Alla presentazione del libro di Xi Jinping, “Governare la Cina”, nella splendida cornice offerta dalla sala Zuccari a Palazzo Giustiniani.
Guarda qui il video integrale dell’incontro.
Alla presentazione del libro di Xi Jinping, “Governare la Cina”, nella splendida cornice offerta dalla sala Zuccari a Palazzo Giustiniani.
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La superpotenza cinese è ormai una realtà. E più di qualcuno comincia a chiedersi se l’incapacità dell’America di cogliere quella che, appunto, è una realtà, possa addirittura condurre gli Stati Uniti e la Cina alla guerra.
Due libri, che raccomando, ci mettono sull’avviso rispetto a questa (seria) possibilità.
Il primo, “Everything Under the Heavens. How the Past Helps Shape China’s Push for Global Power” di Howard W. French, lo fa attraverso uno studio storico e culturale approfondito sul significato dell’ascesa della Cina dal punto di vista dei cinesi.
Il secondo, “Destined for War: Can American and China Escape Thucydides’s Trap?” di Graham Allison, affronta la questione passando in rassegna una serie di casi storici che illustrano l’impulso e gli incentivi che possono portare al confronto militare quando una potenza in ascesa sfida una potenza dominante.
Mercoledì 20 settembre presenteremo, a Palazzo Giustiniani a Roma, il libro intitolato “Governare la Cina” che raccoglie i più importanti interventi del segretario generale del Partito comunista cinese, Xi Jinping.
Il volume riunisce discorsi, interviste, articoli, nei quali Jinping, la carica più alta all’interno del partito e dello stato, illustra le nuove idee e i nuovi punti di vista, le tesi e le nuove strategie con le quali il nuovo gruppo dirigente centrale del Pcc si propone di governare il paese.
Leggo che, com’è naturale, il gruppo dirigente regionale del Pd sta ragionando sul da farsi, ma bisogna partire da un punto fermo: c’è l’elezione diretta del presidente. Il che implica alcune cose. Prima della riforma del ’93, nei Comuni e dell’elezione diretta del presidente in Regione, il mandato amministrativo rappresentava una sorta di intermezzo tra una crisi e un’altra. Oggi i cittadini scelgono col voto un leader e la sua maggioranza. Abbiamo dato, per così dire, «un volto alla democrazia». Il presidente è dunque la figura su cui si concentra la responsabilità politica. E, di norma, si ricandida.
In questi giorni, la battaglia sullo status della Catalogna ha subito un’accelerazione impressionante.
I legislatori catalani hanno deciso di andare avanti con il referendum del 1 ottobre sulla separazione dalla Spagna. La Corte costituzionale spagnola ha sospeso la consultazione con un provvedimento d’urgenza e i politici catalani hanno detto che procederanno comunque.
In Italia (come dappertutto e non da oggi) ci sono due sinistre, una riformista (e probabilmente minoritaria), l’altra passatista (e probabilmente maggioritaria), si sa. Anzi, per usare la bella espressione di Loris Zanatta “hay diferentes tipos de izquierdas: la hay reformista y redentiva”. Non per caso, oggi Gianfranco Carbone osserva: “Lo scontro fra Minniti e la sinistra antagonista mi ricordano la contrapposizione fra gli spatachisti e il ministro socialdemocratico Noske nella Repubblica di Weimar”.
Matteo Renzi durante la presentazione del suo libro “Avanti” ieri a Sistiana. Lo intervista il direttore del Piccolo, Enzo D’Antona.
Il 24 settembre, tra meno di un mese, si voterà in Germania. Un pò perché siamo ancora in balia di quella che gli inglesi chiamano la «silly season» (il periodo dell’anno in cui il parlamento non è in seduta, durante il quale i giornali pubblicano solo notizie frivole e di scarsa importanza), un pò perché il risultato del voto del 24 settembre sembra essere scontato, fatto sta che in molti (nonostante nelle ultime settimane in Germania i manifesti elettorali siano spuntati numerosi) sembrano essersene dimenticati.
Sul trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) è in atto una gigantesca campagna di falsificazione. Il punto al centro delle contestazioni è il settore agroalimentare, con obiezioni surreali e spesso completamente false (invasioni di multinazionali, pesticidi, carne agli ormoni e Ogm, eccetera). Non è vero, ad esempio, che l’accordo potrebbe consentire la vendita in Italia di prodotti alterati con sostanze chimiche proibite da tempo nell’Unione europea: il testo non incide sulle restrizioni vigenti in Europa, in particolare sulla carne agli ormoni o sugli Ogm, e tali divieti, continueranno ad essere in vigore. Eppure, gli elementi positivi per il nostro settore agroalimentare sono tanti (non per caso Confagricoltura e i Consorzi degli Igp si sono espressi a favore) e il Ceta apre grandissime opportunità, finora precluse, proprio ai prodotti di qualità del made in Italy. Vengono abbattuti, ad esempio, i dazi (fino a 7 centesimi al litro) sul vino, che da solo vale 300 milioni di euro, la principale voce dell’export agroalimentare. Ma ci sono novità importanti anche sul fronte della tutela delle indicazioni geografiche. I detrattori del Ceta sostengono che non vengono tutelati i prodotti tipici, ma non è vero. Anzi, l’assenza di ogni tutela è la condizione attuale, mentre il Ceta, al contrario, riconosce 143 certificazioni tipiche europee, di cui 41 italiane. Certo, non sono tutte, e quelle che rimangono fuori potrebbero essere teoricamente imitate.