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Quel pasticciaccio brutto dell’Europa sui vaccini – Il Riformista, 17 marzo 2021

Come sappiamo, nonostante le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) assicurino che non c’è motivo di ritenere che il vaccino contro il Covid-19 di AstraZeneca provochi trombosi, una serie di paesi europei (compreso il nostro) hanno sospeso temporaneamente le vaccinazioni, dopo che si sono registrati alcuni casi di decesso dopo la somministrazione del vaccino. E la lista dei paesi che sospendono l’uso del vaccino continua a crescere: ieri si sono aggiunti Cipro, il Lussemburgo, la Lettonia e la Svezia.

La cosa, ovviamente, ha provocato grande sconcerto e, ovviamente, mezzo mondo ci guarda sbigottito. L’Europa, ha scritto la CNN, «è seduta su quasi 8 milioni di dosi inutilizzate del vaccino AstraZeneca». L’Economist ha parlato non solo di una decisione esageratamente prudente, ma di un errore concettuale nel ragionamento: «Il punto in discussione … è svincolare la causalità dalla correlazione», scrive il magazine. «Le trombosi sono frequenti. E lo sono, in modo crescente, i vaccini contro il Covid-19. EMA riconosce che ci sono stati 30 ‘eventi tromboembolici’ tra circa 5 milioni di persone a cui è stato somministrato il vaccino AstraZeneca. Che alcune persone con la trombosi abbiano anche fatto il vaccino contro il Covid è, di per sé, non più significativo del fatto che alcune di loro avranno probabilmente assunto integratori vitaminici o paracetamolo o fatto colazione». Gli studi, del resto, non indicano alcuna differenza nel rischio di trombosi tra i gruppi trattati con placebo e le persone vaccinate con AstraZeneca, ha scritto sul Guardian David Spiegelhalter, presidente del Winton Center for Risk and Evidence Communication a Cambridge. Tuttavia, gli esseri umani sono notoriamente incapaci «di resistere alla tentazione di trovare relazioni causali» anche quando non ci sono.

Per quanto riguarda le conseguenze, il columnist di Bloomberg Lionel Laurent ha sottolineato il costo nel ritardare le vaccinazioni e l’immunità di gregge: il gigante delle assicurazioni Allianz SE «ha stimato il costo di un ritardo di cinque settimane nella riapertura economica della UE a 90 miliardi di euro». Senza contare che se i governi europei sperano in questo modo di rabbonire un’opinione pubblica molto scettica riguardo ai vaccini, la sospensione può rivelarsi controproducente: secondo Michael Head, docente di global-health all’Università di Southampton (intervistato da Bobbie Johnson della MIT Technology Review), può «fissarsi indelebilmente nella coscienza dell’opinione pubblica» e «accrescere la riluttanza» a vaccinarsi.

Ieri David Leonhardt del New York Times ha dedicato «The Morning», la newsletter quotidiana al «disastro dell’Europa sui vaccini». Il fatto è che i vaccini contro il Covid-19 funzionano, ha scritto Leonhardt. Nei paesi che hanno vaccinato una quota rilevante dei loro abitanti, il numero dei nuovi casi è in diminuzione, spesso in modo drastico. Questa è la situazione in Israele, negli Emirati Arabi Uniti e in Gran Bretagna. I casi stanno diminuendo anche negli Stati Uniti, che non sono ancora arrivati al punto a cui sono giunti questi tre paesi, ma sono comunque molto più avanti della maggior parte degli altri. «All’altro capo dello spettro» c’è appunto, sostiene Leonhardt, il continente europeo. Nella maggior parte dell’Unione Europea, il lancio del vaccino è stato lento e i nuovi casi sono in aumento. L’Europa è stata il primo luogo dove il coronavirus ha seminato la morte e ora è «di fronte alla prospettiva di emergere dalla morsa del virus per ultima».

Sempre sul New York Times, Jason Horowitz ha scritto da Roma: «I governi stanno mettendo in lockdown popolazioni esauste. Le proteste di piazza stanno diventando violente. Un anno dopo che il virus ha iniziato a diffondersi in Europa, le cose sono sempre sorprendentemente allo stesso punto»; e come hanno scritto Eyck Freymann ed Elettra Ardissino su Foreign Policy: «La primavera nell’Unione europea sarà una cosa triste». Si tratta di «propaganda anglo-americana»? Macchè. Perfino il giornale tedesco Bild ha titolato di recente «Liebe Briten, We Beneiden You!», un misto di tedesco e di inglese che significa «Cari inglesi, vi invidiamo!»; e Wolfgang Münchau di Eurointelligence ha detto che il programma di vaccinazione europeo rivaleggia con l’austerità di bilancio degli ultimi anni per il titolo di «peggior errore politico dell’Unione europea della mia vita».

Perché l’Europa si è mossa in modo così maldestro? Secondo David Leonhardt, tre sono i motivi principali.

In primo luogo, c’è troppa burocrazia. Mentre gli Stati Uniti ed altri paesi si sono affrettati a firmare accordi con i produttori di vaccini, l’Unione europea per prima cosa ha cercato di assicurarsi che tutti i 27 paesi membri concordassero su come affrontare i negoziati. L’Europa ha scelto «di dare priorità al processo rispetto alla rapidità e alla solidarietà tra i paesi della UE rispetto all’esigenza di dare ai singoli governi più margine di manovra», hanno scritto Jillian Deutsch e Sarah Wheaton su Politico Europe. Il risultato è stato un’approvazione più lenta dei vaccini da parte delle autorità e accordi procrastinati per l’acquisto delle dosi, costringendo l’Europa ad aspettare in fila dietro ai paesi che si sono mossi più velocemente.

In secondo luogo, c’è stata troppa taccagneria, sostiene Leonhardt ricorrendo ad un vecchio detto, «l’avarizia è nemica della saggezza». L’Europa ha posto l’accento sulla negoziazione di un prezzo contenuto per le dosi del vaccino. I funzionari israeliani, al contrario, hanno pagato di buon grado un sovrapprezzo per ricevere le dosi rapidamente. Israele ha pagato circa 25 dollari per ogni dose Pfizer e gli Stati Uniti pagano circa 20 dollari per dose. La UE paga dai 15 ai 19 dollari. Il prezzo «scontato» è diventato perciò un’altra ragione per cui l’Europa ha dovuto aspettare il suo turno dopo altri paesi. Eppure, come ha scritto Münchau, «la differenza di prezzo è macroeconomicamente irrilevante». Di più, anche in termini puramente economici, il trade-off sarà probabilmente negativo: ogni dollaro risparmiato per ciascuna dose del vaccino potrebbe ammontare alla fine ad 1 miliardo di dollari:  nient’altro che un «insignificante» errore di arrotondamento per un blocco commerciale con una produzione economica annuale di quasi 20 trilioni di dollari. Senza contare che potrebbe bastare un singolo ulteriore lockdown, come quello disposto dall’Italia questa settimana, per spazzare via ogni risparmio.

Infine, c’è la paura dei vaccini. «L’Europa è l’epicentro mondiale dello scetticismo sui vaccini» hanno scritto Deutsch e Wheaton su Politico Europe. Questo scetticismo precede il Covid e ora le sue conseguenze si fanno sentire. In un sondaggio pubblicato sulla rivista Nature Medicine, agli abitanti di 19 paesi è stato chiesto se avrebbero preso un vaccino contro il Covid che si fosse «dimostrato sicuro ed efficace». In Cina, l’89 per cento delle persone ha detto di sì. Negli Stati Uniti, il 75 per cento. In gran parte dell’Europa le percentuali sono state più basse: 68 per cento in Germania, 65 per cento in Svezia, 59 per cento in Francia e 56 per cento in Polonia. Il che, secondo Leonhardt, aiuta a spiegare il problema delle vaccinazioni in Europa. Poco importa, infatti, che la principale autorità di regolazione dei farmaci in Europa dica ancora che i benefici superano i rischi; che Ann Taylor, lo Chief Medical Officer di Astrazeneca, sottolinei che il tasso di trombosi tra gli europei vaccinati sia inferiore «a quello che ci si aspetta tra la popolazione nel complesso»; o che i virologi continuino a ribadire, uno dopo l’altro, che «i benefici del vaccino AstraZeneca nella prevenzione del Covid, dell’ospedalizzazione e dei decessi, superano i rischi di effetti collaterali, soprattutto nel pieno della pandemia». La diffidenza rimane. Col risultato che se nel corso dell’estate, erano gli Stati Uniti a faticare, più di qualsiasi altro paese, a contenere il Covid, oggi a stare peggio è l’Europa.

Alessandro Maran

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