La repressione contro i dimostranti che in Myanmar da settimane protestano contro il golpe militare diventa sempre più violenta, il Venezuela è ormai un paese alla deriva (suggerisco di dare un’occhiata al webinar «sul laboratorio del populismo sudamericano» organizzato ieri sera dalla Fondazione PER: 👉 https://www.radioradicale.it/scheda/631039) e anche in Bielorussia l’opposizione non se la passa bene.
Come ha scritto di recente Dan Peleschuk per la World Politics Review, dopo l’ondata di energia che ha investito il paese in seguito alle elezioni dello scorso anno, il movimento di opposizione al presidente bielorusso Alexander Lukashenko è ora in difficoltà.
Sia l’America che l’Unione europea hanno imposto sanzioni al regime e gli Stati Uniti hanno preso di mira 4 istituzioni e 40 individui per il loro ruolo nelle controverse elezioni presidenziali e la conseguente repressione dei manifestanti attuata dal governo. Tuttavia, la UE appare immobile, incerta «su come procedere con una risposta diplomatica», scrive Peleschuk.
Su The Conversation, Jennifer Mathers scrive che gli attivisti stanno cercando sostegno sia all’interno del paese che all’esterno; questa è la strategia che, in una recente intervista, ha delineato Svetlana Tikhanovsksaya, l’avversaria di Lukashenko alle elezioni della scorsa estate, che ha lasciato il paese per sfuggire alle minacce.
Un sostegno più che mai necessario se si considera che la Russia sembra interessata a mantenere Lukashenko in sella e che la prospettiva di un intervento militare russo è il «garante di ultima istanza» del dittatore bielorusso. Il che spiega gli sforzi di Tikhanovskaya per mantenere la Bielorussia al centro dell’attenzione mondiale. Se vuole convincere Lukashenko a lasciare (e far sì che la Russia lo permetta), scrive Mathers, «l’opposizione bielorussa deve poter contare su amici potenti».
Alessandro Maran