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E se, invece, la pandemia stesse sgretolando il potere degli autocrati? – Il Riformista, 11 settembre 2020

Dall’annuncio della vittoria (ampiamente messa in discussione) del presidente Aleksander Lukashenko nelle elezioni presidenziali del mese scorso con l’80%, le proteste in Bielorussia non accennano a placarsi.

In un’intervista con il National Interest, Svetlana Tikhanovskaya, la candidata di 37 anni che si è opposta a Lukashenko e poi è fuggita in Lituania temendo per la sicurezza della famiglia (mentre Tikhanovskaya è in Lituana, una delle sue compagne di avventura, Maria Kolesnikova è stata rapita da uomini incappucciati) sostiene che le proteste non si fermeranno.

“Prima o dopo, Lukashenko dovrà lasciare perché la nostra gente non potrà accettarlo, spiega Tikhanovskaya. “Non potranno lavorare con lui. Non gli credono. Non sarà mai perdonato. Tutti questi crimini non saranno dimenticati. Solo le proteste e gli scioperi sono la garanzia che se ne andrà il più presto possibile (…) Combatteremo finché sarà necessario (…) Il popolo non si arrenderà mai. Continueremo a scioperare finché non se ne va (…) È già una questione di principio. È una vera e propria rivolta popolare”.

Erano in molti a temere che il Covid-19 avrebbe inaugurato un nuovo periodo d’oro per gli uomini forti, gli autocrati, i tiranni, ma come scrive Ian Krastev sul New York Times, non è andata così. Le proteste in Bielorussia contro il presidente Lukashenko sono solo uno degli esempi.

Sembrava l’occasione ideale per imporre l’obbedienza e impadronirsi di maggiori poteri, scrive Krastev, invece “la pandemia ha eroso il potere dei despoti e di quanti sono inclini all’autoritarismo. La reazione istintiva di leader come Lukashenko in Bielorussia, Vladimir Putin in Russia, Jair Bolsonaro in Brasile e Donald Trump negli Stati Uniti, non è stata quella di approfittare dello stato di emergenza per espandere la loro autorità – è stata quella di minimizzare la gravità della pandemia”. Perché? La risposta “è semplice”, scrive Krastev. ”Ai despoti piacciono solo quelle  crisi che hanno fabbricato con le loro mani. Hanno bisogno di nemici da combattere, non di problemi da risolvere”.

Al tempo stesso, poiché “la pandemia colpisce tutti i paesi del mondo, i cittadini possono confrontare le azioni del loro governo con quelle degli altri governi. Il successo o l’insuccesso nell’appiattire la curva dell’epidemia fornisce un metro di misura comune, rende possibile la comparazione e mette sotto pressione quei governi che in passato erano riusciti a proteggersi dalle critiche della gente (…)  Nel 1986, la tragedia di Chernobyl ha fatto vedere alla popolazione sovietica la realtà del sistema comunista celata dietro la propaganda dello Stato: non era onnipotente. In realtà non era nemmeno competente. Il regime è sopravvissuto soltanto qualche anno”.

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