Alla vigilia del referendum in Italia e delle elezioni presidenziali in Austria, la rubrica di Bagehot dell’Economist aveva messo in guardia dalla tentazione di interpretare, dopo l’8 novembre, qualunque cosa succeda nel mondo in relazione al trionfo di Donald Trump. Non passa giorno – avvertiva l’opinionista che scrive sotto pseudonimo – senza che un evento politico da qualche parte nel mondo non sia collegato alla vittoria sconvolgente di Trump e all’ascesa della populismo di destra. E certamente, quello di ricondurre ogni cosa ad un unico fenomeno che sarebbe in grado di dare una spiegazione a tutto, è un pericolo che, mentre l’anno sta per finire, dovremmo tenere a mente, specie se si considera l’esito delle due più recenti votazioni in Europa. Del resto, come diceva il professor Keating nel film «L’attimo fuggente», «è proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva».
Con la famosa telefonata con la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, Donald Trump ha colto tutti di sorpresa. Le reazioni cinesi non si sono fatte attendere e il Global Times (il tabloid del Partito comunista cinese) ha scritto che Trump ha le conoscenze di un bambino per quanto riguarda la diplomazia e gli ha consigliato di leggere qualche libro di storia. Quasi certamente non sarà l’ultimo fulmine a ciel sereno. Il presidente americano ha la capacità di sovvertire le tradizioni, specialmente nelle questioni di politica estera. E vista l’inclinazione di Donald Trump ad agire precipitosamente e l’eclettico gruppo di consiglieri che lo circonda, sono in parecchi a chiedersi quali altre tradizioni sono sul punto di cambiare.
Mariano Rajoy y Javier Fernández si sono accordati sui limiti della futura riforma costituzionale. Lo ha scritto ieri El País.
Anche in Spagna, dove di certo non mancano i problemi, è all’ordine del giorno la riforma della Costituzione (la più longeva nella storia spagnola), perché il consenso territoriale si è incrinato e non si può intendere la democrazia spagnola senza il processo di decentramento politico che costituisce lo Stato autonomistico. E sono proprio i socialisti spagnoli a sostenere che “la mejor defensa de la Constitución es su reforma”.
La Corte Costituzionale ha fissato a fine gennaio la data dell’esame dell’Italicum. La Corte discuterà in udienza pubblica i ricorsi di incostituzionalità sulla legge elettorale il 24 gennaio.
«Ho perso, il mio governo finisce qui». Matteo Renzi ha annunciato le dimissioni dopo la netta sconfitta al referendum costituzionale (https://m.youtube.com/watch?v=k9dNw94QvhM).
Dunque, ora Renzi si fa da parte e passa la palla ai sostenitori del No (Bersani, Brunetta, Di Maio e compagnia). Come ha annunciato nel suo discorso di ieri sera: «A loro competono oneri e onori, a loro compete la possibilità di avanzare proposte per la legge elettorale».