Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, l’uomo conosciuto come «l’ultimo dittatore in Europa», si è meritato un marchio d’infamia per la risposta noncurante e strafottente al Covid-19. La Bielorussia è stata probabilmente l’unico paese al mondo a comportarsi come se la pandemia non esistesse. Il governo, infatti, si è rifiutato di assumere misure di contenimento e ha trattato il Covid-19 come se fosse poco più di un’influenza, arrivando a sostenere che il coronavirus «si ammazza bevendo vodka, 40-50 millilitri al giorno, ma non al lavoro, e facendo la sauna tre volte alla settimana».
Noto per aver perseguitato e arrestato i suoi avversari, Lukashenko deve, tuttavia, affrontare le elezioni presidenziali il prossimo 9 agosto (nelle quali cerca la riconferma per il suo sesto mandato consecutivo dal 1994) e ci sono segnali che l’edificio, così a lungo preservato, si stia sgretolando. Stando al Washington Post, che gli ha dedicato un editoriale, la gente infatti non ne può più del leader bielorusso e proprio la sua posizione sul Covid-19 ha suscitato le critiche più aspre.
Un candidato dell’opposizione, Sergei Tikhanovsy, lo ha soprannominato «lo scarafaggio» (i baffi di Lukashenko, ha spiegato l’Economist «lo fanno sembrare il personaggio di una poesia per bambini chiamato ‘Il potente scarafaggio’»), ha fissato una gigantesca ciabatta sul tetto della sua automobile e, con quella, ha girovagato per le strade incoraggiando i bielorussi a fare nelle urne quel che si fa con gli scarafaggi in casa: schiacciare il bacarozzo. Tikhanovsy da allora è in prigione ma la tendenza ha preso piede (è nato anche uno slogan popolare: «Schiaccia lo scarafaggio») e l’ondata di proteste che ha investito il piccolo paese ha preso il nome di «Rivoluzione delle ciabatte». Tante persone, infatti, sono scese per le strade armate di ciabatte e hanno raccolto le firme per la presentazione della candidatura della moglie di Tikhanovsky, Svetlana, che corre al suo posto.
I leader autoritari si trovano spesso ad affrontare contestazioni e proteste, ma il Post scrive che «questa volta Lukashenko affronta il malcontento non solo per la stagnazione economica ma anche in relazione alla risposta apatica e indolente alla pandemia» e che «la gente è stufa delle sue pagliacciate», osservando che ad alimentare la frustrazione è proprio il confronto, anche molto rapido, con la vicina Polonia, dove il tasso di contagiosità è infinitamente più basso.