In America, i cronisti si stanno preparando per le rivelazioni di John Bolton, l’ex insider di Trump che è stato consigliere per la sicurezza nazionale (poi licenziato dallo stesso Trump il 10 settembre 2019). Si prevede che nel suo libro (che uscirà martedì prossimo, a meno che un’azione legale non riesca ad impedirne la pubblicazione), Bolton renderà noto ogni dettaglio del disordine trumpiano di cui è stato testimone privilegiato all’interno della Casa Bianca. Il libro si intitola, infatti, «The Room Where it Happened: A White House Memoir», la stanza dove è successo.
Il G-7 è un’organizzazione intergovernativa che comprende sette delle prime dieci economie del mondo: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Si tratta di un ristretto club nato nel 1975 e formato da sette democrazie avanzate il cui peso politico, economico, industriale e militare è (o meglio, era) considerato di centrale importanza su scala globale. Ma che cosa fa veramente? Non molto, secondo l’ex diplomatico indiano Jayant Prasad che ha scritto un saggio sul «disfacimento del gruppo dei sette» apparso su The Hindu qualche giorno fa.
Nel 2008, il National Intelligence Council ha pubblicato «Global Trends 2025: A Trasformed World», il quarto rapporto (non-classificato) della serie Global Trends.
George Floyd è morto a Minneapolis e le proteste si sono sviluppate soprattutto in America, ma la reazione, come ha sottolineato Ishaan Tharoor sul Washington Post, è stata globale. Si sa che mentre le vicende degli altri paesi solo di rado riescono a penetrare nel circuito americano delle notizie, le tragedie dell’unica superpotenza mondiale catturano il pubblico di tutto il mondo. Ma il diffondersi per ogni dove di manifestazioni di solidarietà con i manifestanti di Black Lives Matter rispecchia anche la particolare presa che l’America continua ad avere sull’immaginario globale.
Più che sul fronte economico, il vero “decoupling” tra Cina e Stati Uniti potrebbe avvenire su quello tecnologico. E per l’Europa sarà il momento di scegliere con chi stare
Ahmet Altan è uno degli autori più noti e popolari della Turchia. I suoi romanzi e i suoi saggi hanno venduto milioni di copie, e sono stati premiati in Turchia e all’estero.
La morte di George Floyd e le proteste e i disordini che l’hanno seguita (da sei giorni le strade americane sono tutte un ribollire di collera e di sdegno) stanno suscitando molte discussioni sulla razza e la giustizia in America.
La Cina tira dritto. Malgrado le proteste di massa, l’Assemblea nazionale del popolo ha approvato la nuova contestata legge sulla sicurezza nazionale da applicare alla regione autonoma di Hong Kong.
La Commissione europea, ha scritto poco fa su Twitter il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, «propone un Fondo di Recovery da 750 miliardi che si aggiunge agli strumenti comuni già varati. Una svolta europea per fronteggiare una crisi senza precedenti».
Ieri la polizia di Hong Kong ha arrestato almeno 150 manifestanti e usato gas lacrimogeni, spray urticanti e cannoni ad acqua per disperdere le migliaia di persone scese in strada per protestare contro la nuova legge sulla sicurezza nazionale che la Cina si sta preparando ad imporre all’ex colonia britannica per sanzionare il tradimento e la sedizione contro il governo continentale.