Saranno le elezioni in Olanda, il 15 marzo prossimo, il primo banco di prova della tenuta dell’Unione Europea. Tra due settimane, dieci giorni prima del 60° anniversario della Firma del Trattato di Roma, gli olandesi saranno chiamati ad eleggere un nuovo Parlamento. Vedremo, dunque, se davvero, come va dicendo il suo leader Geert Wilders, “una volta fuori, il genio non rientrerà nella bottiglia” e il Partito per la Libertà olandese (PVV) sarà destinato a conquistare il governo di uno dei Paesi più civili e liberali d’Europa.
di Maurizio Bait
TRIESTE – «Il vero problema in Friuli Venezia Giulia, adesso che la Sinistra si spacca, non sta nella tenuta della maggioranza che regge la Giunta di Debora Serracchiani. Sta nell’oggettiva difficoltà del “dopo”. Debora non può andarsene a Roma così, d’un botto.Tenendo presente che in Regione vigono elezioni diretta e sistema maggioritario, ossia una condizione di partenza che induce a stare insieme».
UDINE – Alessandro Maran può avere tante etichette appiccicate addosso, ma tre, in particolare, calzano a pennello al senatore gradese: coerenza di visione in politica economica, fede renziana della prima ora e franchezza nell’esprimere le proprie opinioni. Per questo quando all’attuale vicecapogruppo dem al Senato si chiede un’analisi sulla tragedia greca che si sta consumando all’interno del partito, Maran parla, come sempre, senza peli sulla lingua. «La discussione sulla data del congresso è ridicola – spiega –, perché qui il nucleo centrale del ragionamento deve essere il progetto futuro del Pd, non quando e come andiamo a votare per la segreteria». Prima stilettata, questa, alla minoranza, cui ne segue un’altra di portata e intensità molto più ampia. «Il sistema proporzionale che si sta delineando – continua Maran – è sicuramente un incentivo alla frammentazione, ma io fossi in qualcuno starei molto attento nel fare i conti. È vero che al momento è previsto un premio di maggioranza esplicito soltanto alla Camera, ma al Senato c’è n’è uno implicito e tutt’altro che facile da cogliere».
In campagna elettorale, si sa, Donald Trump è stato molto indulgente con Putin. All’opposto, non ha attaccato nessun altro paese così intensamente come la Cina. Trump ha accusato i cinesi di «stuprare» e di «uccidere» gli Stati Uniti sul piano commerciale manipolando artificialmente la loro valuta per favorire l’export. Una linea che ha ripreso, una volta eletto, accentuando la sua bellicosità verso Pechino, e che è culminata in una inusuale telefonata alla presidente di Taiwan.
Sono on line le slides della relazione svolta da Giorgio Tonini all’incontro di LibertàEguale che si è tenuto a Roma venerdì scorso. Nel suo intervento introduttivo, il presidente della Commissione Bilancio del Senato si è soffermato sulle ragioni della sconfitta referendaria (compreso «l’elefante di Milanovic»), su quel che ci attende nel futuro prossimo e sul che fare.
Nei giorni scorsi Mario Draghi è intervenuto in difesa di quei valori portanti e condivisi che hanno assicurato all’Europa sessanta anni di pace e crescita. Primo fra tutti, il libero mercato. Il presidente della Bce ha parlato a Lubiana, in Slovenia (Mario Draghi: Security through unity: making integration work for Europe ), e poi in audizione alla Commissione Affari Economici del Parlamento europeo (Mario Draghi: Hearing of the Committee on Economic and Monetary Affairs of the European Parliament). In entrambe le occasioni, Mario Draghi, ha indossato i panni del patriota europeo e ha sottolineato il bisogno di un’Ue unita e capace di reagire in modo compatto alle minacce che possono scaturire dai nuovi equilibri mondiali. Da leggere anche l’intervento di Enrico Morando alla riunione di Libertàeguale del 28 gennaio scorso a Milano.
Domenica scorsa, Donald Trump ha difeso Vladimir Putin dall’accusa di essere un ‘assassino’ dicendo a Bill O’Reilly, nel corso dell’intervista su Fox News, ‘anche da noi ci sono molti assassini. Pensa che la nostra nazione sia così innocente?’.
L’intervento del senatore Pd, Alessandro Maran
Bisogna riconoscere che, tra un tweet e l’altro, nella sua prima settimana in carica, il presidente Donald Trump ha tratteggiato un quadro di politica estera coerente e, immagino, accuratamente progettato. Gli executive order di Trump delineano, infatti, in linea con lo slogan “l’America prima di tutto”, il cambiamento più importante nella politica estera americana dall’attacco giapponese a Pearl Harbor nel dicembre del 1941.
«La questione centrale non è la data, ma come si presenterà il partito agli italiani»
di Mattia Pertoldi – UDINE
C’è un renziano, di ferro e della prima ora, che dal cuore del Friuli frena sulla data delle elezioni. E il piede levato dall’acceleratore non è quello di un renziano qualsiasi, bensì porta il nome il cognome di Alessandro Maran, senatore e vicecapogruppo Pd a palazzo Madama. Ex segretario dei Ds, ideatore del referendum sull’elezione diretta del presidente della Regione che anticipò la vittoria di Riccardo Illy, dopo lo strappo con il Pd di Pierluigi Bersani e la candidatura con i centristi di Mario Monti alle ultime Politiche ha fatto ritorno a febbraio di due anni or sono nelle fila democratiche guidate da Matteo Renzi.