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I giovani cinesi sono stufi di correre e si vogliono «sdraiare» – Il Riformista, 27 luglio 2021

I giovani cinesi non ne possono più delle lunghe ore di lavoro e della pressione per produrre di più. Lo ha scritto di recente Cai Zongcheng sul magazine online cinese (pubblicato in lingua inglese) Sixth Tone. Non per caso, un saggio, scritto in prima persona, che esorta ad abbandonare la corsa al successo urbana per trasferirsi in un villaggio in montagna è diventato virale sui social cinesi. Il pezzo, intitolato «Perché ho scelto di vivere una vita meno stressante in un villaggio di montagna: la mia lotta silenziosa contro la schiavitù moderna», descrive le esperienze dell’autrice dopo il suo trasferimento in un remoto angolo rurale della provincia orientale dello Zhejiang. Ribellandosi ai precetti (e alla frenesia) della vita urbana moderna, la giovane cinese dice di non volerne più sapere di acquistare una casa, di uscire con gli amici, del lavoro straordinario, di mangiare cibo spazzatura e neppure di comprare cose belle.

E non è la sola. Negli ultimi anni, la Cina è stata travolta dall’aspirazione sempre più diffusa ad una vita meno stressante, come evidenziano parole d’ordine popolari come la sottocultura sang (che, in poche parole, si riferisce ad una riadattata etica del lavoro, alla mancanza di auto-motivazione e a un atteggiamento apatico), la disponibilità a gettare la spugna e a «sdraiarsi», e la pretesa, scrive Cai, di essere «spiritualmente finlandesi».

I giovani cinesi ritengono che il paese stia subendo un processo di «involuzione», nel quale, per concretizzarsi davvero, le migliori condizioni materiali e la mobilità sociale richiedono un lavoro sempre più intenso. E la loro insoddisfazione non è il prodotto dell’impoverimento materiale, ma piuttosto dall’impossibilità di agire e di scegliere liberamente, della sensazione che la loro vita sia sfuggita al loro controllo, travolta dall’aumento dei prezzi degli alloggi, dal culto dilagante nelle credenziali accademiche giuste e dallo sfruttamento sul posto di lavoro.

Nell’ultimo episodio del podcast «Chinese Whispers» dello Spectator, Cindy Yu ha discusso del nuovo stile di vita che sta seducendo i millennial cinesi (denominato appunto Tangping, ovvero «sdraiato»,«disteso a terra,») con la giornalista Karoline Kan, autrice di «Under Red Skies.The Life and Times of a Chinese Millennial». C’è la sensazione, sottolinea Yu, che ci sia «troppa… competizione senza senso … non vogliamo più partecipare a questo gioco, quindi decidiamo di sdraiarci. La Cina si è sviluppata rapidamente negli ultimi decenni… ma la generazione più giovane … sente come se tutte le opportunità fossero scomparse … certo, vent’anni fa… i settori industriali di ogni genere erano in pieno boom… Se lavori sodo, sì, puoi ottenere quello che vuoi, ma i giovani oggi pensano: ‘No, non c’è possibilità di ottenere ciò che vogliamo, non importa quanto duramente si lavori. … Non riuscirai mai a stabilirti in una città. Non puoi permetterti un matrimonio o un appartamento. Per non parlare di quanti figli vuoi avere in futuro’».

Come osserva Yu, questo atteggiamento ha portato ad una certa tensione con i cinesi più anziani che accusano i giovani di essere una «generazione di fiocchi di neve», cioè meno resistente e più incline a offendersi rispetto alle generazioni precedenti. Ovviamente, anche le autorità cinesi non sembrano gradire, sottolinea Kan, poiché «sdraiarsi» non è esattamente quel che ci vuole per contribuire all’ascesa della Cina sulla ribalta globale. Del resto, secondo Xi Jinping, «il duro lavoro è la strada che conduce alla felicità» e il Southern Daily, il giornale del comitato provinciale del Partito comunista cinese di Guangdong, ha scritto in un editoriale che «la lotta è un genere di felicità» e che «scegliere di ‘sdraiarsi’ di fronte alle pressioni non è solo ingiusto ma anche vergognoso». Ma, si sa, con lo sviluppo economico crescono anche (e cambiano) le aspirazioni della società e degli individui. In altre parole, se vuoi le funzioni di Francoforte, avrai anche i problemi di Francoforte. Alessandro Maran

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