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E se Trump vincesse ancora? “Arrassusia!” – ilcaffeonline.it, 10 agosto 2020

«Arrassusia» è una locuzione napoletana ancora oggi molto in voga. Viene usata, mi ha spiegato un amico napoletano, quando si vuole allontanare da noi un pericolo, una maledizione o qualcosa di funesto: «che resti sempre lontano», «che non accada mai». Mi è tornata in mente a meno di cento giorni dalle presidenziali americane del prossimo 3 novembre, considerato che la riconferma o meno di Trump sarà, come ha scritto giustamente Christian Rocca, «il momento decisivo della nostra epoca»: sapremo, cioè, se l’esperimento nazionalista sovranista populista continuerà a imperversare di qua e di là dell’Atlantico oppure se finalmente saranno scattate le contromisure per ristabilire la normalità democratica e contrastare lo sgretolarsi della società aperta. Oggi, certo, Trump sembra nei guai: tutti i sondaggi danno Joe Biden in vantaggio negli Stati chiave e l’ultima volta che, nel 1996, tra i due candidati in lizza c’era stata, a questo punto della gara, una distanza simile nei sondaggi, alla fine Bill Clinton aveva annientato Bob Dole. Ma sarà meglio tenere le dita incrociate: Trump è Trump, cioè un’eccezione alla regola, e in tre mesi molte cose possono cambiare.

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È la fine del Libano (per come lo conosciamo) o un inizio?

L’enorme esplosione di Beirut sembra sia stata un incidente. Ma non bisogna prendersela con il destino, sostengono molti degli osservatori internazionali che, non per caso, continuano a sottolineare l’inefficienza di una governance che si basa su una rigida ripartizione delle cariche pubbliche in base all’appartenenza etnico-religiosa e di un sistema politico dominato da partiti violenti e affaristi.

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“No agli estremismi: per la sinistra c’è una terza via sull’immigrazione” – Il Foglio, 5 agosto 2020

Garantire i diritti di chi arriva e quelli delle comunità locali che accolgono. Proposte concrete che è ora di ascoltare

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Trump: l’obiettivo è il caos – Il Riformista, 3 agosto 2020

A meno di 100 giorni dalle presidenziali americane e con il Covid-19 che torna a mietere contagi, negli Stati Uniti sono ormai in molti, tra gli osservatori, a convergere su un’interpretazione della decisione dell’amministrazione Trump di reprimere con durezza le proteste a Portland: si tratta di una messa in scena.

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Toh, chi si rivede: la Germania e il Giappone! – Il Riformista, 29 luglio 2020

La Germania si è conquistata l’apprezzamento generale per la lucida e pacata capacità di guida della cancelliera Angela Merkel di fronte al Covid-19, ma sul New York Times, Ruchir Sharma della Morgan Stanley ha scritto addirittura che la Repubblica federale tedesca è destinata ad emergere come il «grande vincitore» nell’economia post Covid-19, grazie non solo alla risposta della sanità pubblica al virus, ma anche alle virtù prepandemiche del paese: la solidità finanziaria e una economia focalizzata sulle esportazioni e orientata al futuro.

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TikTok: la guerra dei social – Il Riformista, 25 luglio 2020

La settimana scorsa, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza nazionale circa il trattamento dei dati degli utenti da parte di TikTok e ha affermato che l’amministrazione Trump “sta prendendo molto sul serio” la possibilità di bandire la app, popolarissima tra gli adolescenti. Ma cos’ha che non va TikTok?  A farla breve, come ha spiegato Pompeo, c’è il sospetto che app come TikTok raccolgano le informazioni private dei propri utenti in tutto il mondo per  metterle “nelle mani del Partito comunista cinese”. Anche perché le leggi cinesi impongono alle società nazionali di “supportare e cooperare con il lavoro di intelligence controllato dal Partito comunista cinese”.

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La «linea rosa»: la frontiera che divide l’Europa- Il Riformista, 20 luglio 2020

La settimana scorsa, il Presidente polacco Andrzej Duda è stato riletto al ballottaggio contro il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, con un margine minimo, grazie anche alla campagna particolarmente aggressiva contro quella che lo stesso Duda ha bollato come la «ideologia LGBT».

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La strada imboccata da Putin – Il Riformista, 16 luglio 2020

Dopo il sostegno massiccio espresso dai russi al referendum sulle modifiche alla Costituzione volute da Vladimir Putin (che gli permettono di restare al potere fino al 2036), l’Economist ha evidenziato l’aspetto farsesco del voto che, con la scusa della pandemia, è durato sette giorni: «I moscoviti hanno ricevuto messaggini che dicevano loro che, se fossero andati a votare, avrebbero potuto vincere uno dei 2 milioni di voucher del valore complessivo di 10 miliardi di rubli (140 milioni di dollari). In Siberia gli elettori sono stati attirati ai seggi con premi che andavano da uno smartphone ad una abitazione. Il responsabile di un seggio elettorale locale ha vinto un appartamento. I datori di lavoro hanno ordinato al personale di votare (…) non è stato un referendum vero e proprio (…) I cambiamenti erano già stati approvati da un Parlamento servile, approvati dalla Corte costituzionale e promulgati dal presidente».

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Israele può diventare uno stato con pari diritti per gli ebrei e per i palestinesi? – Il Riformista, 12 luglio 2020

A partire dal primo luglio Benjamin Netanyahu potrebbe sottoporre al voto della Knesset l’estensione della sovranità di Israele su tutti gli insediamenti ebraici creati in Cisgiordania dal 1967, compresi quelli nella valle del Giordano, in accordo con il cosiddetto «piano di pace» dell’amministrazione Trump, un documento di 181 pagine che ha dato il via libera all’incorporazione del 30% della Cisgiordania e che, in sostanza, suggella l’agenda espansionistica di Israele.

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Ecco i barbari romanizzati – Il Foglio, 7 luglio 2020

La lotta contro i populisti è giusta e sacra. Ma è ora di porsi una domanda: c’è un modo diverso rispetto al metodo Franceschini per ancorare l’Italia all’occidente? Parliamone

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