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Nel mirino, anche in Pakistan, la “visione liberale e inclusiva” della democrazia.

Domenica c’ė stato un altro attentato, questa volta in Pakistan. Lontano da casa nostra. I talebani hanno colpito di nuovo, la domenica di Pasqua. Il gruppo Jamaat-e-Ahar ha rivendicato l’attentato suicida di Lahore, in un parco frequentato dalle famiglie, che ha ucciso oltre 70 persone ne ha ferite più di 300.

Stando al portavoce dei talebani, l’attentato aveva due obiettivi: uccidere i cristiani che si godevano l’escursione Pasquale e “mandare un messaggio al governo che non può fermarci neppure nella sua roccaforte, Lahore”.  Lahore, la capitale della provincia del Punjab, è la città natale del Primo ministro Nawaz Sharif, e suo fratello, Shahbaz Sharif, è a capo dell’amministrazione provinciale.

L’attentato è stato progettato per ridicolizzare le affermazioni di Sharif che, per rassicurare gli investitori internazionali e i cittadini pakistani, ha sostenuto di aver messo in fuga i talebani. Evidentemente, i talebani non sono stati sconfitti. Anche perché un lungo elenco di governi pakistani e lo stesso esercito hanno usato cinicamente i gruppi di terroristi per i loro scopi, incoraggiandoli ad agire come combattenti per procura contro l’India.

Uccidere donne e bambini è una delle consuete atrocità dei talebani. Gli studenti sono da tempo nel loro mirino. Basta ricordare il massacro di 150 studenti e dei loro insegnanti in una scuola a Peshawar nel dicembre del 2014. E, come ha scritto Bloomberg, l’obiettivo sembra essere il Primo ministro Nawaz Sharif e la sua “visione liberale e inclusiva” della democrazia pakistana. I partiti islamisti pakistani sono indignati per quella che definiscono la politica filo-occidentale di Sharif. Domenica i manifestanti hanno protestato nelle strade della capitale e hanno detto che non si calmeranno finché in Pakistan non sarà istituita la Shariah, la legge islamica, e non saranno giustiziate tutte le persone accusate di blasfemia.

Sharif ha giurato di sconfiggere non solo i terroristi talebani ma “l’atteggiamento mentale degli estremisti” in Pakistan. Tuttavia, parte della colpa di questo “atteggiamento mentale” è proprio dei governi pakistani e della loro disponibilità a tollerare l’estremismo finché può essere usato come un’arma contro i nemici del Pakistan. E al tempo stesso quegli stessi governi hanno investito troppo poco nelle reali necessità del Paese, nei servizi di base, in un sistema giudiziario credibile e nelle opportunità economiche. I pakistani hanno patito sia le devastazioni dei talebani che l’ipocrisia dei leader pakistani. Rimane da chiedersi se ora Sharif potrà riuscire dove i suoi predecessori hanno tragicamente fallito. La cosa, manco a dirlo, ci riguarda.

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