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qdR magazine settimanale di propaganda riformista, numero 79 del 9 ottobre 2012 – Obama: la vittoria non è un pranzo di gala

«Lo sfidante è giunto al confronto ben preparato e ha messo in mostra un’impressionante padronanza degli argomenti. E’ stato acuto, determinato e diretto. Ha corretto il Presidente ripetutamente, evidenziando, educatamente ma in modo deciso, che le sue proposte erano state rappresentate scorrettamente. Ha sviluppato un’appassionata dichiarazione conclusiva, al termine della quale gli opinionisti sono stati d’accordo nel ritenere che ha infuso nuova vita nella sua campagna. Il Presidente invece sembrava svogliato e distratto. Mancava di energia e scrutava insistentemente le note che aveva sottomano. Nel complesso, ha dato l’impressione che avrebbe preferito piuttosto stare dal dentista. Perfino alcuni membri del suo stesso partito hanno dovuto ammettere che ha perso il dibattito. L’anno era il 1984. Il presidente era Ronald Regan e lo sfidante era Walter Mondale. Prima di attribuire troppi significati al dibattito della notte scorsa a Denver, che i mezzibusti e i twitterers quasi unanimemente hanno proclamato una grande vittoria ai punti per Mitt Romney (qualcuno ha decretato un KO tecnico), vale la pena di richiamare un po’ di storia». Così ha scritto John Cassidy sul New Yorker.

Quello che si è appena concluso non è che il primo di tre dibattiti e i fondamentali favoriscono ancora abbondantemente Obama. L’altra sera non ha perso le elezioni; sicuramente le ha rese più interessanti, il che ovviamente non era nelle sue intenzioni.

Ora rimane da chiedersi: quanto sarà grande la spinta che Romney riceverà nei sondaggi? E, soprattutto, Obama è in grado di riprendersi? Il Presidente ha inanellato due spente performance pubbliche una dopo l’altra – la prima è stata il suo discorso alla convention. Per i supporter democratici è presto per farsi prendere dal panico. Oltretutto, non mancano le buone notizie: il tasso di disoccupazione è sceso dall’8.1% al 7.8%. Ma il Presidente e la sua campagna hanno bisogno di accelerare. L’idea che Obama, a patto che non si facciano grossi errori, possa percorrere in discesa senza pedalare il tratto di strada che lo separa dalla vittoria (un assunto che sembra aver guidato la sua campagna elettorale almeno dall’inizio di agosto), è stato messo in discussione in modo spettacolare. Nei prossimi due dibattiti, vedremo sicuramente un Obama molto più aggressivo e concentrato. Ma quel che è successo a Denver ha dato al suo sfidante un grande incoraggiamento restituendogli fiducia e credibilità. E i Democratici non possono più credibilmente limitarsi a dipingere Romney semplicemente come un estremista tout court.

Resta tuttavia un fatto: nei prossimi giorni il gradimento di Obama può registrare una flessione nei sondaggi, ma quegli stessi sondaggi continuano a segnalare anche un enorme divario nelle propensioni degli elettori nei confronti dei due candidati in relazione alle questioni di fondo: su chi tutelerà meglio Medicare, chi gestirà più equamente la politica fiscale e chi sosterrà la classe media. Il dibattito dell’altra sera ha oscurato queste differenze più di quanto avrebbe dovuto; ma è verosimile che le differenze tornino a farsi sentire.

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