Al direttore – Il 23 aprile 1999, i capi di stato e di
governo dell’Alleanza si riunirono a Washington per celebrare il
50esimo anniversario della Nato. Allora toccò a Massimo D’Alema rendere omaggio, nella stessa sala in cui venne
firmato il Trattato Nord Atlantico, a un risultato eccezionale: cinque decenni
di pace e di sicurezza in Europa. D’Alema, in quell’occasione, si soffermò sulla “sfida difficile” che allora stava affrontando l’alleanza: “E’ stato necessario
ed è ancora necessario usare di nuovo la forza in Europa per costruire una pace
giusta”. Raccontò di aver visitato il confine tra Kosovo e Albania e di essere
stato con i volontari italiani che in loco accoglievano e assistevano i
rifugiati: “Con i miei occhi
ho visto i trattori, ho visto le donne, i bambini e gli anziani, ho visto
queste persone ferite nei loro corpi, private di tutto, non solo dei loro cari,
ma perfino dei documenti di identità, le targhe automobilistiche erano state
strappate dalle loro auto in modo da cancellare qualsiasi collegamento con la
loro patria e le loro case. Non avremo pace finché queste persone non saranno in grado di ritornare a
casa in pace e serenità, come rispettati cittadini del loro paese, e non avremo
pace finché i soldati che li hanno
mandati via non saranno respinti”. “Questo è il nostro impegno e per questi obiettivi e
valori l’Italia svolgerà il suo ruolo all’interno dell’Alleanza. Sarà un
alleato forte e sincero, capace di assumersi le proprie responsabilità”,
concluse. Allora D’Alema era il capo del governo e indossava i panni
atlantici che poi ha dismesso (il D’Alema blairiano e
liberale è durato poco). Si tratta, tuttavia, di un discorso che, vista l’aria che tira, vale la pena di leggere. Non è male,
direbbe Mr. Pickwick, accendendosi un altro sigaro.
Alessandro Maran