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qdR magazine settimanale di propaganda riformista, numero 85 del 20 novembre 2012 – Quel conservatorismo «progressista»

Mancano più di dieci mesi da qui alle elezioni in Germania, ma il clima, anche a Berlino, comincia a scaldarsi. Si fanno congetture su una nuova coalizione, qualcosa di mai sperimentato a livello nazionale: una alleanza «Nero-Verde» tra la Cdu del cancelliere Angela Merkel, il cuore dell’attuale governo conservatore, e i Grünen, ambientalisti e tradizionalmente anti-establishment. Ne ha parlato anche il Financial Times, mercoledì scorso.

Una coalizione «Nero-Verde» rappresenterebbe una riconciliazione degna di nota tra la  generazione protestataria e di sinistra degli anni 60 e i loro (perplessi) genitori conservatori. I due partiti non hanno mai governato assieme a livello nazionale (quando i primi verdi arrivarono al Bundestag nel 1983, furono accolti con aperta ostilità dai banchi dei conservatori) e neppure in un grande land come il Baden-Württemberg o il Nordrhein-Westfalen. I tentativi compiuti ad Amburgo e nella Saarland sono finiti in un nulla di fatto e con parecchia acredine. Ma il gran parlare di una alleanza «Nero-Verde» è solo aria fritta? Le opinioni divergono. Ma quello che divide i due partiti, scrive Quentin Peel, «è più lo stile della sostanza». Entrambi i partiti concordano sulla politica ambientale, sulla severa disciplina fiscale e su una più stretta integrazione per risolvere la crisi dell’eurozona. Queste sono senza dubbio le tre questioni principali in ogni agenda di governo in Germania. Possono differenziarsi sulla politica migratoria, i diritti dei gay e altri atteggiamenti sociali, ma queste sono urgenze meno importanti. Alcuni analisti ritengono che una combinazione «Nero-Verde» potrebbe essere il governo più conservatore dalla fondazione della Repubblica federale tedesca. «La conservazione è un argomento profondamente conservatore», ha detto al Financial Times, Andreas Busch, professore all’Università di Göttingen, riferendosi al cuore di qualunque programma Verde.  Va da sé che una maggioranza «Rosso-Verde» potrebbe scacciare la Signora Merkel. Ma se questa non c’è, allora quella «Nero-Verde» è una possibilità.

Alle prese con i guai di casa nostra e le elezioni che verranno, il più delle volte finiamo per trascurare quel che succede intorno a noi. Eppure, i partiti di centrodestra in Europa stanno ottenendo un successo elettorale significativo aggiornando pragmaticamente il loro appeal e cercando di posizionarsi al «centro» del sistema politico (quello che inglesi e americani chiamano «triangulation»), fuori dal solco consueto, «sopra» ed «oltre» la destra e la sinistra dello spettro politico tradizionale.

Insomma, c’è una nuova agenda conservatrice «progressista» che sta rimodellando la politica del centrodestra in buona parte d’Europa. E lo sviluppo del conservatorismo «progressista» rappresenta una sfida rilevante al tradizionale modo di pensare dei socialdemocratici. Com’è evidente soprattutto nelle strategie di governo dei partiti di centrodestra in Germania, in Svezia e nel Regno Unito, il conservatorismo «progressista» cerca di controllare il «centro» del terreno politico attraverso una reputazione di competenza economica, una rinnovata diffidenza circa il ruolo dello stato e l’efficienza del settore pubblico e la fiducia nel ruolo dei valori tradizionali nel contesto delle società contemporanee.

Policy Network, il think tank inglese, in questi mesi sta cercando meritoriamente di promuovere una migliore comprensione della nuova agenda conservatrice «progressista» tra i socialdemocratici, delineando le implicazioni elettorali per il centrosinistra e i riflessi sulle strategie per il futuro. Specie se si considera che, nei paesi avanzati, si vince con il consenso degli elettori di «centro».

Rimarrebbe da osservare che il «centro» non è un luogo geometrico da sempre e per sempre immobile, da occupare con una forza centrista e moderata che aspira al ruolo di ago della bilancia. Che non è al centro politico che bisogna guardare, ma al «centro sociale», cioè alle forze dinamiche e potenzialmente «centrali» della società. Che gli elettori di «centro» li si conquista adeguando l’offerta politica. Ogni volta. Sia in Germania sia in Gran Bretagna e in Svezia, il centro dell’elettorato è stato conquistato da partiti capaci di presentare proposte innovative dai lineamenti culturali espansivi. Ma in Italia, purtroppo, sembra fiato sprecato.

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