del movimento sindacale, sia da una parte degli apparati amministrativi statali e regionali. È a causa di quella opposizione che la sperimentazione del nuovo metodo decolla con tre anni di ritardo rispetto alla prima norma che la aveva prevista, già due anni prima del Jobs Act”. Per questo, come direbbe Federico Caffè, «il riformista avverte con maggiore malinconia le reprimende di chi gli rimprovera l’incapacità di fuoriuscire dal ‘sistema’».

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Danzando nella pioggia

Un senso di smarrimento, si sa, accomuna l’Occidente scontento. In Europa e in Nord America, la gente ha la sensazione che il mondo stia rotolando inesorabilmente lungo una brutta china, ma non riesce a capire perché. Non c’è nessuna «narrazione». Da qui il fascino di leader che «dicono le cose come stanno» e identificano comodi capri espiatori, come gli immigrati oppure l’Unione europea. Ma quel che la maggior parte della gente vorrebbe è un’onesta spiegazione. Come con i pazienti sul lettino dello psicanalista, il primo passo è quello di capire cos’è che sta andando per il verso sbagliato. Poi si può decidere la terapia.

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La politica del giusto-messaggio-da-dare si sostituisce alla politica delle-giuste-cose-da-fare?

«Il più grande regalo al nulla grillino è sostituire la “politica delle giuste cose da fare” con la politica del “giusto messaggio da dare”». Lo scrive Claudio Cerasa nel suo «appello per evitare un disastro possibile»: «il problema è che oggi – oggi che i partiti moderati a vocazione europea mostrano viceversa di avere buoni anticorpi per difendersi dall’onda dei movimenti anti sistema – in Italia molti importanti politici sembra che abbiano deciso di conquistare i voti della parte indignata del paese più con la logica del grillismo che con la logica del riformismo. Come ha scritto ieri su Facebook il nostro geniale amico Guido Vitiello, “la lungimirante strategia di tentare di ammansire le belve pascendole con una libbra di carne al giorno ha dato risultati eccellenti: una magistratura i cui poteri sono incompatibili con qualunque assetto democratico e un partito di parafascisti intorno al 30 per cento. Però continuano così”. Prendetelo come un piccolo appello: fate presto, non fate Grillo».

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IL VOTO SU MINZOLINI

Il gruppo del Pd ha dato libertà di coscienza ai suoi senatori. E Pietro Ichino ha spiegato ieri le ragioni del voto di molti di noi che, a rischio di impopolarità, non hanno votato per la decadenza perché convinti che ci fosse un fumus persecutionis (leggi l’editoriale telegrafico con cui Ichino ha motivato il suo voto).

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CON RENZI ROTTAMIAMO I TABÙ ITALIANI – Messaggero Veneto, 12 marzo 2017

Si è detto che chi lascia il Pd lo fa per salvarsi il posto e che D’Alema vuole vendicarsi di Renzi perché non è diventato commissario europeo, ma non é vero. Anche «personalizzare» su Renzi (se dovesse perdere, allora rientrano tutti) non è che un pretesto.

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PRIMAVERA 2017: L’EUROPA AL BIVIO – Convegno – 15 Marzo 2017, ore 18.30, via Angelo Brunetti, Roma

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