La lotta contro i populisti è giusta e sacra. Ma è ora di porsi una domanda: c’è un modo diverso rispetto al metodo Franceschini per ancorare l’Italia all’occidente? Parliamone
La lotta contro i populisti è giusta e sacra. Ma è ora di porsi una domanda: c’è un modo diverso rispetto al metodo Franceschini per ancorare l’Italia all’occidente? Parliamone
Perché Trump sta crollando nei sondaggi? Perché, si dirà, non piace a nessuno, ovvio. Ma le cose sono un pò più complicate. The Surge, la divertente newsletter settimanale che il magazine americano Slate dedica alla campagna presidenziale, la scorsa settimana ha elencato quelle che, nel linguaggio dei media digitali, sono descritte come «snackable nuggets» (cioè concetti veloci e facili da sgranocchiare come crocchette): gli andamenti demografici ed i temi che stanno dando a Trump dei problemi (quasi tutti), gli andamenti demografici ed i temi che stanno dando a Biden dei problemi, che cosa significa l’«enthusiasm gap» (non molto), e così via.
Come ha osservato di recente Fareed Zakaria, il conduttore del più importante programma di politica internazionale della CNN, la diplomazia aggressiva della Cina le si sta ritorcendo contro. Mentre il mondo intero è ancora alle prese con il Covid-19, la Repubblica popolare cinese sembra usare la catastrofe globale per espandere la propria influenza, garantirsi vantaggi e riaffermare la propria leadership in Asia. Il 2 aprile scorso ha speronato e affondato un peschereccio vietnamita nel Mar cinese meridionale; il 28 maggio ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong togliendo alla città ogni speranza di autonomia; il 29 maggio ha minacciato un’azione militare contro Taiwan «se non ci sarà un altro modo per impedirle di diventare indipendente»; tra il 5 maggio e il 15 giugno ha attaccato l’India lungo il confine che separa il Ladakh dall’Aksai Chin. E quel che più sorprende sono proprio «i grossolani errori strategici della Cina». Dall’incursione al confine con l’India alle tensioni crescenti con l’Australia (e le Filippine, il Vietnam, il Giappone, ecc.), la Cina si sta alienando i vicini. Al punto che, come sostiene il conduttore di Global Public Square, «per colpa delle azioni degli ultimi anni sotto Xi Jinping», la Cina «oggi si trova nella stessa situazione strategica dell’Unione sovietica durante la Guerra fredda, circondata da paesi sempre più ostili».
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, l’uomo conosciuto come «l’ultimo dittatore in Europa», si è meritato un marchio d’infamia per la risposta noncurante e strafottente al Covid-19. La Bielorussia è stata probabilmente l’unico paese al mondo a comportarsi come se la pandemia non esistesse. Il governo, infatti, si è rifiutato di assumere misure di contenimento e ha trattato il Covid-19 come se fosse poco più di un’influenza, arrivando a sostenere che il coronavirus «si ammazza bevendo vodka, 40-50 millilitri al giorno, ma non al lavoro, e facendo la sauna tre volte alla settimana».
Il primo luglio la Germania assumerà la presidenza di turno della Ue per un semestre che come priorità assoluta avrà, ovviamente, quella di trovare un accordo sul Recovery Fund, un pacchetto senza precedenti, in termini di portata finanziaria e politica, ma sui cui dettagli (a cominciare dal suo ammontare complessivo di 750 miliardi di euro, di cui 500 miliardi di sovvenzioni) i 27 paesi membri sono ancora profondamente divisi.
Le donne hanno gestito la pandemia meglio dei loro colleghi uomini? Pare di sì. La prima a notare che i paesi guidati da una donna se la sono cavata meglio, è stata Avivah Wittenberg-Cox, esperta di leadership e gender balance, con un articolo sulla rivista economica Forbes, poi ripreso anche da Cnn e da molti altri. Sull’argomento è tornato la settimana scorsa anche Nicolas Kristof che, nella sua rubrica sul New York Times, si è chiesto: “Come mai i tassi di mortalità del coronavirus sono di gran lunga inferiori nei paesi governati dalle donne?”. Confrontando i tassi di mortalità del coronavirus in 21diversi paesi,13 dei quali guidati da uomini e 8 guidati da donne, si osserva infatti che mentre i primi hanno patito una media di 214 decessi da coronavirus per milione di abitanti, quelli guidati da donne hanno registrato solo un quinto di quei decessi, 36 per milione. Il che fa dire a Kristof che se gli Stati Uniti avessero avuto il tasso di mortalità medio di uno dei paesi con una donna a capo del governo, si sarebbero potute salvare le vite di 102.000 dei 114.000 americani deceduti.
In America, i cronisti si stanno preparando per le rivelazioni di John Bolton, l’ex insider di Trump che è stato consigliere per la sicurezza nazionale (poi licenziato dallo stesso Trump il 10 settembre 2019). Si prevede che nel suo libro (che uscirà martedì prossimo, a meno che un’azione legale non riesca ad impedirne la pubblicazione), Bolton renderà noto ogni dettaglio del disordine trumpiano di cui è stato testimone privilegiato all’interno della Casa Bianca. Il libro si intitola, infatti, «The Room Where it Happened: A White House Memoir», la stanza dove è successo.
Il G-7 è un’organizzazione intergovernativa che comprende sette delle prime dieci economie del mondo: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Si tratta di un ristretto club nato nel 1975 e formato da sette democrazie avanzate il cui peso politico, economico, industriale e militare è (o meglio, era) considerato di centrale importanza su scala globale. Ma che cosa fa veramente? Non molto, secondo l’ex diplomatico indiano Jayant Prasad che ha scritto un saggio sul «disfacimento del gruppo dei sette» apparso su The Hindu qualche giorno fa.
Nel 2008, il National Intelligence Council ha pubblicato «Global Trends 2025: A Trasformed World», il quarto rapporto (non-classificato) della serie Global Trends.
George Floyd è morto a Minneapolis e le proteste si sono sviluppate soprattutto in America, ma la reazione, come ha sottolineato Ishaan Tharoor sul Washington Post, è stata globale. Si sa che mentre le vicende degli altri paesi solo di rado riescono a penetrare nel circuito americano delle notizie, le tragedie dell’unica superpotenza mondiale catturano il pubblico di tutto il mondo. Ma il diffondersi per ogni dove di manifestazioni di solidarietà con i manifestanti di Black Lives Matter rispecchia anche la particolare presa che l’America continua ad avere sull’immaginario globale.