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CREDERE DISOBBEDIRE COMBATTERE. Presentazione del libro di Marco Cappato a Turriaco (GO). Sabato 3 febbraio, ore 17, sala consiliare.

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“Perché la ricerca del consenso a ogni costo nuoce gravemente alla politica” – Il Foglio, 23 gennaio 2018

I candidati ai blocchi di partenza della campagna elettorale dovrebbero rileggere John F. Kennedy e ricordare che il coraggio è parte integrante della vita pubblica

di Alessandro Maran

 

La campagna elettorale è cominciata. È arrivato, insomma, quel momento nella vita pubblica in cui, per dirla con il senatore Ashurst dell’Arizona, un uomo “è chiamato ad alzarsi al di sopra dei suoi princìpi”. Procurarsi voti è, d’altra parte, “una questione puramente pratica”, in cui – è la tesi di Frank Kent – non devono entrare scrupoli morali su cosa è giusto o sbagliato: “La cosa più importante non è essere dalla parte giusta ma da quella più popolare, senza guardare alle proprie convinzioni o ai fatti”.

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La Germania verso la Grande Coalizione

Ieri i socialdemocratici hanno votato a favore dell’avvio del negoziato formale per formare una coalizione con il campo conservatore. Di conseguenza, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha evitato (almeno per ora) una catastrofe politica e ha fatto un piccolo passo avanti in direzione della formazione di un nuovo governo.

Quest’ultimo episodio della tormentata saga tedesca all’insegna dell’incertezza politica, ha alimentato la (cauta) speranza che una nuovo governo si possa insediare entro Pasqua. Ma rimane un’incognita: la base socialdemocratica (messa in agitazione dal fatto che le larghe intese con Angela Merkel hanno condotto il partito al peggior risultato elettorale da ottant’anni a questa parte) deve approvare l’accordo finale. Ieri lo scarto tra i favorevoli e i contrari all’intesa (il mandato a trattare è stato sostenuto dal 56% dei delegati) è stato minimo. Non per caso, lo striscione rosso di un militante all’esterno della sala del congresso (che si è tenuto a Bonn), ammoniva: «La battaglia non è finita».

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«Lascio il Senato senza rimpianti» – Messaggero Veneto, 16 gennaio 2018

di Mattia Pertoldi

 

Udine – Alessandro Maran, il prossimo 4 marzo, terminerà ufficialmente la sua avventura come parlamentare. Il senatore dem non sarà, infatti, inserito nelle liste del Pd alle prossime elezioni. Lascerà palazzo Madama «ma non la politica, se mi vorranno» e lo fa, assicura, «senza rimpianti».

Senatore come mai non si ricandiderà?

«Mi rifaccio alle parole di un antico proverbio buddista che sostiene come, nella vita, alla fine contino soltanto tre cose: quanto hai amato, come gentilmente hai vissuto e con quanta grazia hai lasciato andare cose non destinate a te».

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«W LE LARGHE INTESE» – Il Foglio, 10 gennaio 2018

Eric J. Hobsbawm ha coniato la definizione di «Lungo Ottocento» («Long 19th Century») per il periodo che si è esteso – almeno sul piano della storiografia – tra l’anno 1789 e l’anno 1914. Analogamente, la «lunga legislatura» che sta per concludersi ha inizio idealmente nell’estate in cui gli italiani scoprirono l’esistenza dello spread. Quel che accadde allora è tutto nelle cronache dei giornali dell’epoca: dall’esplosione della crisi del debito al rischio di declassamento dell’Italia, dalla celebre lettera della Ue che impose al Paese la cura da cavallo anticrisi al precipitare della situazione, culminato con le dimissioni del Cavaliere e la nascita del governo Monti (che ottenne, giova ricordare, la fiducia al Senato il 17 novembre 2011 con 281 favorevoli, 25 contrari e nessun astenuto; e alla Camera il 18 novembre 2011 con 556 voti favorevoli, 61 contrari e nessun astenuto). È da allora che l’Italia vive di «larghe intese», palesi o nascoste. Infatti, il vero cambiamento che ha contraddistinto la politica Italiana nel periodo che va dalla nascita del governo Monti ai nostri giorni è proprio il passaggio dai governi di coalizione tra partiti che hanno un simile orientamento ideologico alle «larghe intese».

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Easternisation: lo spostamento di potere e ricchezza verso l’Asia

Visto che la competizione a distanza tra Kim Jong-un e Donald Trump quest’anno sembra concentrarsi sulle dimensioni dei bottoni nucleari, segnalo un libro di Gideon Rachman, da dieci anni capo dei commentatori di politica estera del Financial Times, che ha messo in copertina il pulsante rosso che (simbolicamente) lancia le armi atomiche. Si intitola “Easternisation” (Orientalizzazione). Che io sappia il libro non è tradotto in italiano, ma merita un piccolo sforzo (“Easternisation, War and Peace in the Asian Century” by Gideon Rachman – Penguin Books).

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La sfida tra europeisti e sovranisti del prossimo 4 marzo

“Che relazione c’è tra le elezioni italiane del prossimo 4 marzo e l’accordo franco-tedesco che verrà celebrato il prossimo 22 gennaio in occasione del 55esimo anniversario del Trattato dell’Eliseo? Nessuna, secondo l’opinione della maggioranza degli osservatori e dei politici italiani (…) Eppure, tra le nostre elezioni e l’accordo franco-tedesco, la relazione c’è ed è strettissima. Una relazione da cui dipende il futuro dell’Italia”. In parole povere, se la coalizione “indipendentista” avrà la maggioranza, questo significherà allora l’inevitabile auto-esclusione dell’Italia dal progetto (oggi perseguito con determinazione da Francia e Germania) di rafforzare e democratizzare l’Eurozona. Lo ha spiegato Sergio Fabbrini sul Sole 24 Ore:  (Il 4 marzo la grande sfida tra europeisti e sovranisti – Il Sole 24 ORE).

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È vero che l’Italia é uno dei paesi più corrotti al mondo?

Che l’Italia sia uno dei Paesi più corrotti al mondo viene ormai dato per certo, non può essere messo in discussione. Ma, ovviamente, le cose non stanno così, come rivela il recentissimo Rapporto Eurobarometro sulla corruzione. E come ha constatato Piergiorgio Corbetta in un recente articolo sul Mulino («Siamo un Paese corrotto?»), c’è uno scarto assai significativo tra corruzione percepita e corruzione reale: gli italiani si autorappresentano come corrotti pur essendo invece nella media europea quanto ad esperienza diretta di fenomeni corruttivi (La rivista il Mulino: Siamo un Paese corrotto? ).

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Per l’umanità è stato l’anno migliore di sempre

È difficile da credersi in un paese come il nostro in cui c’è una vera e propria “industria dell’allarmismo” che campa sull’idea che il paese sia allo sfascio, che si stava meglio quando si stava peggio, che tutto va male e che bisogna cambiare tutto (insomma, l’armamentario di tutti i populismi), ma il 2017 è stato davvero, di nuovo, se si considera il benessere complessivo dell’umanità, il migliore anno della storia. Le persone non sono mai vissute così a lungo, così bene e così liberamente. E Charles Kenny, autore di “Getting Better”, un libro che fornisce compendio sintetico del benessere globale, si augura che nel 2018 si riesca a sconfiggere definitivamente la polio e la Guinea Worm Disease (Dracunculiasi); a superare la carestia nel South Sudan; a proseguire nei progressi nella lotta alla malaria e all’HIV. C’è da augurarselo. Così Nicholas Kristof concludeva questo vecchio articolo: “Remember:The most important thing happening is not a Trump tweet. What’s infinitely more important is that today some 18,000 children who in the past would have died of simple diseases will survive, about 300,000 people will gain electricity and a cool 250,000 will graduate from extreme poverty” (Why 2017 May Be the Best Year Ever – The New York Time).

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Felice anno nuovo!

“Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta”, ha detto ieri sera il presidente Mattarella nel suo messaggio di fine anno. “Questo mi induce  – ha proseguito il presidente della Repubblica – a condividere con voi una riflessione. Nell’anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto. In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora – i ragazzi del ’99 – vennero mandati in guerra, nelle trincee. Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica. Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa.Non avviene lo stesso in tanti luoghi del mondo”. Felice anno nuovo!

Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – Quirinale

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