Anche il nuovo presidente americano si trova ora di fronte al dilemma rappresentato dall’Afganistan. Un problema con il quale Joe Biden deve fare i conti prima del primo maggio, il termine stabilito per il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, dove sono state schierate poco dopo gli attacchi dell’11 settembre del 2001 (ma ci siamo anche noi: il contributo italiano attuale prevede l’impiego di circa 800 militari, 145 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei, suddivisi tra personale con sede a Kabul e contingente militare italiano dislocato ad Herat presso il TAAC-W).
Nella sua newsletter, Ian Prasad Philbrick del New York Times, dopo averne discusso con Helene Cooper e T.M. Gibbons-Neft, ha riassunto le tre principali opzioni che ha di fronte Biden e i possibili rischi di ciascuna delle alternative.
Ritirarsi subito, è la prima delle opzioni. Molto probabilmente, come lascia intendere la sua storia personale, Biden preferirebbe un ritiro rapido, sostiene Helen Cooper che per il New York Times segue il Pentagono. Come vicepresidente, Biden si è infatti battuto per una presenza in Afganistan più ridotta di quanto volessero i consiglieri militari del presidente Obama (ed ha perso la partita). Tuttavia, ora che Biden è nella posizione di poter decidere, la sua prospettiva sembra essere cambiata. Ha detto che riportare a casa i circa 3500 soldati americani entro maggio (la data limite che Biden eredita da Trump), sarebbe un’impresa molto difficile dal punto di vista logistico. «Basta pensare a quanto ci vuole per traslocare da un appartamento in cui si è trasferiti solo per un anno», spiega T.M Gibbons-Neft, corrispondente da Kabul per il Times (ed ex marine). «Immaginate di andare in guerra per due decenni».
Inoltre, una partenza frettolosa potrebbe avere serie conseguenze per l’Afghanistan. L’amministrazione Trump ha accettato il ritiro come parte dell’accordo che ha siglato l’anno scorso con i talebani, il gruppo militante di fondamentalisti islamici formatisi nelle scuole coraniche afghane e pakistane che ha governato gran parte del paese prima che gli americani lo invadessero. I talebani, tuttavia, stanno già decimando i loro antagonisti con uccisioni mirate di militari e di civili afgani (figure della politica, della società civile, dei media, ecc.) e molti funzionari afghani e americani temono che, se le truppe americane dovessero partire, i talebani possano cercare di prendere il potere con la forza.
I dubbi di Biden sulla deadline di maggio probabilmente riflettono anche preoccupazioni politica interna. Mentre in Afghanistan il conflitto continua a plasmare la vita delle persone, è scomparso dall’orizzonte della maggioranza degli americani. Ma la situazione potrebbe cambiare da un momento all’altro, sostiene T. M. Gibbons-Neft, «se Kabul dovesse cadere nelle mani dei talebani per il telegiornale della sera».
La seconda opzione è quella di prendere tempo. Gli Stati Uniti potrebbero prorogare di alcuni mesi il ritiro mentre continuano a patrocinare i negoziati di pace tra i talebani e il governo democratico dell’Afghanistan. Biden sembra propendere per questa opzione. «Ce ne andremo. Il punto è quando», ha detto qualche settima fa. Questa opzione potrebbe evitare il caos di un ritiro frettoloso, ma avrebbe solo l’effetto di ritardare le violenze se i talebani e il governo afgano non dovessero raggiungere un accordo per la condivisione del potere. I talebani vogliono che gli americani se ne vadano e, per questo, hanno ridotto i loro attacchi sulle truppe americane dopo la sottoscrizione dell’intesa con l’amministrazione Trump. Ma, come sostiene Helen Cooper, «se le truppe americane dovessero rimanere oltre la scadenza del primo maggio, c’è da aspettarsi che gli attacchi riprendano a tutta forza».
Per gli americani, la terza opzione è quella di restare. Biden potrebbe concludere che è necessario che un certo numero di militari restino in Afghanistan per sostenere l’esercito afgano, che rimane debole, e salvaguardare i progressi (incompleti ma reali) che dal 2001 il paese ha compiuto riguardo alla democrazia e all’istruzione delle donne. Il guaio è che proprio tali motivazioni hanno contribuito a far sì che i due predecessori di Biden rimanessero intrappolati in Afghanistan e molto probabilmente finirebbero per prolungare il coinvolgimento americano nel terzo decennio. E la guerra è già costata circa 2000 miliardi di dollari e le vite di migliaia di afghani, americani e di alleati. «Andarsene probabilmente vorrebbe dire stravolgere completamente tutte le conquiste degli ultimi vent’anni», sostiene Cooper. «Ma la presenza di truppe per l’eternità non è qualcosa che i leader politici sognano di vendere al pubblico».
Le trattative tra i talebani e il governo afgano continueranno in Turchia (sì, proprio in Turchia) per tutto il mese. Il punto è che indipendentemente dal fatto che si riesca a siglare un’intesa, i talebani ritengono di avere il coltello dalla parte del manico.
Alessandro Maran