Quello che Anna Sauerbrey, sul New York Times, ha definito “il più assurdo ‘mic drop’ nella storia della Germania”, non è che un altro esempio del “pericoloso assolutismo politico”, l’atteggiamento cioè di chi vuole imporre la propria volontà “immacolata” senza accettare opposizioni, che sta travolgendo le democrazie del mondo.
In un certo senso, la Germania sta diventando un po’ più normale. Del resto, la polarizzazione del sistema politico, lo scontro permanete, non sono un’esclusiva dell’Italia (la hyper-partisanship, si sa, ha paralizzato Washington e polarizzato l’America) e sono anche il prodotto di forze profonde (economiche, sociali, tecnologiche) che stanno rimodellando le nostre società. E sarebbe sbagliato forzare l’interpretazione di quel che è successo. La Repubblica federale tedesca non è Weimar e resta uno dei sistemi politici più stabili del mondo. Angela Merkel è più debole ma è ancora in sella e la Germania è ancora molto lontana dalle cose che vediamo intorno a noi. Niente a che vedere, per capirci, con Trump o con la Brexit. Ci potrà essere una fase di sbandamento, ma alla fine qualcuno disposto ad accogliere l’appello del presidente Frank-Walter Steinmeier a “riconsiderare il proprio atteggiamento” si troverà, altrimenti ci saranno nuove elezioni che potrebbero rimescolare le carte. In fondo, Alternative für Deutschland (AfD), che ha ottenuto il 12,6% dei voti a settembre, potrebbe aver sfruttato al massimo le sue potenzialità elettorali.