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E adesso?

Archiviata la partita delle primarie del Partito democratico, che hanno visto, com’era prevedibile, la vittoria di Matteo Renzi, oggi il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, prova a rispondere ad alcune domande «che ruotano tutte attorno a un unico grande tema sintetizzabile in quattro lettere: e ora?».

Secondo Cerasa, «la partita di Renzi potrà avere un senso solo se il segretario Pd riuscirà a trovare anche un altro modo per fare quello che gli era riuscito bene all’inizio del suo percorso: provare cioè a essere il punto di incontro naturale tra un progressismo rinnovato e un conservatorismo moderato. La riforma costituzionale, pace all’anima sua, era l’occasione naturale per far convergere i due mondi ma una volta accettato il fatto che quella riforma non c’è più, il nuovo segretario del Pd ha oggi un’altra carta chiara per raddoppiare la posta e intestarsi un nuovo formidabile e trasversale progetto della nazione, che avrebbe un senso particolare nel caso in cui Macron dovesse vincere in Francia il ballottaggio di domenica prossima: non perdere tempo a fare in fretta e furia in questa legislatura una pasticciata legge elettorale ma intestarsi da subito una battaglia che potrebbe evitare all’Italia l’eterno ritorno alla Prima Repubblica, portando magicamente il nostro paese direttamente alla Quinta Repubblica, a partire dalla prossima legislatura. La mossa è evidente e coincide con una battaglia cara tanto al padre fondatore del centrodestra moderno (Berlusconi) quanto al padre fondatore del centrosinistra moderno (Prodi): l’esportazione in Italia del sistema semipresidenziale francese, ovvero l’elezione diretta del capo dello stato attraverso – wow! – un doppio turno elettorale. E per intestarsi questa battaglia di civiltà, Renzi non dovrebbe necessariamente rifarsi alle parole di Berlusconi ma dovrebbe semplicemente imparare a memoria le parole offerte da Romano Prodi nel 2013, sul Messaggero, poco dopo le ultime elezioni politiche: “Di fronte a questa complessa situazione non presumo di offrire una ricetta che possa piacere a tutti ma solo richiamare l’attenzione sulla necessità di un sistema elettorale capace di dare al Paese un governo forte e stabile… Non vi è dubbio che il sistema più adatto per ottenere quest’obiettivo sia il doppio turno alla francese, semipresidenzialismo compreso. Nella prima votazione gli elettori possono esprimere una scelta precisamente mirata sulle proprie preferenze nell’ambito dei numerosi partiti che figurano sulla scheda. Nel secondo turno si esprimeranno poi in favore di uno dei due candidati che hanno ricevuto il più alto numero di voti nel primo turno. Nella prima tornata si fotografa il paese, nella seconda si affida al vincitore il compito di governarlo con un mandato stabile per un’intera legislatura”. Con un sogno capace di scardinare il perimetro del centrosinistra, il momento populista può essere combattuto. Senza un sogno capace di far uscire il nuovo segretario del Pd dall’epoca della politica in bianco e nero, le possibilità che Renzi sia colpito dalla sindrome Hamon sono tutt’altro che remote. La questione, in fondo, è evidente. Renzi non è più una novità. Ma una novità può salvare Renzi, e con lui ciò che resta della cultura riformista e anti grillina del nostro paese. E’ l’ultima occasione, conviene non sprecarla» (Il Renzi 2 non sarà una copia sbiadita del Renzi 1 solo a due condizioni).

Credo che Cerasa abbia ragione. E non c’è dubbio che per contrastare la crisi di fiducia verso partiti e istituzioni dovremmo rilanciare un’opzione, come quella semipresidenziale, coerente con la scelta diretta dei capi degli esecutivi da parte degli elettori, ad ogni livello di governo. Specie se si considera che oggi solo la leadership può essere una risposta alla crisi di legittimazione. Insomma, da tempo sono persuaso che dovrebbe essere il centrosinistra, dovrebbe essere il PD, ad avanzare e precisare il tema del (semi)presidenzialismo come complemento necessario dell’Italia “federale” delle tante regioni e dei mille campanili. Non sarebbe ora, del resto, di riconoscere la necessità di uno stato più leggero (il che significa ridurre le occasioni di intermediazione della politica nel funzionamento della società e dell’economia) e di istituzioni più forti? Sull’argomento sono intervenuto moltissime volte. Rinvio, tra i tanti, all’articolo che ho scritto su stradeonline.it  all’indomani del referendum e al libretto di qualche anno fa «Un appello per il semi-presidenzialismo ed il doppio turno» (che si può scaricare agevolmente dal mio sito).

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