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È vero che l’Italia é uno dei paesi più corrotti al mondo?

Che l’Italia sia uno dei Paesi più corrotti al mondo viene ormai dato per certo, non può essere messo in discussione. Ma, ovviamente, le cose non stanno così, come rivela il recentissimo Rapporto Eurobarometro sulla corruzione. E come ha constatato Piergiorgio Corbetta in un recente articolo sul Mulino («Siamo un Paese corrotto?»), c’è uno scarto assai significativo tra corruzione percepita e corruzione reale: gli italiani si autorappresentano come corrotti pur essendo invece nella media europea quanto ad esperienza diretta di fenomeni corruttivi (La rivista il Mulino: Siamo un Paese corrotto? ).

Anche Sabino Cassese é tornato recentemente, sul «Corriere della Sera», sull’affermazione secondo la quale nel nostro Paese il costo relativo alla corruzione «sarebbe di 60 miliardi all’anno, pari alla metà del costo della corruzione di tutti i Paesi dell’Unione europea messi assieme»: notizia, sottolinea Cassese, totalmente priva di fondamento, la cui genesi è stata ricostruita con ironia da Luca Ricolfi e Caterina Guidoni (in Il pregiudizio universale, Laterza, 2016) (Misurare la corruzione serve per studiare interventi mirati).

Resta il fatto che questo scarto – nelle risposte degli italiani – fra percezione («siamo uno dei Paesi più corrotti d’Europa») ed esperienza diretta di fenomeni corruttivi («a me non è mai capitato né conosco nessuno») è impressionante e spiega la ragione del nostro cattivo posizionamento nelle classifiche internazionali basate sulla percezione.

Qual è la causa di questa gigantesca distanza tra realtà e percezione della realtà? «La causa – secondo Piero Sansonetti che su Il Dubbio scrive un editoriale dal titolo “Corruzione, quanti dati falsi!” – è semplicissima: la fragilità del nostro sistema di informazione, in particolare del nostro giornalismo, che non gode di autonomia e che negli ultimi anni ha penalizzato le professionalità migliori (che sono tante e vengono represse) e ha premiato i “funzionari” per così dire, della percezione. La distorsione della realtà prodotta dal giornalismo (con l’aiuto decisivo e massiccio della magistratura) rischia di spingere il nostro paese verso una democrazia dimezzata, perché fondata sul potere distorcente dei media e sulla prevalenza dell’opinione, o degli interessi, di alcuni poteri fortissimi (magistratura, finanza) nello svolgimento del dibattito politico». Sansonetti conclude così il suo articolo:«La battaglia tra informazione pulita e disinformazione forse sarà la chiave de 2018. Anche in vista della campagna elettorale. E l’esito di questa lotta dipenderà molto dalla capacità del “corpo sano” del giornalismo italiano – che è vastissimo e nascosto, e intimidito – di emergere dal silenzio e dire la sua».

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