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«Da Roma a Caracas» – Il Foglio, 23 maggio 2018

“Guardare l’Italia e il Venezuela per capire come può crescere rigogliosa la pianta populista”

 

Potremmo chiamarlo «esperimento Venezuela». Da un pezzo infatti, «per capire come la pianta populista può crescere rigogliosa in forme diverse ma tra loro legate da tratti comuni», il prof. Loris Zanatta ha suggerito l’analisi di due casi «all’apparenza agli antipodi dal punto di vista storico e geografico», l’Italia e il Venezuela: «Paesi assai diversi tra loro per molteplici aspetti storici, sociali, politici ed economici, ma entrambi diventati da alcuni lustri in qua tra i più ricchi laboratori del nuovo populismo». In tutti e due i paesi, scrive Zanatta, «il populismo ha colto il suo trionfo sviluppandosi sulle rovine del sistema politico tradizionale, imperniato su Democrazia cristiana e Partito comunista in Italia e su Copei (Comité de Organización Politica Electoral Independiente) e Acción Democrática in Venezuela, partito di ispirazione cattolica il primo e di filiazione socialista il secondo». Benché diversi tra loro, «ciò che tali populismi rivelano è l’aspetto traumatico assunto in Italia e in Venezuela dal crollo della mediazione politica tradizionale e la vitalità che sotto la sua coltre conservano antiche e radicate concezioni del mondo»; e sia in Italia che in Venezuela, il populismo si inserisce e prospera in uno spazio già di per se fertile «dato il debole radicamento dell’ethos liberale nella cultura politica di entrambi i paesi e stante nell’uno e nell’altro caso la diffusa pervicacia di un immaginario politico diffidente verso la rappresentanza liberale, portato a ‘sentire’ la democrazia come attributo delle relazioni sociali ma non altrettanto della sfera politica».

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“Il primo governo ‘siamo contrari alla legge di gravità’ e la crisi delle élite” – Il Foglio, 15 maggio 2018

È andata come doveva andare. Il governo populista, questo «premier gouvernement ‘antisystème’», come scrive Le Monde, è, in fondo, l’esito necessario del voto del 4 marzo. E non soltanto per mere considerazioni aritmetiche. Dietro la scelta compiuta dalla maggioranza degli italiani si nascondono molti ingredienti. Ci sono certamente la lotta contro l’immigrazione e la moralizzazione della vita pubblica, ma anche «l’inganno consapevole delle opinioni pubbliche» di cui ha parlato il presidente Mattarella (con la conseguente avversione alle regole di finanza pubblica e alle alleanze internazionali alle quali abbiamo aderito, il trionfo degli estremismi, il fatto che ciò che è percepito è più importante di ciò che è reale, ecc.). Inoltre, c’è sicuramente una robusta tradizione culturale di rigetto del reale in nome dell’illusione (che il poeta peruviano Augusto Lunel ha definito mirabilmente: «Siamo contrari a tutte le leggi, a cominciare dalla legge di gravità»), ma c’è anche un altro grande collante: il no, grande come una casa, a ciò che in molti considerano il compiaciuto moralismo della classe politica tradizionale (specie in relazione all’immigrazione e all’Europa); cioè il no a quell’atteggiamento paternalistico per cui i governanti attuano politiche che, pur tendendo con sollecitudine paterna al benessere dei governati, li considera però, quasi fossero dei bambini, incapaci di decidere in modo autonomo e responsabile.

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Ripartire dalla sconfitta del 4 dicembre – Il Foglio, 1 maggio 2018

E’ possibile oppure no un governo tra populisti e sinistra? Anche con chi è nemico della democrazia rappresentativa? E un accordo Pd-M5s sarebbe un dramma o un’opportunità? Continua il girotondo d’opinioni sul Foglio. Il mio intervento:

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IL TRACOLLO DEL PD IN FRIULI – IL FOGLIO, 17 APRILE 2018

di Alessandro Maran

Sembra tutto in discesa per Massimo Fedriga. Nonostante Forza Italia sia in caduta libera, più di venti punti separano nei sondaggi l’ex capogruppo alla Camera della Lega dal candidato del Pd che è avanti di un soffio sui grillini. Se le cose stanno così, il 29 aprile prossimo, il Friuli Venezia Giulia dovrebbe aggiungersi alle regioni del Nord in mano alla Lega.

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I 3 punti della svolta a destra europea e i puntini da connettere del Pd – Il Foglio, 11 aprile 2018

Ora che anche Viktor Orban, teorico della «democrazia illiberale» e modello per tutti i populisti d’Europa, ha stravinto le elezioni politiche in Ungheria, non sarebbe male tornare, con un respiro più ampio, sulle tendenze di fondo emerse nelle elezioni italiane.

Sarà anche tutta colpa di Renzi, sarà che la sinistra deve «tornare tra la gente», ma a ben guardare, più di ogni altra cosa, le elezioni del 4 marzo scorso che hanno trasformato l’Italia nel «cuore della rivoluzione» bannoniana, hanno registrato, come un sismografo, i grandi cambiamenti che si stanno propagando rapidamente in tutti i traballanti sistemi politici europei.

Le tendenze più importanti sono tre anche nella variante italiana dei movimenti tellurici in corso.

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ARRIVEDERCI!

Tra qualche giorno, il 22 marzo, si conclude la mia attività parlamentare e con essa termina anche l’invio dell’abituale newsletter con il resoconto del lavoro svolto e delle scelte compiute, gli articoli che ho scritto e le opinioni che ho sostenuto.

Continuerò, ovviamente, a battermi per le mie idee, ma il mio impegno politico e culturale continuerà in forme e sedi diverse.

Tutto il materiale pubblicato (gli interventi svolti in Parlamento o in altre sedi pubbliche, i disegni di legge, gli articoli, le interviste, i commenti, ecc.) resta disponibile su questo sito.

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L’epoca degli imperatori

Oggi in Russia si vota per le elezioni presidenziali e c’è un solo favorito: Putin, che si avvia verso la quarta riconferma. Nei giorni scorsi l’Assemblea del Popolo, il massimo organo legislativo del paese, ha rieletto Xi Jinping presidente della Cina per il secondo mandato. Solo che stavolta Jinping (che è anche segretario del Partito comunista e capo delle forze armate) può restare in carica per tutta la vita, grazie alle modifiche alla Costituzione che ha appena fatto passare.

È, per dirla con Ivan Krastev (presidente del Center for Liberal Strategies e autore del recente «After Europe»), il «momento dell’Imperatore».

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“Los redentores” – Il Foglio, 13 marzo 2017

Al direttore – LItalia che redime ha battuto lItalia riformista. Era nellaria. Il populismo è un fenomeno che ha il vento in poppa un podovunque e non è certo da oggi che in Italia los redentoressi contendono i fedeli. I grillini, si sa, sono una pagina dellalbum di famiglia della sinistra italiana, ma anche la destra non si è mai fatta mancare nulla: oggi Berlusconi è certo molto meno antisistemico e ben più costituzionalizzato di un tempo, ma ne è passata di acqua sotto i ponti; e perfino gli schiamazzi populisti della Lega sono sussurri rispetto a quando si parlava del Veneto come se fosse lUlster. Insomma, dal tramonto della Prima Repubblica sul nostro paese si sono abbattute violente ondate populiste. Al punto che la lotta politica tra soggetti che si riconoscono legittimità ha ceduto il passo alla guerra di religione tra tra popoli omogenei (dal Popolo viola allEsercito di Silvio) trasformando il bipolarismo degli ultimi ventanni in una guerra di trincea tra nemici convinti di possedere il monopolio della virtù. A soffrirne è stato il tessuto istituzionale del paese, esposto ai feroci colpi degli uni e degli altri.

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La coalizione del buon senso

«I grillini al governo? Proviamo. Peggio degli altri non potranno fare», si sente dire tra la gente. Potremmo chiamarlo esperimento Venezuela.

Oggi il Venezuela è un paese devastato: i bambini sono senza cibo, gli ammalati senza medicine, i prigionieri senza diritti e un sacco di gente, senza speranza, fugge in massa dall’altra parte della frontiera. Ma anche lì, non si è trattato di un progetto politico attuato secondo un copione preciso. Anche lì, il processo sociale che è cominciato nel 2009 con «la grande vittoria del popolo e della rivoluzione» (il via libera, cioè, alla riforma costituzionale che ha permesso a Hugo Chavez di ripresentarsi alla scadenza del secondo mandato), si è sviluppato in modo molto casuale, per tentativi, rispondendo alle sollecitazioni del momento, senza una strategia di ampio respiro.

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WHY?

Comprensibilmente, in questi giorni i principali giornali stranieri dedicano ampio spazio alle elezioni italiane.
Il New York Times (giustamente) punta il riflettore su “The Mistery Man Who Runs Italy’s ‘Five Star’ Movement from the Shadows”: Davide Casaleggio, “potentially the most powerful man in Italy, yet few people know who he is”.
The Guardian evidenzia che, con la sua retorica anti-europea e anti-immigrazione, “Matteo Salvini extends Northern League’s appeal as far south as Sicily”.
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