Intervista con il deputato, uno dei papabili per la corsa regionale: «Non bisogna avere paura di un conflitto trasparente tra idee diverse»
di Antonella Lanfrit
UDINE – «Prima ci diamo una mossa e meglio è», perché per scegliere la leadership «è già tardi, dobbiamo procedere il prima possibile». E se «il Pd fosse costretto ad esternalizzare la scelta, significherebbe certificare una sconfitta». A sollecitare un cambio di passo per i Democratici del Friuli Venezia Giulia per le regionali del 2013 è il deputato del partito Alessandro Maran. Una sollecitazione interessata, si potrebbe dire, posto che il suo è uno dei nomi più volte indicato tra i papabili per la corsa alla presidenza della Regione, ma il suo input è la conseguenza di un ragionamento più ampio.
«Il Pd nacque da un presupposto – spiega il deputato – : che i cittadini potessero cambiare idea. Che il voto cioè non fosse predefinito, perché non più legato alle vecchie appartenenze. Ne consegue che anche il Pd deve cambiare idee e mentalità». La questione del candidato, cioè, «non è solo affare di facce, ma di teste nuove». E se ciò comporta uno «scontro creativo» all’interno del partito su «diverse visioni di futuro», non è un male. Perché «è solo dal confronto fra diverse opzioni che può maturare la leadership». E’ il processo che in seno ai Democratici americani ha fatto emergere Obama, ricorda Maran, ed è la tensione dei maggiori partiti europei cui il Pd dovrebbe guardare.
«La scelta del candidato non è un concorso di bellezza – rincara -, significa individuare cosa fare e, soprattutto, come realizzare gli obiettivi. L’idea guida non può essere la relativa notorietà del nome da far scendere in campo». La crisi di fiducia nei confronti dei partiti e l’ombra di un assenteismo dilagante non scoraggiano Maran, perché «dobbiamo scommettere sulla responsabilità della scelta. La politica è proprio lo spazio della scelta – sottolinea – e perciò l’affermazione dell’attuale presidente della Regione, Renzo Tondo, non è inevitabile. Le sue riforme, per ora, sono solo chiacchiere».
Ma proprio in virtù di questo ragionamento, occorre che il Pd dia agli elettori materia per scegliere. «La gente è smarrita, avrebbe bisogno di una leadership, che però non può più uscire da accordi tra capi bastone o da segrete stanze e non può neanche essere presentata nelle ultime settimane». Pensare che funzioni una simile strategia «è un’illusione». Perciò la scelta di una moratoria per salvare l’unitarietà del partito ha fatto il suo tempo. E il «rimprovero» che Maran muove al Pd friulgiuliano è quello di «una discussione interna sottotraccia». Le diverse ipotesi di futuro «debbono emergere. Un conflitto trasparente è positivo. Un conflitto sottaciuto non si capisce ed è derubricato ad interessi di bottega, fa parte di quell’armamentario dei partiti che i cittadini non accettano più». Tra una settimana «potrebbero esserci notizie positive», conclude Maran, con la possibile vittoria di Hollande in Francia e «lusinghieri risultati» alle amministrative. Dal suo punto di vista motivi in più per il tempo della scelta.