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L’Europa di Macron e il Rosatellum

Ieri Repubblica ha riproposto l’appello di Jürgen Habermas apparso nei giorni scorsi su Der Spiegel (Emmanuel Macron, sostiene il filosofo, rappresenta un’opportunità per l’Europa che il prossimo governo tedesco farebbe bene a cogliere) e oggi sull’argomento ritorna Eugenio Scalfari. (Macron l’europeista e la saggezza perduta della sinistra – Repubblica.it).

Anche Matteo Renzi nell’intervista di ieri su Le Monde ha detto di sostenere le proposte del presidente francese e ha sottolineato che “le discours du président Macron à la Sorbonne est un tournant important pour l’Europe”. Sarà anche il punto di partenza del convegno di Libertà Eguale che si terrà come al solito a Orvieto il 2 e 3 dicembre prossimi : “Italia ed Europa nella globalizzazione: i riformisti per costruire una nuova sovranità”. (Matteo Renzi : « Le leadership de Macron est très important pour l’Europe » – Le Monde – Jürgen Habermas on the European Vision of Emmanuel Macron – SPIEGEL ONLINE).

Dopo il voto del Senato, il Rosatellum è legge. Resta una legge che non può dare governabilità intesa come esito diretto e immediato dalle elezioni. Un sostegno davvero efficace alla governabilità e l’investitura diretta di leader e programma governo ce li siamo giocati col referendum e gli interventi della Corte costituzionale. Ma è una legge del Parlamento (voluta addirittura da due terzi dei parlamentari), rimedia ai pasticci vigenti (migliora non di poco le formule elettorali lasciateci dalla Corte costituzionale dopo i suoi improvvidi interventi) e omogeneizza i due sistemi per Camera e Senato.

Claudio Cerasa ha ricordato il punto politico: “Repubblica ha ragione a segnalare il rischio di una campagna elettorale che potrebbe concludersi con una vittoria di nessuno e con una conseguente coalizione non naturale tra forze politiche in teoria distanti tra loro (per avere una piena governabilità sarebbe stato utile approvare una certa riforma costituzionale che avrebbe reso possibile l’utilizzo di una certa riforma elettorale con un certo doppio turno e un certo ballottaggio, ma il 4 dicembre Repubblica, come molti altri giornali, deve essersi distratta). Come molti altri, il quotidiano diretto da Mario Calabresi dimentica di ricordare che il vero problema di questa legge elettorale è che rende possibili le coalizioni innaturali anche prima delle elezioni e non solo dopo le elezioni. Se vogliamo dire la verità o vogliamo evitare di passeggiare tra i palazzi della politica con l’anellino al naso bisogna dire che se c’è qualcosa di poco naturale in questa campagna elettorale sono prima di tutto le coalizioni che si formeranno da qui alle prossime elezioni. Non è naturale che Renzi e Berlusconi possano trovarsi a discutere sullo stesso tavolo per mettere insieme il prossimo governo ma non è naturale neppure che Berlusconi prometta di essere l’argine al populismo alleandosi con Salvini, così come non è naturale che Renzi prometta di essere l’argine al conservatorismo di sinistra mostrando disponibilità ad allearsi con la stessa sinistra che ha reso difficile al Pd la rottamazione del conservatorismo di sinistra” (Evviva l’Italia delle alleanze innaturali – Il Foglio).

E Denis Verdini (che non sarà “farina da far ostie”, come dicono dalle mie parti), intervenendo per annunciare il sì di Ala alla legge elettorale ha ricordato a tutti una semplice verità: “Dicono che la legge sia figlia mia, il che non mi dispiace, però direi che forse è nipote, perché era un’idea che è stata poi sviluppata. E’ una legge necessariamente frutto di un compromesso, ma onestà intellettuale vorrebbe che si aggiungesse a ciò che tutta questa legislatura è stata un compromesso, un grande compromesso. Troppo spesso si finge di dimenticare il risultato del 2013: elezioni che non produssero una maggioranza politica. Le alternative – è presente il Presidente della Repubblica di allora in Aula – era o sciogliere le Camere o cercare un punto d’incontro tra le forze politiche responsabili. Ebbene, c’è stato quel compromesso e oggi si dice che si è realizzata una maggioranza con l’uscita di Articolo 1 – MDP e con il nostro ingresso. Non è vero. Non è vero, perché noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura” (La politica e l’arte del compromesso spiegati da Verdini – Il Foglio).

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