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«Le egemonie si svuotano quando cessano di essere attuali»

«Che linguaggio sciocco e risentito, signora mia», ha scritto Giuliano Ferrara nei suoi «appunti sul metodico delirio di Max» (Renzi spiegato facile a D’Alema), a proposito dell’intervista di Massimo D’Alema (D’Alema: «Il partito della Nazione già c’è ma perderà. Il malessere può creare una nuova forza» – Corriere.it).

Resta il fatto che D’Alema, con quello che Claudio Cerasa ha chiamato «il partito del pretesto» usa, appunto, ogni pretesto per dimostrare, con robuste interviste sui giornali, che Renzi è inadatto non solo a governare il paese ma anche a guidare il Pd perché la sinistra, con Renzi, ha subìto una mutazione antropologica irreversibile che ha portato il Pd renziano a una scissione sentimentale con la sinistra.

Ma sono d’accordo con Cerasa: «da un certo punto di vista, D’Alema ha perfettamente ragione». «La sinistra renziana – osserva il direttore de Il Foglio – è una sinistra che ha portato avanti una scissione forte e decisa con la sinistra dalemiana. E, in virtù di questo strappo, la sinistra renziana ha cominciato a perdere qualche iscritto per strada, qualche militante storico della vecchia sinistra, ma ha contemporaneamente iniziato a conquistare un bacino elettorale nuovo, quello che potremmo chiamare, per semplificare, il ventre del paese. D’Alema non può accettare questo schema perché nella testa dei D’Alema esiste solo un unico schema possibile per la sinistra. In politichese, di solito, lo schema si traduce così: D’Alema vuole mettere un trattino tra la parola centro e la parola sinistra, Renzi vuole togliere il trattino tra la parola centro e la parola sinistra. Nello schema di D’Alema, il Pd deve essere il perno di una grande federazione di sinistre. Nello schema renziano, il Pd deve essere il contenitore delle sinistre. Il primo schema, quello dalemiano, lo abbiamo sperimentato e abbiamo visto che ha portato sempre allo stesso risultato: vittorie risicate alle urne, disastri conclamati al governo. Il secondo schema, quello renziano, lo stiamo sperimentando oggi. Il primo risultato è che, con quello schema, Renzi ha dimostrato che il Pd può arrivare fino al 40 per cento. E’ una partita delicata, perché se tu strappi con la sinistra e non conquisti la destra rischi di rimanere intrappolato, ma è l’unica partita che si può giocare per permettere alla sinistra di conquistare il paese. La sinistra che vuole vincere le elezioni è una sinistra che deve trasformarsi geneticamente. La sinistra che non si trasforma geneticamente è una sinistra che parla molto ai militanti del Pd e poco al paese».

Si tratta di un nodo che è al centro della discussione da parecchi anni. Traggo alcune citazioni dal libretto con il quale ho raccontato, attraverso una selezione degli articoli che ho scritto sui giornali, le battaglie riformiste di questi anni: «Una lunga fedeltà. Le fatiche di Sisifo di chi vuole cambiare le cose» (Per scaricare l’e-book).

… la vera rupture rispetto agli ultimi anni di vita del Pd è il suo appello agli elettori delusi da Berlusconi. «Più forte – ha scritto giustamente Stefano Menichini su Europa – della stessa idea della rottamazione. È la promessa di un’inversione di rotta rispetto all’atteggiamento rinunciatario di coltivare e contendersi solo i consensi della propria area tradizionale»… 

…Il fatto è che D’Alema e gli altri sostenitori di un ritorno al proporzionale, escludono che, in futuro, le preferenze degli elettori possano cambiare. «L’Italia è un Paese sostanzialmente di destra», dicono, e l’unica strategia perseguibile è quella della creazione di un centro indipendente con il quale il Pd possa allearsi. In altre parole tutto il confuso discutere di alleanze ha origine nella «sfiducia», di una parte del Pd, nelle possibilità di crescita autonoma del partito. Ma dove sta scritto che un partito del 30 (o del 20) per cento sia condannato a rimanere per sempre tale? Non c’è dubbio che, nei paesi avanzati, si vince con il consenso degli elettori di «centro». Ma li si conquista adeguando l’offerta politica … 

(qdR magazine, 18 settembre 2012)

… Allargare l’alleanza e ampliare l’area del radicamento, sono infatti due strategie molto diverse. Nel primo caso, si sommano i voti che ciascuno apporta, custodendo la propria identità. In questo modo ciascuno può rimanere identico a sé stesso. Ma, come abbiamo sperimentato, la contraddizione tra unità dell’alleanza e diversità dei suoi componenti prima o poi esplode. Nel secondo caso, si tratta invece di ridisegnare la propria identità. Il processo è più lungo e complicato: il successo di Tony Blair venne dopo dieci anni di lavoro sul campo. Ma il punto è proprio questo: se si punta ad ampliare l’area di consenso, bisogna mettere in discussione la propria identità. Infatti, per conquistare nuovi elettori, bisogna liberarsi di vecchi schemi ideologici e guardare la realtà senza pregiudizi. In altre parole, bisogna cambiare. Come dappertutto ha cercato di fare in questi anni la sinistra europea, ridefinendo la propria funzione e i tratti essenziali del proprio programma: il rapporto tra stato e mercato, l’organizzazione dello Stato sociale, le relazioni con i sindacati e il rapporto tra politica, singoli cittadini e società civile. 

Se Veltroni avesse chiamato il Pd il “nuovo centro”, cosa avremmo detto? Colpa della Binetti? Eppure, non molto tempo fa, la Spd di Schröder si definiva Die Neue Mitte. Insomma, è venuto il momento di combattere quella battaglia culturale all’interno del proprio «mondo di riferimento» che la sinistra e il centrosinistra italiano, a differenza di quanto è accaduto negli altri paesi europei, non ha mai voluto combattere … 

(Europa, 13 maggio 2008)

… E continuo a ritenere che il Pd debba scommettere sul fatto che possa avvenire, in futuro, un mutamento nelle propensioni degli elettori. Che un partito del 30 per cento sia condannato a rimanere per sempre tale, non sta scritto da nessuna parte. Certo che, nei paesi avanzati, si vince con il consenso degli elettori di «centro». Ma li si conquista adeguando l’offerta politica. Ogni volta. Sia in Germania che in Gran Bretagna, il «centro» dell’elettorato è stato conquistato da partiti capaci di presentare proposte innovative dai lineamenti culturali espansivi. Lo hanno fatto sia socialdemocratici e laburisti con il Neue Mitte e il New Labour negli anni ’90, sia il centrodestra, recentemente, con Angela Merkel e David Cameron. Ma per conquistare le forze dinamiche e potenzialmente «centrali» della società, il Pd deve cambiare parecchie delle proprie idee, a cominciare da quelle più stantie … 

(Il Foglio, 8 luglio 2008)

… Abbiamo perso le elezioni nel 2008, nel 2009 e nel 2010. È chiaro che l’elettorato non è interessato alla nostra politica e che, quindi, dobbiamo cambiare. Per conquistare nuovi elettori, bisogna liberarsi dei vecchi schemi ideologici e guardare la realtà senza pregiudizi. A meno di non voler fare come l’estrema sinistra del Labour che, ai tempi della Thatcher, aveva stampato sugli striscioni un famoso slogan “Nessun compromesso con l’elettorato” (“No compromise with the electorate”). Ma, ovviamente, sono gli elettori ad aver ragione … 

(Europa, 22 settembre 2010)

… Matteo Renzi è, tuttavia, spontaneamente «contemporaneo»; vive naturalmente nel tempo presente. Il che non va banalizzato. Ha scritto il filosofo ceco Vaclav Belohradsky: «Le egemonie si svuotano quando cessano di essere attuali. La parola attualità è oggi banalizzata, significa “notizia del giorno”. In realtà questa è uno dei concetti fondanti della civiltà occidentale, indica infatti la forza che rende il futuro molto diverso dal passato. Il modello di questa visione del tempo è il vangelo – la buona novella, la rivelazione che il futuro degli uomini sarà diverso dal passato, nuovo. Oggi non è la rivelazione, ma la tecno-scienza a rendere il futuro radicalmente diverso dal passato costringendo la società nel suo insieme ad adattarsi a ritmi e possibilità nuove. 

Ogni egemonia è legata all’attualità, alla capacità dei gruppi dirigenti di far fronte all’attualità nel senso di controllare o governare quel fattore che di volta in volta rende il futuro radicalmente diverso dal passato – pensiamo ad esempio alla new economy resa possibile dall’espansione di Internet o alle biotecnologie. Diventa “portatore di un’egemonia alternativa” quel gruppo che riesce a rappresentare l’attualità, a convincere gli elettori di saper governare la minacciosa differenza tra il passato e il futuro che costringe a maggioranza dei cittadini a ridefinire i loro progetti di vita» …

(27 febbraio 2014)

Ho aggiunto anche questa noterella finale poiché D’Alema dice di essere stato in Iran dove Vodafone non prende e dunque non sa «nulla di quello che è successo in questi giorni». Ma, come ha scritto Cerasa «a voler essere maliziosi, il D’Alema che chiede al Pd di oggi di tornare alle sue origini è un D’Alema che appare disconnesso dalla realtà forse da più di due giorni, diciamo».

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