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«L’APERTURA VINCERÀ» – Il Foglio, 16 luglio 2019

«La maggior parte dei paesi fa a gara per demolire le barriere e il libero scambio cresce. Guida anti fake news»

Non è un caso che il rifiuto della globalizzazione, economica e culturale, sommato al sospetto esplicito verso la società aperta, sia il filo conduttore che unisce populismi di matrice diversa. La gente è smarrita, ha paura, rifiuta le novità e rimpiange il bel tempo andato. Come ha spiegato Thomas Friedman, tre grandi forze stanno accelerando simultaneamente (la tecnologia, la globalizzazione e il cambiamento climatico) rimodellando il lavoro, l’istruzione, la geopolitica, l’etica e le comunità. E c’è uno sfasamento tra la rapidità del cambiamento e la nostra capacità di adeguare all’oggi i nostri sistemi di apprendimento, di formazione, di gestione, le reti di sicurezza sociale e le nostre leggi, in modo tale da permettere ai cittadini di ottenere il massimo da queste accelerazioni ed attutirne gli effetti negativi. Questo sfasamento è all’origine di gran parte dei fermenti e delle inquietudini che oggi stanno scuotendo la politica e la società sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo; e costituisce probabilmente la sfida più importante che abbiamo di fronte.

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GIORNALI2019

Il Foglio, 12 luglio 2019 – “Perché i populisti possono rubare restando immuni agli scandali”

“Spartire il bottino con l’elettorato, fare propaganda e muoversi in una sfera pubblica priva di standard di verità e di regole di decoro. Così i casi di corruzione non provocano danni. Anzi”.

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“Perché i populisti possono rubare restando immuni agli scandali” – Il Foglio, 12 luglio 2019

“Spartire il bottino con l’elettorato, fare propaganda e muoversi in una sfera pubblica priva di standard di verità e di regole di decoro. Così i casi di corruzione non provocano danni. Anzi”.

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GIORNALI2019

Il Foglio, 20 giugno 2019 – “Il bipolarismo non tornerà. È ora di rompere con questo Pd”

“I progressisti hanno sepolto la vocazione maggioritaria. Perché è necessario un nuovo soggetto politico. Un manifesto”.

Il post su Fb con cui Carlo Calenda, a pochi giorni dalla sua elezione al Parlamento Europeo, rinunciava ad impegnarsi a costruire la seconda gamba della coalizione progressista, poi ribadita nel recentissimo intervento sul Corriere della Sera, riassume tutta la rassegnazione che regna da quelle parti – che sono poi anche le nostre – nell’immaginare il futuro prossimo venturo della politica italiana. Da un lato il promotore di “Siamo Europei” rimprovera a Zingaretti (e non solo) di comprendere che occorre ampliare la coalizione, ma di non saper indicare “come” e, dall’altro, afferma che manca una sponda liberaldemocratica alla politica italiana, ma poi, lui (che avrebbe tutte le qualità per esserne il leader) decide di rinunciare a ulteriori tentativi e di rimanere “prigioniero”, a “occuparsi di Europa in Europa”, in uno dei Gruppi politici (i socialisti) su cui ricade una buona fetta di responsabilità, al pari dei popolari, per quanto “non si è fatto” in questi anni nell’UE per ridurre lo strapotere del Consiglio europeo sulla Commissione e sul Parlamento.

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GIORNALI2019

Il Foglio, 12 giugno 2019“ – Non serve un Berlinguer a capo del Pd”

Molte delle difficoltà nel costruire un partito nuovo e libero dall’eredità comunista derivano proprio dall’incapacità di fare i conti con l’ombra dello storico segretario

Sarà, come scriveva Vladimir Nabokov, che “nel proprio passato ci si sente sempre a casa”, fatto sta che il richiamo ai bei tempi andati, a quella mitica età dell’oro che la postmodernità e la globalizzazione ci avrebbero rubato, è diventato la principale caratteristica della politica italiana. Specie a sinistra, dove il dibattito si avvita sempre su questioni identitarie e affettive e sembra ancora che, come ai tempi della “svolta”, il confronto sia tra chi amava e rimpiange il Pci e chi, invece, no.

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“Non serve un Berlinguer a capo del Pd” – Il Foglio, 12 giugno 2019

Molte delle difficoltà nel costruire un partito nuovo e libero dall’eredità comunista derivano proprio dall’incapacità di fare i conti con l’ombra dello storico segretario

Sarà, come scriveva Vladimir Nabokov, che “nel proprio passato ci si sente sempre a casa”, fatto sta che il richiamo ai bei tempi andati, a quella mitica età dell’oro che la postmodernità e la globalizzazione ci avrebbero rubato, è diventato la principale caratteristica della politica italiana. Specie a sinistra, dove il dibattito si avvita sempre su questioni identitarie e affettive e sembra ancora che, come ai tempi della “svolta”, il confronto sia tra chi amava e rimpiange il Pci e chi, invece, no.

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GIORNALI2019

Il Foglio, 7 giugno 2019 – «CHI HA CREATO LA REPUBBLICA DEI PM»

I social network, si sa, brulicano di hater che, celati sotto i nickname più inverosimili, avvelenano le discussioni on line con un atteggiamento aggressivo e sovente con insulti improntati a un odio feroce e immotivato. Non risparmiano nessuno: attaccano politici, artisti, scrittori, manager, professionisti, atleti e star dello spettacolo, come se non ne tollerassero il successo. Fateci caso, solo una categoria sembra sfuggire alla tendenza vendicativa dei social che trasforma, sul web, il garbato vicino di casa in un fustigatore dei poteri forti: i magistrati, che sembrano (buon per loro e per tutti noi) immuni all’ostilità che avvelena i social media. Anche di fronte alle «degenerazioni correntizie», ai «giochi di potere» e ai «traffici venali» denunciati dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, dopo che l’indagine per corruzione avviata dalla procura di Perugia nei confronti dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara ha svuotato di ogni autorevolezza il vecchio e austero Csm e costretto ben cinque dei suoi componenti a fare un passo indietro.

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«CHI HA CREATO LA REPUBBLICA DEI PM» – Il Foglio, 7 giugno 2019

I social network, si sa, brulicano di hater che, celati sotto i nickname più inverosimili, avvelenano le discussioni on line con un atteggiamento aggressivo e sovente con insulti improntati a un odio feroce e immotivato. Non risparmiano nessuno: attaccano politici, artisti, scrittori, manager, professionisti, atleti e star dello spettacolo, come se non ne tollerassero il successo. Fateci caso, solo una categoria sembra sfuggire alla tendenza vendicativa dei social che trasforma, sul web, il garbato vicino di casa in un fustigatore dei poteri forti: i magistrati, che sembrano (buon per loro e per tutti noi) immuni all’ostilità che avvelena i social media. Anche di fronte alle «degenerazioni correntizie», ai «giochi di potere» e ai «traffici venali» denunciati dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, dopo che l’indagine per corruzione avviata dalla procura di Perugia nei confronti dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara ha svuotato di ogni autorevolezza il vecchio e austero Csm e costretto ben cinque dei suoi componenti a fare un passo indietro.

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GIORNALI2019

LibertàEguale, 6 aprile 2019 – «In politica estera è un governo da Bar dello Sport»

Archiviata la visita di Xi e la firma del Memorandum d’intesa fra Italia e Cina (la pietra dello scandalo che ha portato nelle scorse settimane Roma al centro del dibattito internazionale) è forse il caso di tornare sul tema della collocazione internazionale dell’Italia ai tempi del governo del cambiamento.

Il futuro è legato alla connettività

Una volta, si sa, «la geografia era destino». Il futuro, cioè, era già scritto, determinato dalle condizioni ambientali e territoriali. Ora, invece, come ha spiegato Parag Khanna, esperto di relazioni internazionali e autore del best-seller «Connectography. Mapping the Future of Global Civilization», grazie ai trasporti, alle comunicazioni e alle infrastrutture energetiche globali (autostrade, ferrovie, aeroporti, pipeline, reti elettriche, connessioni Internet e tanto altro), il futuro è legato alla «connettività».

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«In politica estera è un governo da Bar dello Sport» – LibertàEguale, 6 aprile 2019

Archiviata la visita di Xi e la firma del Memorandum d’intesa fra Italia e Cina (la pietra dello scandalo che ha portato nelle scorse settimane Roma al centro del dibattito internazionale) è forse il caso di tornare sul tema della collocazione internazionale dell’Italia ai tempi del governo del cambiamento.

Il futuro è legato alla connettività

Una volta, si sa, «la geografia era destino». Il futuro, cioè, era già scritto, determinato dalle condizioni ambientali e territoriali. Ora, invece, come ha spiegato Parag Khanna, esperto di relazioni internazionali e autore del best-seller «Connectography. Mapping the Future of Global Civilization», grazie ai trasporti, alle comunicazioni e alle infrastrutture energetiche globali (autostrade, ferrovie, aeroporti, pipeline, reti elettriche, connessioni Internet e tanto altro), il futuro è legato alla «connettività».

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