Ormai, a sostenere il presidente Obama (a parte Giorgio Tonini e il sottoscritto: LIBERTÀeguale Magazine, 7 gennaio 2016 – Usa: la politica estera che ha cuore l’ordine liberale) non siamo rimasti in molti. Anche la recente intervista di Jeffrey Goldberg sull’Atlantic con Barack Obama ha suscitato uno tsunami di critiche, che prendono di mira la combinazione di avversione al rischio e parole ispirate. Sono in parecchi, si sa, anche in Europa e non solo in Medio Oriente, ad aborrire la prima (in Europa, di solito, solo a chiacchiere) e a disprezzare le seconde.
«Che linguaggio sciocco e risentito, signora mia», ha scritto Giuliano Ferrara nei suoi «appunti sul metodico delirio di Max» (Renzi spiegato facile a D’Alema), a proposito dell’intervista di Massimo D’Alema (D’Alema: «Il partito della Nazione già c’è ma perderà. Il malessere può creare una nuova forza» – Corriere.it).
Sappiamo da tempo che «esiste un ecosistema della disinformazione on line in crescita che produce false notizie sempre più velocemente». Ne ha parlato Craig Silverman, un giornalista esperto di meccanismi dell’informazione online (in particolare di disinformazione nelle testate giornalistiche online), che ha scritto: «Nel giro di qualche minuto o di qualche ora, una storia può così trasformarsi da singolo tweet o racconto infondato a notizia ripetuta da dozzine di siti di news, che genera decine di migliaia di condivisioni. E una volta raggiunta una certa massa critica, la sua ripetizione comincia a esercitare un effetto significativo sulla persuasione: agli occhi dei lettori, il rumor diventa attendibile semplicemente in virtù della sua ubiquità» (Il Post ha tradotto in italiano il libro di Silverman che si può scaricare e leggere qui, in PDF).
Il cessate il fuoco negoziato dal segretario di stato John Kerry e dalla sua controparte russa, il ministro degli esteri Sergei Lavrov, tra il governo del presidente Bashar al-Assad e una moltitudine di gruppi di insorti che gli si oppongono (e che comprende quelli sostenuti dagli Stati Uniti e dai loro alleati), sembra reggere. Anche se l’intesa non include le operazioni contro due delle formazioni ribelli più forti, lo Stato Islamico e la «succursale» di Al Qaeda, Jabhat al-Nursa.
L’Aula del Senato ha approvato giovedì sera la fiducia chiesta dal governo sul maxi emendamento interamente sostitutivo del disegno di legge sulle unioni civili. I voti a favore sono stati 173, i voti contrari 71, nessun astenuto. Ora il provvedimento passerà alla Camera. Dopo l’approvazione definitiva, la legge istituirà l’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Il Presidente del Consiglio ha reso mercoledì al Senato comunicazioni in vista del Consiglio del 18 e 19 febbraio.
L’Europa, lo sappiamo, attraversa una crisi grave, forse la più grave, delle sue istituzioni. Una crisi non solo monetaria ma politica. A quasi sessant’anni dal trattato di Roma, sono in ballo le stesse ragioni dell’Unione, che è alle prese con la possibile uscita della Gran Bretagna con il referendum; con lo scontro sulle regole salva-banche («Noi metteremo il veto su qualsiasi tentativo che vuole andare a dare un tetto alla presenza di titoli di stato nei portafogli delle banche», ha detto ieri Matteo Renzi nel suo intervento); con la disdetta di Schengen dei paesi del Nord e il pericolo di trasformarlo in un club di pochi eletti; con l’emergenza immigrazione e i fondi per il controllo dei profughi dalla Turchia che fanno vacillare la Merkel; con l’ipotesi, cara all’asse franco-tedesco, di un ministro delle Finanze europeo, benedetta dal presidente della Bce Mario Draghi, primo passo per un nuovo trattato, ecc (Renzi gela Berlino «Italia pronta al veto sul tetto ai titoli di Stato»).
Il voltafaccia dei Cinque Stelle (dettato, com’è stato detto, da ragioni di «bassa cucina politica») era nel novero delle cose prevedibili. Ma, sia pure con vari distinguo, c’è una maggioranza in Parlamento a favore delle Unioni civili. Il disegno di legge sulle Unioni civili perciò andrà avanti ma, per quanto è consentito dalle circostanze, dentro un’intesa che eviti di sopravvalutare i comportamenti altrui e si risparmi gli scivoloni. After all, come direbbe Rossella O’Hara, tomorrow is another day.
Ogni volta che in qualche parte nel mondo c’è un conflitto, una folta schiera di politici e opinionisti, tanto in America che a casa nostra, ribadisce che tocca agli Stati Uniti risolverlo. Che si tratti di inviare armi all’Ucraina (come propone il senatore John McCain), armare i ribelli siriani (come propone l’ex ambasciatore Robert Ford), o invocare l’invio di truppe in Iraq (come propongono in parecchi, dal Weekly Standard al Foglio, per intenderci), l’assunto è sempre lo stesso: ogni problema è un problema dell’America; e il modo migliore per risolvere i problemi dell’America è uno solo: usare la forza.
Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze. Discussione generale.
Legislatura 17ª – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 572 del 04/02/2016
MARAN (PD). Signora Presidente, colleghi, vi dico la mia opinione. Non possiedo, ovviamente, verità rivelate e indiscutibili, ma se guardo a quel che accade intorno a noi mentre prosegue la nostra discussione, che cosa vedo? Vedo che il mondo occidentale è attraversato da un movimento tellurico, da un terremoto paragonabile, per intensità ed effetti, al processo che nella prima metà del secolo scorso ha portato alla piena cittadinanza femminile. Oggi, in tutto l’Occidente, il riconoscimento pubblico del diritto degli omosessuali a vivere in piena libertà la loro sessualità e la loro relazione di coppia è all’ordine del giorno e dappertutto lo è anche il riconoscimento della loro capacità di costituire un luogo di intimità, solidarietà, amore – in altre parole, una famiglia – che non esclude la presenza di bambini da crescere e da educare.