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Europa, 3 giugno 2010 – Insisto: difendo i parlamentari

Una decina di giorni fa, dopo che i giornali avevano dato rilievo al presidente della camera Gianfranco Fini che stigmatizzava la settimana cortissima dei lavori parlamentari, come parlamentare avevo deciso di mettere un post sul mio blog. Mi domandavo, sollecitato anche da mia moglie, come venisse percepito il mio impegno a Montecitorio di fronte ai continui attacchi all’istituzione parlamento da parte dei media e, in quel momento, anche da parte del suo presidente. Per cercare di dimostrare che non siamo tutti fannulloni o membri della cricca o ricchi sfondati raccontavo del lavoro di un deputato (che non si esaurisce nel voto in aula, ma comprende gli impegni in commissione o nel territorio dove incontriamo e ascoltiamo la gente che poi ci dà o ci nega il voto persino in queste camere di comandati) e, per maggiore trasparenza, aggiungevo anche l’ammontare del mio stipendio e il contributo che verso al mio partito, il Pd, sottolineando anche di essere un privilegiato rispetto a moltissimi italiani sottopagati o disoccupati.
Quelle righe volevano essere anzitutto un monito per tutti: come si può pensare (lo chiedo anzitutto ai nostri leader) di conservare e addirittura rafforzare la democrazia parlamentare se oggi sputare addosso ai parlamentari e al parlamento è diventato uno sport nazionale? È chiaro che, di questo passo, Berlusconi otterrà il presidenzialismo (quello sudamericano, naturalmente) per acclamazione. Certo che si deve riformare il parlamento (noi proponiamo infatti di dimezzare il numero dei parlamentari), ma smettiamo di denigrare la democrazia rappresentativa e il bilanciamento che anche queste nostre camere fanno a un esecutivo che la fa già da padrone, ma che potrebbe spingersi molto più in là. Berlusconi se la gode ogni volta che il parlamento e chi lo popola è sotto accusa. E molti vorrebbero che queste Aule fossero occupate soltanto dai ricchi, che si tornasse a quelle sabaude, formate da conti e da marchesi, da qualche vescovo e dai presidenti degli ordini professionali.
Sono finito in un articolo di Repubblica a far da chiusura a un’inchiesta in cui si parlava di tagli agli emolumenti degli onorevoli. Il mio allarme sulla concreta minaccia di un presidenzialismo sudamericano, è diventata la difesa del mio stipendio e non dell’istituzione nella quale sono orgoglioso (visto che vengo “dal basso”) di portare le istanze di chi mi ha dato fiducia. E sono finito nel tritacarne del web e nella cronaca dei giornali locali, che si sono alimentati a vicenda.
Amarezza a parte, trovo che il problema sia molto serio. Da quant’è che il carattere compromissorio dell’ordinamento parlamentare, la sua lentezza in fatto di decisioni e, più in generale, quel che accade «dentro il parlamento», sono additati al disprezzo dell’opinione pubblica? Sia chiaro: quel che è avvenuto in questi anni (a partire dalla dissoluzione del vecchio sistema dei partiti) non è un incidente di percorso e da tempo la premiership è diventata la vera e fondamentale posta in gioco. Non credo neppure che il parlamentarismo limitato, il sistema tedesco (specialmente se «alle vongole ») o la riduzione dei parlamentari possano bastare: too late, too little; e penso che dovrebbe essere il centrosinistra ad avanzare e precisare il tema del presidenzialismo (visto che bisogna ricostruire il sistema dei checks and balances tra poteri e istituzioni dello stato) come complemento necessario dell’Italia federale.
Ma resto dell’idea che il parlamento non sia soltanto un costo. Nonostante le contraddizioni, i ritardi e gli errori, l’Italia repubblicana è riuscita non solo a conservare la democrazia, ma a consolidarla, garantendo oltre 50 anni di pace, di sviluppo e di progresso come mai nella storia della penisola. Basterebbe questa constatazione a ricordare la superiorità della democrazia rappresentativa rispetto a qualsiasi altra forma di regime politico.
E resto dell’opinione che quando i mezzi di informazione avranno finito di raccontare che siamo tutti quanti, senza distinzione alcuna: inutili/fannulloni/ truffatori/puttanieri, non basterà un editoriale o qualche mail a rimettere tutto a posto. L’ultima volta che il parlamento è stato chiuso (un intervento sul mio blog ha ricordato le invettive che l’ala extraparlamentare ha sempre lanciato contro il “cretinismo parlamentare” dei traditori corrotti della classe operaia), per riaprirlo è corso molto sangue e il paese è stato ridotto in macerie.

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