La scorsa settimana in un articolo pubblicato sul sito InCammino2017.it,Pietro Ichino ha ricordato come stanno le cose: “Con troppo ritardo, ma finalmente l’assegno di ricollocazione decolla: sono partite le prime 20.000 lettere dell’ANPAL ad altrettanti disoccupati di tutta Italia, i quali potranno ora scegliere l’agenzia da cui farsi assistere nella ricerca di una nuova occupazione. Questa verrà retribuita, con l’assegno appunto, in misura proporzionale alla difficoltà della ricollocazione nel caso singolo (da 1000 a 5000 euro nel caso di assunzione a tempo indeterminato), ma solo a risultato ottenuto. Una piccola rivoluzione culturale nel mondo dei servizi pubblici: ciò che viene retribuito con il denaro pubblico non è l’attività svolta per lo svolgimento del servizio, ma il conseguimento del risultato; poco importa se a ottenerlo è una struttura pubblica o privata. Proprio questa novità – sconvolgente per le vecchie strutture amministrative – aveva innescato una fortissima opposizione contro il progetto dell’assegno di ricollocazione, sia da una parte del movimento sindacale, sia da una parte degli apparati amministrativi statali e regionali. È a causa di quella opposizione che la sperimentazione del nuovo metodo decolla con tre anni di ritardo rispetto alla prima norma che la aveva prevista, già due anni prima del Jobs Act”. Per questo, come direbbe Federico Caffè, «il riformista avverte con maggiore malinconia le reprimende di chi gli rimprovera l’incapacità di fuoriuscire dal ‘sistema’».