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Il cuore della battaglia dei riformisti

Il presidente del Consiglio ha lanciato, lunedì scorso, i comitati per il sì al referendum costituzionale: «Gli italiani scelgano se vogliono tornare all’Italia di due anni fa o entrare nel futuro». Matteo Renzi ha sollecitato un impegno collettivo per sostenere la riforma: «Ho bisogno di voi e di comitati in tutta Italia», ha detto al pubblico il premier lanciando dal Teatro Niccolini di Firenze «mesi di iniziative e 10mila comitati per andare casa per casa».

La foto del momento la scatta, però, l’intervista a Giorgio Napolitano, sul Corriere della Sera (Referendum, Napolitano: «Se vince il no per le riforme è finita») Domanda: La nostra Costituzione è davvero superata, secondo lei? Risposta: «La prima parte esprime in piena luce principi e valori fondamentali di convivenza civile e politica. La seconda parte, sull’ordinamento della Repubblica, ha presentato da subito gravissime fragilità. Nell’equilibrio dei poteri l’esecutivo è stato fin dall’inizio debole. I costituenti avevano previsto la necessità di dispositivi per evitare l’instabilità dei governi e le degenerazioni del parlamentarismo; ma questi dispositivi non sono mai arrivati. Presto apparve chiaro che il bicameralismo paritario era indifendibile. Siamo in ritardo gravissimo. I tentativi sono stati molti: la bicamerale presieduta da Bozzi, la commissione De Mita-Iotti, la commissione D’Alema, che vide collaborare tutte le forze politiche e fu silurata alla fine. Se si affossa anche questo sforzo di revisione costituzionale, allora è finita: l’Italia apparirà come una democrazia incapace di riformare il proprio ordinamento e mettersi al passo con i tempi. E questo lo devono capire tutti; anche quelli che vorrebbero usare il referendum per far cadere Renzi». Da ricordare il giorno del voto.

Come infatti rimarca Mario Sechi, «tra qualche mese, l’Italia sarà di fronte a uno spartiacque: accettare la sfida della contemporaneità o voltarsi indietro e ripiombare nel cono d’ombra del passato. Il referendum costituzionale ha questo significato e la sfida di Matteo Renzi è un passaggio chiave». «Il presidente del Consiglio – aggiunge Sechi – è un politico tout court, si può amare o detestare, ma la sua riforma costituzionale è il cuore della battaglia dei riformisti. Dopo la commissione Bozzi (1983-85), la commissione De Mita-Iotti (1993-94), la commissione D’Alema (1997), la commissione di saggi ispirata da Napolitano (2014) il paese ha l’opportunità di chiudere oltre trent’anni di discussione, voltare pagina, dare un segnale agli italiani di buona volontà che fanno grande questo paese con il loro dinamismo, la loro creatività, il talento in giro per il mondo, i makers di un paese che uscì distrutto dalla guerra, divenne una grande potenza industriale e oggi si trascina il peso di un’architettura istituzionale obsoleta sempre in ritardo rispetto alla velocità del presente. É una sfida tra chi guarda al futuro e chi vuole mantenere a tutti i costi il privilegio del rentier».

Ci torneremo su. Adesso, come ha osservato Claudio Cerasa, bisogna «mettersi lì a costruire i banchetti, a raccogliere adesioni, a organizzare comitati, a mettere insieme le firme e a fare allegramente le pernacchie alla repubblica dei No, al partito dei giudici e all’Italia della non governabilità, fottendosene di chi propone cosa e pensando piuttosto a che cosa viene proposto».

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