Sulla questione immigrazione è facile cadere in giudizi emotivi o anche ideologici. Allora cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Se è vero che – stando al verbale della commissione che ha accettato il testo sull’immigrazione da me firmato insieme a diversi esponenti del Pd – «i documenti presentati non configurano linee alternative» e la proposta di introdurre un sistema di ammissione a punti «è contenuta nel documento generale», perché la «proposta di Veltroni» sarebbe «di destra» come ha scritto su “l’Unità” qualcuno? Inoltre, il modello di cui si discute, è stato introdotto in Inghilterra dal Labour Party. I socialisti inglesi (o quelli danesi) non si occupano degli ultimi, dei poveri, degli emarginati?
Nessun italiano dubita che il centrosinistra stia dalla parte dei migranti (siamo tutti d’accordo che i migranti regolari debbano accedere ai diritti sociali e politici: casa, scuola, formazione, sanità, voto locale, cittadinanza); buona parte degli italiani ritiene invece che non riusciamo a comprendere le loro preoccupazioni sull’immigrazione (se minaccerà i loro salari, le loro prospettive di lavoro, la loro sicurezza o metterà sotto pressione i servizi e l’edilizia pubblica), al punto che l’inquietudine pubblica circa l’immigrazione influenza ormai la fiducia nel sistema politico e nelle istituzioni.
La gente ha bisogno di sapere che l’immigrazione è controllata, che le regole sono ferme e giuste, che c’è sostegno per le comunità alle prese con il cambiamento. Dunque (a meno che non si dica che devono poter entrare tutti) il punto è: «come si sceglie?» E come si affanna a ripetere Massimo Livi Bacci, non deve essere solo l’esistenza di un posto di lavoro che determina l’ammissione dell’immigrato ma anche la qualità del capitale umano, la capacità di far parte della società e di contribuire alla sua crescita e la volontà d’inclusione. Proprio perché l’immigrazione non è un fatto temporaneo, ma un trapianto duraturo. Australia, Nuova Zelanda, Canada, Gran Bretagna e Danimarca hanno adottato strategie di questo tipo. E l’ammissibilità è legata a una valutazione delle caratteristiche degli immigrati, in funzione del loro contributo allo sviluppo e alla coesione.
La selettività, tuttavia, è basata su criteri noti e controllabili, al contrario delle politiche attuali, implicitamente selettive, opache e arbitrarie. Allo stesso tempo lo Stato accoglie generosamente chi ha bisogno di soccorso umanitario, sostiene le politiche di aiuto allo sviluppo (da noi, a differenza degli inglesi, ridotte al lumicino) e mette in grado l’immigrazione di acquisire pieni diritti sociali, politici e di cittadinanza. Dall’equilibrio di questi elementi può scaturire una nuova politica migratoria funzionale alla crescita della nostra società. Discutiamone senza anatemi.